USA ancora sul trono: il Mondiale U19 è una vetrina globale ma parla americano, pesante l’assenza dell’Italia

Con la vittoria netta sulla Germania per 109-76 nella finale di Losanna, gli Stati Uniti si sono confermati ancora una volta la superpotenza assoluta del basket giovanile. Il titolo mondiale Under 19 numero nove nella storia americana è arrivato al termine di un torneo in cui il talento, la profondità e la fisicità del roster a stelle e strisce non hanno mai mostrato reali segni di cedimento. Il gruppo allenato da Matt Painter – head coach di Purdue – è riuscito a dominare senza ricorrere a tutti i suoi pezzi da novanta (Cooper Flagg, per esempio, non era presente), ma ha comunque imposto un livello tecnico e atletico fuori portata per tutte le altre squadre. A guidare la squadra verso l’oro è stato AJ Dybantsa, esterno classe 2007 considerato da molti il miglior prospetto delle classi liceali americane: ha chiuso il torneo con medie da protagonista (16,4 punti, 4,7 rimbalzi, 3,1 assist) e ha meritato il premio di MVP, con la sensazione che questo sia solo il primo passo verso un futuro da stella NBA. Insieme a lui, il quintetto ideale della manifestazione ha incluso anche il funambolico Mikel Brown Jr., altro prospetto americano in rampa di lancio, e tre nomi europei che si sono guadagnati i riflettori: Christian Anderson e Hannes Steinbach, colonne della Germania finalista, e lo sloveno Žak Smrekar, autore di un torneo molto solido.
Le sorprese, Nuova Zelanda e Svizzera: oltre al dominio USA, la FIBA U19 World Cup 2025 ha raccontato anche storie sorprendenti. La Nuova Zelanda è stata la vera rivelazione: guidata da un gruppo coeso, disciplinato e con un’identità ben definita, ha raggiunto per la seconda volta nella storia le semifinali U19, dopo l’exploit del 2017. Il loro gioco, fatto di difesa fisica e ritmo controllato, ha creato difficoltà a squadre più quotate e ha acceso l’entusiasmo attorno a un progetto di lungo periodo. A fare notizia anche la Svizzera, paese ospitante, capace di superare la fase a gironi battendo la Francia in una partita rocambolesca. Per un movimento cestistico mai considerato ai vertici internazionali, si è trattato di un momento simbolico, vissuto come un trampolino per rilanciare l’interesse e l’investimento nel basket locale.
Statistiche & trend: Oltre ai nomi già citati, non sono mancati altri protagonisti. Tyler Kropp è stato il miglior marcatore della competizione con 21,7 punti a partita, dimostrando una versatilità offensiva rara. Il nigerino Amadou Seini ha impressionato sotto canestro con 15,3 rimbalzi di media, dominando il pitturato come pochi al torneo. E tra i playmaker, il brasiliano Thiago Sucatzky ha lasciato il segno con la sua visione e regia, guidando il torneo con 6,9 assist a partita. Dal punto di vista tecnico, l’edizione 2025 ha confermato alcune tendenze: il ritmo alto e il tiro da tre continuano a essere elementi chiave anche a livello giovanile, ma le squadre che hanno lasciato il segno sono quelle con identità difensive solide, organizzazione tattica e capacità di adattamento. Non a caso, tra le migliori otto figurano anche Canada, Francia, Spagna e Slovenia, tutte con programmi giovanili strutturati.
Il talento è ovunque (ma vince chi sa costruire): se c’è un messaggio che emerge con forza da questo Mondiale, è che il talento è ormai distribuito su scala globale. Gli USA restano al vertice grazie a un sistema di sviluppo che continua a produrre fuoriclasse a getto continuo, ma dietro di loro il gap si restringe: l’Europa, l’Oceania e persino l’Africa stanno dimostrando che con visione, lavoro sui fondamentali e competenze tecniche si può competere ad altissimo livello. A Losanna si è visto il futuro del basket: più giovane, più internazionale, più competitivo. E se AJ Dybantsa è destinato a dominare le copertine nei prossimi anni, dietro di lui cresce una generazione che sogna, corre e impara in fretta.
L’assenza che pesa: dov’era l’Italia? : Tra le 16 squadre protagoniste del Mondiale U19 di Losanna, una grande assente: l’Italia. Una mancanza che fa rumore, soprattutto se confrontata con la crescita costante del movimento giovanile in altri paesi europei. L’assenza dalla rassegna iridata rappresenta un campanello d’allarme: non basta avere singoli prospetti interessanti, che pure non mancano, se il sistema non riesce a portarli a competere ad alto livello, come collettivo. Mentre nazioni come Slovenia, Germania e persino la Nuova Zelanda dimostrano una capacità crescente di strutturare programmi coerenti e continui, il gap rischia di ampliarsi. Per l’Italia si tratta di una doppia occasione persa: quella di dare esperienza internazionale ai suoi giovani migliori, e quella di mettersi in mostra in una vetrina globale sempre più osservata da scout e addetti ai lavori NBA ed europei. Il prossimo ciclo sarà fondamentale per capire se il movimento italiano saprà reagire, investendo non solo nel talento, ma anche nella costruzione di squadre competitive.
I nostri giovani dove sono: Achille Lonati (2006, 1,96 m) – St. Bonaventure Bonnies, friulano di scuola Olimpia Milano, è passato ufficialmente ai Bonnies. Andrew Osasuyi (2005, 2,06 m) : centro di 2,06 m, classe 2005, in forza al Borgomanero (Serie B) per il momento sarà di scena agli europei U20 che iniziano sabato 12 luglio. Dame Sarr (2006, 1,98 m) – Duke Blue Devils: uno considerato top classe 2006 in Europa, scelto da Duke. Luigi Suigo (classe 2006–07, 2,21 m): Centro da 2,21 m ex Olimpia Milano, sta visitando diverse università prestigiose: Indiana, Purdue, Illinois, BYU, Kentucky e Texas A&M. Sarà interessante seguire dove deciderà di andare. Diego Garavaglia (2007, 2,01 m) – Ratiopharm Ulm, Germania Il club tedesco ha ufficializzato un contratto di 3 anni con il promettente talento italiano, in arrivo da EA7 Milano e considerato uno dei migliori prospetti italiani nati nel 2007.