Roosevelt Bouie ricorda i suoi trascorsi nelle "Cantine Riunite"

Il pivot di Kendall racconta i suoi sette anni reggiani: «Con l'ex presidente Prandi chiudemmo l'accordo in pochi minuti. Lombardi? Sapeva leggere le partite come pochi»
Fonte: Il Resto del Carlino
Roosevelt Bouie
Roosevelt Bouie

Dei dodici anni trascorsi in Italia, Roosevelt Bouie ricorda con molto piacere, attraverso l’intervista di Gabriele Gallo del Resto del Carlino Reggio gioie ed aneddoti vissuti con la casacca della Pallacanestro Reggiana, indossata per sette stagioni.

 

Il rapporto con la città «Reggio Emilia è la mia città. Quella dove più sono cresciuto come uomo. Questa è la prima cosa che mi viene in mente. Ci ho vissuto 14 anni, anche dopo aver chiuso la carriera. Dopo il primo anno qui ho comprato casa in via Emilia Ospizio, e l'ho venduta nel 1996. Pensate che in estate, facevo dieci giorni in Usa poi tornavo qui con la famiglia per due mesi. Era Reggio che vedevo come casa. Mi sono trovato benissimo, fin da subito. Gente cordiale e accogliente, tifosi caldissimi, compagni con cui mi sono trovato sempre bene. Una società perfettamente organizzata ma che ragionava come una grande famiglia. Personaggi dal cuore e dalle capacità incredibili. Gianni Pastarini e Giuseppe Bellelli».

 

Da Pesaro a Reggio « Con la Scavolini avevamo appena perso di un punto la finale scudetto col Billy Milano. La sera stessa seppi che mi mandavano via. Il mattino dopo ricevetti la telefonata di Enrico Prandi che mi voleva da voi. Chiudemmo l'accordo in pochi minuti».

 

Le storiche “Cantine Riunite” «Eravamo un gruppo di amici veri, più che compagni di squadra. Uscivamo spesso insieme . Vi racconto questa: esce il film "Fantozzi" e si va a vederlo con tutta la squadra. Alla fine della proiezione Nino Pellacani e Orazio Rustichelli mi fanno: da oggi sarai il ragionier Rosevaldo Buiozzi. Mi porto ancora dietro questo soprannome».

 

Il rapporto con Dado Lombardi «Anche negli Usa ho conosciuto pochi tecnici abili come lui nel leggere le partite. Era capace di far compiere un salto di qualità a un intera squadra. Ma fece un meraviglioso lavoro con Montecchi. Piero aveva bisogno di una guida per diventare un vero giocatore, la trovò nel Dado. Che non era poi quel burbero sergente che qualcuno dipingeva. Era di un carisma unico e pretendeva assoluta serietà in allenamento e in partita. Ma se gli partiva la vena goliardica... Col povero Pino Brumatti a volte le sedute al Bigi diventavano happening di battute e noi tutti ci spataccavamo dalle risate. Altri momenti meravigliosi erano le cene a casa di Enrico Prandi. Lui ci teneva moltissimo che io fossi presente perché se sapeva che ero ospite sua moglie dava il meglio come cuoca».

 

L’amico Fioretti « So che ora la Pallacanestro Reggiana sta per affrontare una nuova avventura nei playoff, complimenti per il risultato raggiunto. E congratulazioni a Flavio Fioretti (il vice allenatore ndr), mio grande amico, che viene sempre ai miei camp a fare dei clinic. Farà una grande carriera. Spero che possa venirmi a trovare solo in luglio. Vorrebbe dire che Reggio è arrivata fino in fondo».