Danilovic, ricordi d´epoca "Soldi, trionfi, carriera tutto nasce da quelle notti"

22.10.2009 16:45 di  Matteo Marrello   vedi letture
Fonte: La Repubblica

Sasha Danilovic, lo sa che a Bologna, dopo vent´anni, non si vedranno coppe di basket?
«Lo so, ed è strano per una città abituata bene. Ma può succedere. Alla Virtus, con la sua storia, e alla Fortitudo, con quello che è oggi. Ma l´anno prossimo la Virtus in Europa ci torna e non se ne parla più».
La crisi economica spiega una rinuncia a investire come quella della Virtus?
«La crisi è mondiale e qui in Jugoslavia è pure peggio che da voi. Se Sabatini ha deciso che quei costi non li poteva sopportare, ha fatto bene. Lo farei anch´io».
Voi almeno, se non avete soldi, avete giovani di talento. E l´Eurolega la fate sempre. E´ un obbligo morale, oltrechè sportivo?
«Nella vita, dicono in America, ci sono solo due obblighi: pagare le tasse e morire. No, la coppa non è un obbligo, però siamo il Partizan ed è nella nostra natura farla. Benchè sia sempre più difficile. Per i soldi, abbiamo amici che ci aiutano, e poi sponsor, richiamati dalla Coppa dei Campioni, come continuo a chiamarla io. La cosa assurda è che non ci aiuta lo Stato. Rappresentiamo Belgrado, la Serbia, 5 giocatori su 12 della nazionale argento agli Europei sono passati dal Partizan. E invece aiutano la Stella Rossa. Così, ci aiutiamo da soli. Grazie a Dule Vujosevic. E a Riccardo Sbezzi, che ormai sa pure come respiriamo e ci manda sempre i giocatori giusti».
Quando arrivò alla Virtus, nel ´92, aveva appena vinto l´Eurolega. E contro la Vu giocò una serie di playoff a 21 punti di media.
«Non contò nulla, quella serie. Venni perché volevo la Virtus. Per la tradizione. E perché c´era Brunamonti. Rifiutai due o tre posti dove mi davano più soldi».
Quando giocò quella serie c´era già una trattativa?
«No. Si fece tutto molto più tardi, in estate. Ci misi poco ad accettare».
Qual è il fascino della coppa?
«Non è fascino, è la carriera. Io ho iniziato giocando la coppa, era la normalità. Se hai l´ambizione di migliorare, e vincere, devi sfidare i migliori. Se hai qualità escono. Se fai errori, impari cosa ti manca».
Nikolic era il supervisore di quel Partizan. Come vi dipingeva l´Europa?
«Nel ‘92 ci allenava Obradovic, il Professore l´aiutava. Veniva e ci diceva: ogni allenamento è come la finale di Coppa dei Campioni».
Nel ´98, tornando dalla Nba, vinse finalmente l´Eurolega con la Virtus. Si chiudeva un´esperienza?
«Ma no, voi complicate tutto. Tornai a Bologna a 27 anni, ne avevo già viste di cose. E la coppa l´avevo già vinta. Venni perché lo volevo e perché presi un buon contratto. Vincemmo? Meglio. Ma non tornai per quello. Dal ‘92 al ‘95 c´erano già tre scudetti in fila. Poco?».
La sconfitta del ´99 con la Zalgiris fu tra le più dolorose?
«Il dolore è quando uno ti apre la testa o ti spacca un braccio. E´ molto bello vincere, lì perdemmo, peccato. Tutti dispiaciuti. Ma non vidi sangue in giro».
Fuoco sì. Quel fumogeno sollevato è un´immagine passata alla storia.
«Non pensavano che qualcuno l´avrebbe raccolto. Io sì».

Stefano Valenti