LBF A1 Techfind: Mariella Santucci ed una squadra che si diverte

Pianeta Basket ha parlato con il play dell'Umana Reyer Venezia e della Nazionale. Il ritratto di una giocatrice determinata e serena
13.12.2022 19:47 di  Eduardo Lubrano  Twitter:    vedi letture
LBF A1 Techfind: Mariella Santucci ed una squadra che si diverte

Mariella Santucci sta vivendo un momento di grande importanza per la sua carriera. Venticinque anni compiuti a giugno, in estate è passata da Ragusa, dove per due anni è cresciuta con Gianni Recupido, all’Umana Reyer Venezia allenata da Andrea Mazzon. Ma questo salto di impegni e pressione non l’ha spaventata ed il suo modo d giocare sta contribuendo alla splendida sin qui, stagione delle orogranata.

Lo so che da fuori sembra che giochiamo bene ed in modo divertente, lo sento dire – racconta la play bolognese a Pianeta Basket -  e lo capisco perché noi per prime ci alleniamo bene e ci divertiamo a lavorare sodo. Come italiane ci conosciamo un po' tutte da tempo perché abbiamo fatto le Nazionali giovanili, le straniere sono fortissime e le altre nuove sono giocatrici di altissimo livello. Oltre i luoghi comuni di un gruppo che sta bene insieme – e non è un luogo comune - ci piace passarci la palla, sacrificarci l’una per l’altra, aiutarci, perché sappiamo che ognuna di noi in partita sarà nelle migliori condizioni di giocare ed aiutare la squadra.  Il nostro è un gioco di letture e per questo saper giocare insieme è fondamentale”.

Bologna, Toledo negli States, Ragusa, Venezia. Una carriera sin qui vissuta in posti bellissimi, salvo magari Toledo…

“Su questo non ho davvero nulla di cui lamentarmi. A parte la mia città che è nel cuore, tra Ragusa e Venezia direi che non potevo capitare meglio. A Ragusa sono stata benissimo: ambiente, natura, tifosi, squadra, cibo. E Venezia…beh c’è poco da dire, sto molto bene anche qu. Diciamo che di Toledo mi manca l'ambiente del college, i cinquemila abbonati che seguivano le partite in casa, il campusi”.

Lei è un playmaker che sa giocare con le lunghe, ne conosce tempi e movimenti. Una cosa innata o un lavoro costante?

Anche un lavoro costante. Aiutato dal fatto che sin da piccola ho avuto come compagne di squadra intelligenti, che capivano e capiscono il gioco. Per esempio il fatto che se io faccio una penetrazione loro si muovono in direzione opposta alla mia per essere pronte a ricevere un passaggio. O che sanno prendere posizione al momento giusto. Il lavoro del playmaker è anche questo, conoscere bene le proprie compagne. Come conoscere le caratteristiche delle proprie avversarie, aspetto sul quale io lavoro molto per migliorare alcuni aspetti della mia difesa. Ho certamente ridotto i momenti di distrazione in questo senso, come perdersi l’avversaria dietro la schiena, ma so che devo fare di più e mi ci impegno molto. E poi devo migliorare i tempi del mio palleggio arresto e tiro per essere più continua”.

Come è stato l’impatto con l’Europa della pallacanestro?

Fisico. A livello di contatti per me che non faccio della forza il mio lato migliore del gioco è stato faticoso. Mi sono adattata, mi sto adattando. Ma è stato anche emozionante è lo è ancora, giocare contro squadre di altri paesi, vedere modi diversi di interpretare la pallacanestro e cercare di leggere situazioni diverse. Per adesso ci siamo riuscite benissimo direi”.

Alcuni desideri che aveva espresso quando era in America si sono realizzati, come quello di giocare con o contro alcune giocatrici italiane…

Che bello. Le gemelle Dotto, Giorgia Sottana, Chiara Consolini, Francesca Pan (che sta tornando, ndr) e Cecilia Zandalasini che è davvero in uno stato magico. Per me è davvero un onore. Come lo è stato l’anno scorso vedere dal vivo Sandrine Gruda, la più forte che ho visto in Italia: mai una scelta sbagliata, grande bellezza nei movimenti ed efficacia. Super. Mi manca vincere qualcosa e magari alzare ancora il livello del mio impegno giocando in Eurolega. Per ora va bene così, io non forzo mai i tempi. Così come non ho l’ossessione di tornare a giocare a Bologna, mi piacerebbe certo ma se capiterà bene altrimenti vorrà dire che non si sono verificate le condizioni e non ne farò un dramma”.

Oltre a sfilare sul Red Carpet del Festival del Cinema di Venezia…come passa il suo tepo libero dal basket, lavora per il piano B della sua vita?

Che emozione quella sfilata, anche perché non mi aspettavo affatto l’invito. E che fatica camminare su quel tappeto con i tacchi…bella, una esperienza unica! E sì lavoro al mio piano B perché adesso la pallacanestro è il mio lavoro ma so che un giorno finirà quindi mi preparo. Sto prendendo un Master all’Università del Sussex in Inghilterra in  Sustainable development (Sviluppo sostenibile, ndr) perché sono convinta che la mia generazione debba fare qualcosa di concreto per aiutare il Pianeta Terra a cambiare in meglio. Il futuro è nostro dunque dobbiamo assolutamente impegnarci in modo fermissimo sulle questioni della sostenibilità”.