Tragedia di Rieti, tra interrogatori e intercettazioni: «Ho mentito agli agenti»

23.10.2025 12:40 di  Iacopo De Santis  Twitter:    vedi letture
Tragedia di Rieti, tra interrogatori e intercettazioni: «Ho mentito agli agenti»

Le intercettazioni telefoniche decisive nelle indagini della tragedia di Rieti di domenica scorsa. Scrive il Corriere della Sera: "Una frase che, intercettata dagli investigatori della Squadra mobile e della Digos di Rieti nel corso dell'indagine sull'omicidio dell'autista, Raffaele Marianella, rischia di pesare in futuro anche nell'aula di un tribunale. «Gli ho detto una manica de ca...» confida sicuro di sé Manuel Fortuna, il trentunenne tifoso della Sebastiani Rieti schierata in campo contro il Pistoia basket la sera del 19 ottobre al «collega» Kevin Pellecchia [...] I due giovani discutono per diversi minuti (captati) sulla traiettoria disegnata dalla pietra e quindi su chi abbia potuto davvero colpire la vittima. "Chi pensi sia stato?" domanda uno. Mentre l'altro ribatte che forse è stato lui".

Otto dei soggetti coinvolti, tra cui Fortuna e gli altri fermati (Alessandro Barberini, 52 anni, e Kevin Pellecchia, 20), sono stati interdetti dagli stadi per cinque anni. Un ulteriore ultrà, già noto alle forze dell'ordine e che sarà anche denunciato, ha ricevuto un'interdizione di nove anni. Contestualmente, il procuratore capo di Rieti, Paolo Auriemma, e il PM Lorenzo Francia hanno disposto il test del DNA per sei giovani della tifoseria reatina, inclusi i tre fermati. Si legge ancora sul CorSera: "Secondo quanto raccontato da un testimone, un ventenne di Rieti che è stato ascoltato dagli investigatori, a fine partita si era sparsa la voce di un appuntamento proprio a Contigliano. Un modo per inseguire la tifoseria avversaria e mettergli pressione, probabilmente cercando lo scontro fisico. Forse non la morte ma comunque uno scontro ben oltre i prevedibili sfottò. Oggi la convalida del fermo per i tre indiziati dell'omicidio di Marianella. E se l'avvocato Valter Petresca che assiste Barberini si dice convinto che il suo assistito non abbia commesso un omicidio, il difensore di Kevin Pellecchia, avvocato Andrea Velia intende precisare: «Il mio cliente non ha mai partecipato o aderito all'associazione "Comunità Roccaforte"» il gruppo di ultrà contiguo alla destra estrema tirato in ballo in questi giorni per raccontare le frange della tifoseria locale". 

La Repubblica ha raccolto le parole dell'interrogatorio di Alessandro Barberini, uno dei tre fermati per l'assalto al bus a Rieti: "«Volevamo fargli vedere chi eravamo noi, che non avevamo paura certo di loro», è nella sostanza quanto ha detto l'ultra per dare una giustificazione, non certo accettabile, alla sassaiola sulla statale Temi-Rieti in cui è morto Raffaele Marianella, il secondo autista del pullman dei tifosi del Pistoia Basket 2000 preso di mira. Accanto a Barberini c'erano anche Manuel Fortuna e Kevin Pellecchia che, come lui, sono in carcere in stato di fermo con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Rischiano l'ergastolo. Loro hanno negato di avere lanciato pietre contro il pullman, Barberini invece ha ammesso: «Anche io ho tirato un sasso, in tanti lo abbiamo fatto. Ma il mio non è stato quello che ha ucciso». La precisazione è arrivata subito dopo: «Ho colpito la parte centrale del pullman, la mia era una pietra piccola». Se questa ricostruzione è vera lo stabiliranno le indagini. [...].

«Se avessimo preso l'autista avremmo fatto una strage», si è lasciato sfuggire uno dei 12 bloccati per l'agguato del 19 ottobre, mentre le microspie nella sala d'aspetto della questura registravano anche i sospiri. Alessandro Barberini era già sotto torchio da ore: «Ho visto la partita di basket come ogni domenica. Ci sono state delle schermaglie accese dentro il palazzetto». Gli animi si sono surriscaldati e a fine partita c'è stata la prima scellerata decisione: «Siamo andati dietro il PalaSojourner con l'intenzione di prenderci a cazzottate con loro ma c'era la polizia». Poi quel progetto, l'agguato pianificato in pochi minuti, i messaggi inviati sulla chat a tutta la curva. Di quasi cento tifosi solo in 12 arriveranno sulla Statale. «Con noi c'era anche Giuseppe Aguzzi, il capo degli ultrà (anche lui destinatario di un Daspo, ndr) - ha aggiunto nella sua deposizione Alessandro Barberini - Eravamo in macchina, abbiamo aspettato che passasse il pullman e ci siamo messi lungo il guardrail». I sassi scagliati contro i rivali non sono stati solo due ma «non eravamo andati lì per uccidere». E invece è andata proprio così. «Non so chi ha tirato quel sasso grosso e non mi sono reso conto che c'era una persona morta»".