Amarcord Ignis-Simmenthal per una notte ancora dopo più di 40 anni

Fonte: olimpia milano
Amarcord Ignis-Simmenthal per una notte ancora dopo più di 40 anni

Renzo Bariviera approccia Arthur Kenney e lo irride per il farfallino con i colori della bandiera americana che fa tanto Donald Trump. Una scena che avrebbe potuto essere tratta dallo spogliatoio dell’Olimlia di oggi. Solo che invece è espressione di una squadra di 40 anni fa. Erano in tanti per la “Simmenthal-Ignis Reunion”, evento organizzato dal sito “Museo del Basket-Milano” per ricordare attraverso anche le immagini le grandi sfide di un tempo. C’erano Kenney e Bariviera, Mauro Cerioni, Paolo Bianchi e Giando Ongaro, Giorgio Papetti che organizzava e Franco Longhi e c’erano anche ex più giovani come Franco Boselli e il gemello Dino, ex di tutte e due le sponde come Sandro Gamba o Dino Meneghin. C’erano Pippo Faina e Toni Cappellari. Per Varese c’erano anche Aldo Ossola e Dodo Rusconi, Marino Zanatta, Otorino Flaborea, Massimo Lucarelli. E gli arbitri di sei edizioni della sfida: Albanesi e Zambelli.

MENEGO E ARTURO – Dino Meneghin: “Mi infastidisce quando Kenney viene etichettato come un boxeur prestato al basket perché poteva giocare in due ruoli, aveva tiro, era atletico, prendeva i rimbalzi ed era soprattutto un giocatore di squadra. Non lo conoscevo prima che arrivasse al Simmenthal ma ho impiegato poco a capire com’era”. Arthur Kenney: “Per me è stato come trovarmi in Paradiso a Milano. Io e Meneghin avevamo lo stesso DNA vincente. Gli invidio solo i due spareggi vinti soprattutto quello di Bologna 1973. Feci due falli stupidi, uno su un tiro da fuori di Bob Morse. Non si fa mai fallo su un tiro da fuori. Ho ancora gli incubi. Ogni tanto la sogno, mi agito e mia moglie la mattina dopo confessa a mia figlia che “sì, ho avuto ancora quell’incubo”. So che sono passati più di 40 anni ma mi dà ancora fastidio”. “La gente vede i tabellini di quelle sfide, legge Kenney 24 e si sorprende – dice Meneghin – secondo la narrativa era un lottatore, ma era molto più di questo”.

BARABBA – Renzo Bariviera sembrava aspettare solo che qualcuno alzasse la palla a due per regolare qualche conto: “La differenza è che quando Kenney è arrivato noi di Milano abbiamo cominciato a picchiare come loro di Varese avevano sempre fatto. In Europa e in Nazionale dovevi picchiare un po’ più di quanto facevi in Italia. Varese lo faceva. Con Arturo abbiamo cominciato anche noi”. Bariviera veniva dal Petrarca Padova dove era allenato dal grande Asa Nikolic. Quando Nikolic lasciò il Veneto andò a Varese e Bariviera venne ceduto. “Ci fu un’astra, tra Milano e Venezia. Per me fu complicato adattarmi: Nikolic ci faceva allenare due volte al giorno e ogni allenamento comprendeva il famoso tour della morte con esercizi in tante stazioni differenti sul campo. alla fine ci dava un’aspirina per dormire. A Milano ci allenavamo di meno. Sono critico ma è quello che sentivo”. Il soprannome Barabba fu inventato da Cesare Rubini: “Faceva fatica a dire Bariviera, era troppo lungo, allora sintetizzò in Barabba”. Bariviera nei duelli con l’Ignis se la vedeva con Marino Zanatta che poi per sette anni fu suo compagno di stanza in Nazionale. “Lui non dormiva prima delle partite, io schiacciavo un pisolino anche tra l’hotel e il palasport”, racconta.

L’ALTRA MILANO – Zanatta è di Milano, “anzi di San Siro”, ma venne fuori nella Pallacanestro Milano, l’All’Onestà. “Vedevo l’Olimpia allenarsi al Palalido, vedevo quei giocatori leggendari e provavo rispetto, ammirazione, fascino, ma non mi sentivo uno di loro. Per me era il massimo che mi salutassero. Fossi stato ceduto all’Olimpia avrei dato tutto e di più, come ho fatto con Varese, ma la verità è che fosse stato per me sarei rimasti in quella Milano per sempre. Provavo un grande senso di appartenenza”.

SANDRO GAMBA – Gamba spese tutta la vita all’Olimpia pur chiudendo la carriera nell’Altra Milano. Da allenatore ha supportato Rubini fino a quando non venne scelto da Varese per rimpiazzare Nikolic. “Era uno dei due o tre allenatori che avrebbero potuto sostituire Nikolic perché aveva la sua stessa competenza tecnica ma era meno inflessibile e a noi serviva. Con Nikolic non potevamo dire nulla, con Gamba c’era un filo diretto”, dice Aldo Ossola, il regista dell’Ignis. “Quando sono arrivato a Milano – puntualizza Kenney – ho trovato sei nazionali e un nazionale juniores, il grande Paolo Bianchi, ma anche due allenatori che sarebbero andati nella Hall of Fame come Rubini e Gamba. Dove avrei trovato di meglio?”.