CorSera: rinnovamento contro il protezionismo di presidenti e giocatori
La difesa di alcuni interessi protezionistici di presidenti federali e degli atleti italiani sarebbe un elemento cardine della disfatta di calcio e pallacanestro che non saranno alle prossime Olimpiadi di Parigi. L'argomento lo sviscera Daniele Labanti sull'edizione bolognese del Corriere della Sera. Ma si potrebbe dare il via a una svolta: "Con le elezioni federali previste in autunno, chiedere un avvicendamento dei presidenti federali Gravina e Petrucci (quest'ultimo ormai detiene la carica come fosse un papato) pare lesa maestà, ma sarebbe perfettamente normale in un Paese alla ricerca di soluzioni e idee, e non di vuote frasi estratte da un breviario politico".
Ci sono tante cose fa fare per una ripartenza. "Parole chiave molto chiare: ampliare il reclutamento, investire nella formazione degli istruttori, facilitare l'inserimento in azzurro dei giovani immigrati di seconda generazione, incentivare chi punta per davvero sui vivai italiani e, per la pallacanestro, lavorare seriamente con la politica per metterla nelle scuole (svolta che sembra una bestemmia, viste le difficoltà per riuscirci)."
Il Protezionismo sui giocatori ingrassa procuratori e italiani scarsi. Dall'arrivo della riforma Bosman, aggiunge Labanti, si sono succedute nel basket varie regole per prolungare il protezionismo sulla presenza dei giocatori italiani in serie A. Un fallimento sotto molti aspetti: i risultati della Nazionale che sono andati in profondo rosso dal 2001, giocatori mediocri che ricevono compensi non meritati, giovani in crescita che stazionano anni nei top team di serie A giocando poco o nulla perché schiacciati dai campioni stranieri, nel tentativo di essere competitivi in Europa.
Poca scelta di giocatori di vertice. Dei nove giocatori italiani definibili internazionali, che abbiano accumulato almeno 15' di media in EuroLeague più i due NBA Fontecchio e Gallinari, causa infortuni o altre scelte solo quattro sono andati al Preolimpico: troppo poco per avere una rosa di giocatori da definire competitiva.
La conclusione. Nel basket e nel calcio non ci sono pochi italiani perché giocano troppi stranieri, bensì ci sono troppi stranieri perché mancano gli italiani competitivi. E questi si formano da ragazzini... occorre una rivoluzione culturale che il nostro sport, intriso di interessi particolari, ha sempre mal digerito. E che molti dei ragazzini italiani, intrisi di questo tessuto sociale, forse non sono disposti più a interpretare, secondo Labanti.