Gaetano Gebbia: "Società come la Tiber fanno crescere il basket"

Fonte: Ufficio Stampa U.S.Tiber Basket Roma
Gaetano Gebbia: "Società come la Tiber fanno crescere il basket"

Coach Gaetano Gebbia lascia cadere 10 euro in terra: «Provate a prenderli prima che cadano…» L’idea che nulla sia impossibile, che si possano raccogliere quei 10 euro (del presidente Cilli…), che in dodici ci si butti a raccoglierle come si dovrebbe fare per una palla vagante è l’ultimo concetto di giornata. L’ex storico e apprezzatissimo responsabile della prima selezione dei giovani azzurri è ospite della Tiber e del PalaDonati per una due giorni di lavoro giovedì 19 e venerdì 20 davvero molto interessante: i campionati sono in corso e le squadre under 14 elite, 15 e 17 eccellenza sono in lotta per il vertice dei rispettivi campionati, diversi dei giocatori incontrati con i coach Mannucci, Trabalza e Satolli sono stati selezionati, seguiti, attenzionati da Gebbia nei mesi scorsi, stavolta però Gebbia arriva con la veste del superconsulente: la nuova avventura per il tecnico catanese, amico dei grandi del basket universitario americano e primo scopritore di Ginobili, è quella di Icoachforyou.it, una rete di consulenze tecniche a disposizione di giocatori, tecnici e club per stage, per momenti di approfondimento e scambio di idee di coaching. La Tiber ha chiesto a Gebbia di tenere una serie di allenamenti-lezione: si lavora sui fondamentali, si lavora sulla lettura delle situazioni di gioco, sulla crescita tecnica individuale.

Coach Gebbia, benvenuto al PalaDonati: che pagina è quella che sta scrivendo da luglio con Icoachforyou.it?

«Da luglio vivo questa nuova esperienza: dopo l’addio alla Fip, preferivo non ripartire da un classico incarico da allenatore. Ho pensato di sfruttare le mie conoscenze e la rete di contatti creati in questi anni e l’esperienza delle settimane azzurre con un’iniziativa diversa: con gli altri di Icoachforyou.it forniamo consulenze per il basket giovanile, perla formazione di allenatori, ma le nostre conoscenze possono essere utili anche per i miglioramenti individuali di singoli giocatori o Federazioni straniere. La Tiber ha capito quale poteva essere l’utilità di Icoachforyou e sono qui».

Per anni è stato responsabile del primo reclutamento azzurro, quello del PQN: c’è chi dice che selezionare i ragazzi dall’età di 14 anni sia un precorrere i tempi. Che ne pensa Gebbia?

«La pallacanestro maschile ha tempi lunghi: anticipare troppo la selezione non è appropriato, talora persino inopportuno: a 14 anni trovi ragazzi che hanno qualità indubbie, ma che in due anni non potranno più sfruttare a livelli d’eccellenza e altri “in selezionabili” a quell’età e che sbocciano anche a livelli altissimi attorno ai 16-17 anni».

Il problema può divenire, dunque, quello dell’aspettativa che genera l’essere selezionato o la delusione dell’esclusione.

«Tema delicatissimo, questo: la creazione di un’aspettativa nei ragazzi, nei genitori, nei club. Serve una grande competenza pedagogica per gestire al meglio questo tipo di scelta: chiarezza e modo giusto per accompagnare la crescita nel ragazzo di una consapevolezza reale di quello che si è e di quello che si può diventare. Non tutti, nel basket giovanile, hanno questa competenza pedagogica. A questa età ciò che è fondamentale, a mio avviso, è fare tenere acceso nei ragazzi, selezionati o no, di prospettiva alta o meno, la passione per il basket. Le squadre giovanili come la Tiber hanno il ruolo di formare giovani cestisti di prospettiva, ma anche e soprattutto appassionati di basket: allenatori appassionati, dirigenti appassionati, giornalisti appassionati, tifosi appassionati e più in là genitori ancora appassionati dal basket tanto da portare i figli a giocare il nostro sport».

Il ruolo dei genitori in questo percorso?

«Fondamentale: conflitto o distacco dai genitori sono i nemici da combattere per i club che formano gli atleti. Nel rispetto dei ruoli, si deve giocare insieme».

Puntare sul giocatore o sulla squadra: è il dilemma di cui si parla tanto quando si pensa alle under 14, 15 e 17. Puntare sulla crescita del singolo giocatore o ricercare la vittoria.

«E’ il bivio tipico: l’obiettivo di società che lavorano sul settore giovanile è quello di formare ragazzi. Vincere le partite fa parte di questo processo di formazione: il problema è cosa significa per noi vincere nel basket giovanile. E come vincere è la disciriminante: nel basket a questo livello un successo dipende da troppi fattori, un arbitro sbagliato, gli infortuni, il rendimento a scuola dei ragazzi. Non hai certezza di vincere un campionato, ma se tu fai crescere del 40-50 per cento una buona parte dei tuoi giocatori, accettando anche il rischio di qualche sconfitta per puntare sulla evoluzione di un ragazzo futuribile, allora la squadra ha vinto. Sacrificare un ragazzo in un ruolo non adatto, ridurre troppo i suoi minutaggi a costo di vincere la gara è un errore. Importante il percorso con cui ricerchi la vittoria, come ti prepari alla vittoria è più importante. La cultura italiana, più che quella cestistica, ci porta altrove, ci porta alla cultura del Colosseo: pollice alto o pollice verso. Trattando coi giovani un pollice che si alza poco più della metà può valere una vittoria».