Coach Recalcati: «Io e Poz? Due amici»

Poz e Reca è la storia dell’affetto e della stima fra un allenatore e un giocatore, due ruoli che implicano di per sé divergenze. Uno dei miracoli che solo la pallacanestro può compiere, e che con Gianmarco Pozzecco e Carlo Recalcati si è compiuto in mille occasioni memorabili. Proprio il coach della Sutor, un pezzo di storia della palla a spicchi italiana, ci ha raccontato il suo Poz. Gianmarco Pozzecco ha ricambiato in occasione di Montegranaro-Varese, dando ai tifosi della Sutor in una simpatica intervista nell'House Organ la sua versione di Coach Recalcati. Leggi l'intervista dal link :http://goo.gl/GRsyiu a pagina 5!
Lei fu il primo a consigliare a Gianmarco d’iscriversi al corso per allenatori. Come mai?
Mi sembrava assurdo che un giocatore con quella conoscenza e con quel talento si precludesse quest’opportunità. Inoltre so che da ex giocatori si può essere ottimi allenatori. Sul parquet aveva la capacità di esaltare i compagni, interpretava il ruolo giocando per il collettivo, ma mettendoci dentro tutta la sua classe. Queste sono doti che un allenatore deve avere.
Coach Pozzecco ha indicato lei tra i modelli da imitare. C’è qualche sua dote che crede di avere trasferito a Gianmarco?
Essere tra i modelli di Gianmarco mi rende felice! Io e Poz ci siamo molto stimati e posso dire che siamo amici. Mi piacerebbe che avesse preso da me l’equilibrio, la capacità di mettersi in discussione e soprattutto l’abilità nel riconoscere le potenzialità dei propri uomini per poi metterli nelle condizioni migliori per esprimerle.
Ci racconti qualcosa del vostro rapporto.
Eh, ma di episodi potrei citarne tantissimi! Ad esempio quando Poz e Andrea Meneghin, due fraterni amici, tra il primo e il secondo tempo di una partita litigarono pesantemente e decisi di escluderli entrambi dalla gara. Alla fine vennero da me e mi dissero: “Guarda coach noi siamo amici, abbiamo avuto uno scambio forte, ma tutto resta uguale a prima”. Lì conobbi veramente Poz: un ragazzo sincero e diretto, che non strumentalizza mai le situazioni. Mi viene in mente anche quando lo lasciai fuori dalla Nazionale per gli Europei (Svezia 2003, ndr). Avevo un gruppo che faceva fatica a metabolizzare il grande talento di Poz e quando io gli comunicai la decisione, la prese malissimo. Gli dissi che restava a casa perché era più bravo degli altri, sembrava una cosa banale, ma era la verità. Credo non mi abbia mai creduto. Una volta formato il gruppo, però, Poz entrò a farne parte e l’anno successivo alle Olimpiadi (Atene 2004, ndr) diede quel talento in più che serviva.
L’Orlandina può vantare tre componenti della spedizione che vinse con lei l’argento olimpico, che ricordo conserva di quei tre?
Li ho conosciuti tutti molto più giovani di quello che sono adesso. Baso quando andai alla Fortitudo era, non dico un ragazzino, ma molto giovane, aveva 22 anni. Teo andò in Nazionale la prima volta con me quando aveva 25 anni. Li accomuna la capacità di mantenersi umili e modesti anche se hanno vinto tanto. Mi dà veramente grande soddisfazione vederli ancora adesso con lo stesso entusiasmo e con la stessa modestia che molti altri al posto loro avrebbero perso o non avrebbero mai avuto. La dimostrazione dello spessore di questi ragazzi è che adesso a Capo d’Orlando con loro c’è Abele Ferrarini.
Che stagione si aspetta dall’Upea?
L’Orlandina presenta tanti giovani accanto a Soragna, Basile e Nicevic. Dipenderà molto da loro, più in fretta crescono, più alte saranno le ambizioni di Capo d’Orlando.
Poz: «L'Orlandina difende bene? Per 20 anni ho visto difendere gli altri, per questo posso aiutare i miei ragazzi». Quanto c’è di vero in questa frase?
Tanto! Riconosco il suo modo di essere sempre sincero. Spesso i giocatori votati all'attacco, diventano allenatori molto attenti alla difesa.
Se dovesse affrontare il Poz come coach rivale che gli direbbe prima della gara?
Beh.. prima dalla gara assolutamente nulla (ride, ndr). Ma sarebbe un’esperienza nuova tutta da vivere durante la settimana, sicuramente ci scambieremmo messaggi e chiamate per prenderci un po’ in giro.