Alessandro Gentile in...coast to coast

Grande talento ed una crescita esponenziale in fatto di personalità. Questo è Alessandro Gentile, classe 1992, che nella stagione appena conclusa, in maglia Benetton Treviso, ha vissuto un anno intenso, che gli ha fatto fare indubbiamente un salto di qualità. Treviso gli ha dato spazio (21.7 minuti di media), cosa che non tutte le squadre di un certo rango fanno con i giovani anche se talentuosi, e lui ha ripagato alla grande questa fiducia. 8.1 punti (56.4% da 2, 31.4% da 3), 2.8 rimbalzi ed 1.2 assist di media sono le cifre della sua regular season a cui ha aggiunto anche dei buonissimi play-off, fino alla semifinale, quando la sua squadra è uscita di scena lasciando il passo ai (poi) campioni d’Italia della Montepaschi Siena.
L’ottima stagione del più giovane di casa Gentile (il fratello più grande, Stefano, ha ottenuto la promozione in Serie A con Casale Monferrato) non è passata inosservata. Alessandro, infatti, è stato premiato come miglior Under-20 della Serie A, poi come giovane più progredito con il MIIPA, il premio che gli è stato consegnato una settimana fa nello splendido scenario della Rocca di Passignano sul Trasimeno, in una manifestazione che già dall’anno scorso impreziosisce il “Trasimeno Flippers Basket Camp” e di cui Pianetabasket.com è stato media partner.
Insomma, si può dire che questo sia stato l’anno della sua definitiva consacrazione… “Sicuramente questi due premi fanno molto piacere _ dichiara Alessandro _ Sono il riconoscimento per il duro lavoro che ho svolto durante quest’anno. Non penso si tratti di consacrazione o non consacrazione. Sono un ragazzo giovane, ho voglia di migliorare anno dopo anno per arrivare a fare sempre meglio, ma non penso ci sarà un vero e proprio anno della consacrazione”.
- Il MIIPA è un riconoscimento particolare che fino allo scorso anno non esisteva in Italia. Oltre a premiare il giovane più progredito, premia anche l’allenatore che lo ha accompagnato in questa crescita, che lo ha “forgiato”. Nel suo caso, è suo papà Nando…
“Sicuramente è la persona che mi ha dato i consigli più grandi ed è quello che me li dà da più tempo. E’ l’unica persona che son sicuro al 100% lo faccia per il mio bene e non per secondi fini. Con questo non voglio dire che qualcuno in particolare abbia secondi fini, ma al mondo d’oggi credo che ci si possa fidare poco delle persone e soprattutto solo della propria famiglia e dei propri cari”.
- Cosa significa per un giocatore, soprattutto giovane, avere un papà così “ingombrante”, che è stato un grande campione sul campo e poi ha proseguito la sua carriera in panchina?
“Per me, l’ho sempre detto, non è una figura ingombrante, ma anzi mi riempie di orgoglio e di motivazioni, perché comunque io ed anche mio fratello stiamo cercando di portare avanti quello che lui aveva iniziato, anche se vivendo le nostre vite, le nostre carriere in maniera diversa da come ha fatto lui. Poi lui magari ci può dare dei consigli dal punto di vista tecnico, tattico o anche su come ci si comporta e come si vive il professionismo, ma siamo persone diverse ed ognuno vive la propria vita non come meglio crede, ma a modo suo, come è giusto che sia”.
- C’è qualche simpatico aneddoto che possa “rivelare” il rapporto che c’è tra lei e suo padre, in ambito prettamente cestistico?
“In realtà ce ne sono tanti. Ricordo per esempio una partita di Under-14 in cui io giocai veramente male e lui mi tirò la lavagnetta sulla testa. Credo comunque che alla fine siano stati tutti episodi che mi hanno aiutato molto a crescere ed a capire determinate cose”.
- Un consiglio che papà Nando le ha ripetuto fino allo sfinimento, tanto da farglielo “suonare” noioso e che poi, invece, si è rivelato di utilità essenziale?
“Il consiglio che mi dà più spesso è quello di allenarmi sempre, sempre, sempre e di tenere i piedi per terra, restare sempre umile perché quando si vola troppo alto la brutta figura è sempre dietro l’angolo. Quindi, massima umiltà”.
- Cosa c’è nel suo futuro? Ha prolungato il contratto con Treviso per altre tre stagioni, ma in un periodo in cui in Ghirada c’è una situazione di apparente incertezza, il rincorrersi di voci parla di una sua possibile partenza. Per esempio, verso Milano, che sembra le faccia la corte?
“Sono voci trapelate sui giornali di cui, personalmente, non so nulla perché ora sono impegnato con la Nazionale Under-20 e mi voglio concentrare su questa Nazionale e sugli esami di maturità. Il fatto che una squadra come Milano possa nutrire interesse nei miei confronti mi riempie di orgoglio e mi rende molto felice, ma io ho un contratto con la Benetton e per ora sono contento così”.
- Da giovane, come vede la situazione dei giovani in Italia? Nelle minors, per esempio, le regole obbligano a schierarli. Ma questo, secondo lei, è positivo, oppure è negativo perché toglie loro un po’ di “voglia” di conquistarsi il posto?
“Sicuramente questa è una cosa molto importante. E’ positivo perché, in un certo modo, è giusto che i giovani italiani, in Italia, possano essere un po’ privilegiati. Da un altro lato, però, è negativo perché così facendo si sentono troppo tutelati e quasi che il fatto di giocare sia loro dovuto. Questo secondo me non è giusto perché, arrivati ad un certo livello, deve giocare chi lo merita, il buon giocatore, indipendentemente da passaporto, provenienza e tutto”.
- Chi era o chi è il suo idolo, il modello al quale si ispira?
“E’ banale dirlo, ma io ho sempre seguito mio papà come modello, fin da piccolo. Ma sicuramente anche molti giocatori con cui ha giocato, ad esempio Bodiroga, che mi sorprendeva sempre per la sua sagacia tecnica, diciamo così. Pur non essendo velocissimo e atletico, riusciva sempre a dominare le partite solo ed esclusivamente con la tecnica. Questo mi sbalordiva abbastanza”.
- Ha sicuramente la Nazionale in pugno, ma alla NBA quanto pensa?
“Alla NBA non ci sto assolutamente pensando, perché ritengo che si debba affrontare un passo alla volta, sinceramente. E’ chiaro che il sogno di tutti i ragazzi che iniziano a praticare questo sport è quello di raggiungere il massimo livello. Il massimo livello è indubbiamente la NBA ed ognuno lavora per raggiungere il massimo. Se il mio massimo sarà quello, vorrà dire che sarò stato bravo. Se il mio massimo sarà giocare in Serie A, sarò stato altrettanto bravo. Credo che sia importante raggiungere il massimo, ma non quale sia il massimo”.