Emporio Armani, il mercato non è finito: Belinelli e Gallinari si può fare

10.07.2011 21:47 di  Enrico Campana   vedi letture
Emporio Armani, il mercato non è finito: Belinelli e Gallinari si può fare

Speciale di Enrico Campana -
In un panorama europeo in cui i greci non vestono più i panni dei cresi (adesso l’Olympiacos mette  sul mercato anche Rascio Nesterovic, Mpv delle Top 16) e la Spagna per ora è sul “low cost” (non dimentichiamo che il Barcellona ha perso Ricky Rubio), si capta  un segnale di blocco di mercato  a tenaglia nell’escalation di Milano. E’ chiaro che con gli incastri giusti, la Coppa dei Campioni è più aperta che in passato e ottenuta la wild card  l’Armani  potrebbe proporsi come una delle favorite, anche se il Cska ha fatto uno squadrone ma in panchina non ha certo un Obradovic.
Potrò sbagliarmi,  ma ecco  arrivare qualche segnale dall’euro-market riguardante l’oggetto dei due colpi ai quali l’Olimpia sta lavorando, ovvero Malik Hairston e Belinelli.
Per non rafforzare troppo una concorrente, Siena potrebbe alla fine togliere Hairston dal mercato e farlo giocare 2-3 (al posto  di Moss che verrebbe messo sul mercato nonostante il triennale sia in scadenza nel 2012) e mettere DeJuan Summers 3-4. Per Belinelli adesso si è messo di mezzo il Real Madrid, anche se il cecchino azzurro dovrebbe giocarsi il ruolo di titolare con Sergio Llull  e i due sono abbastanza simili. E’ vero che lo spagnolo è più giocatore da contropiede e Belinelli è un grande tiratore contro le difese chiuse, i conti non tornano
Intanto c’è soddisfazione per la veloce conclusione dell’affare-Bourousis,  considerato  che  lo spinoso contesto poteva riservare ostacoli.  il poderoso staff che cura gli interessi del big-man  greco aveva però  già predisposto un certo percorso, le analisi volontarie, l’ok alla nazionale e fornito  tutte le garanzie del caso, vedi  semplificare l’exit strategy  riscattando con 200 mila dollari il cartellino  e tacitando l’Olympiacos.
Su che cifre dobbiamo ragionare? Fra annessi e connessi l’operazione costa 3,5 milioni di euro. Esattamente come Antonis Fotsis.  Insomma, in questo momento la Grecia vive un paradosso economico e i suoi giocatori di basket vengono ritenuti un miglior investimento dei titoli dello stato ellenico, giusto per far capire ormai il sempre più stretto rapporto fra affari e sport e come la discesa in campo dell’Armani  sia qualcosa che travalichi le cronache sportive.
Scariolo è stato accontentato, ragiona da buon  pragmatico bresciano come i coach vecchia scuola. E cioè in questo basket  europeo con un doppio lungo e un play vero (in questo caso Omar Cook, il primo colpo, un record di 17 assist in una gara all’Università), si deve badare al sodo. Per cui l’Armani con i 3 colpi è già alla metà dell’opera. E il “muro greco”  Bourousis-Fotsis con Mason Rocca come terzo lungo è già un’opzione per un basket controllato, muscolare, per arrivare al risultato il più presto possibile in quanto le prime due gare di Euroleague, con Maccabi e Real Madrid a fine ottobre, saranno già una svolta.
Quest’anno non ci sarà  la solita Armani versione 1 e 2. Idee chiare, chi c’è c’è,  palla lunga e pedalare e tanto olio di gomito, per dirla in dialetto meneghino lavoro e sacrifici. Milano non è quel posto dove puoi vendere fumo, Scariolom docet… Il bel gioco può attendere, la gente ha fame di vittorie. Bisogna badare al sodo.
“Bourousis  - spiega coach Sergio Scariolo sul sito Olimpia l’ultimo colpo – è uno dei migliori centri europei, ha acquisito un'esperienza importante sia a livello di club che di nazionale, lottando sempre per le primissime posizioni in tutte le competizioni. E' molto bravo in post basso, sia attaccando il canestro che passando la palla, ed ha una notevole capacità di intimidazione difensiva. Un buon tiro da fuori completa il ritratto di un giocatore di talento ed esperienza"..
Ok, ma per ora l’Armani ha solo “quattro quinti” di un superquintetto, e cioè: play Omar Cook,  X guardia, Mancinelli ala, Fotsis post alto e Bourousis pivot basso, Mason Rocca cambio dei due supergiganti che, buona mossa, a loro volta  si conoscono già molto bene grazie alla nazionale, per cui non esistono ruggini passate e rivalità derivanti dal pugnare con le maglie nemiche di  Olympiacos e Panathinaikos.
“Nell’Armani non ci sarà più posto per i piantagrane e gli incompresi o insoddisfatti”, ecco  che nell’ipse-dixit di Scariolo c’è la conferma di un  lungo foglio di via,  a chi tocca tocca, niente però che sia qualcosa di simile a liste di proscrizione. Quasi scontato più che  probabile l’addio di David Hawkins, croce e delizia, magari con la scusa di un ginocchio a rischio. E dell’eterna meteora-vincente Benjamin Eze che Scariolo ha voluto a Mosca e adesso è pronto a scaricare (ubi maior minor cessat…) anche se come italiano fa mercato. Ovviamente  tanti saluti al presunto play Lynn Greer, uno dei misteri del basket più inestricabili di questi anni, forse legati – si suppone-  alla perdita della fidanzata che ha disorientato la persona e il giocatore proprio quando era (anche lui in Grecia) una star.
Non ci sarà un appello né per Coby Karl, una specie di  insignificante pezza  per risolvere il  problema della regia, né per quell’Olesky Pecherov che uscito dalla NBA come il gigante in grado di fare la differenza in Europa entra nella storia del campionato come una delle maggiori delusioni.  Un  ragazzo dell’est intristito dalla bocciatura NBA e incapace di  ambientarsi, né dentro la squadra né a Milano. Addio anche alla “stagione lituana”, rimasta inespressa, con i guai fisici di Maciulis, giocatore con buona stoffa e professionista serio, e Marione l’Armadione, ovvero quel buon diavolo di Petravicius, anche lui una sorta di meteora, magari non per colpa sua, sfortuna, infortuni, scarsa identità di gioco e di personalità del team.
Scontato l’addio di Marco Mordente, il capitano guerriero. Giocatore con grinta, tiro da fuori, buona guardia nell’aiuto al play,  ma  irrimediabilmente tagliato fuori con i suoi 35 anni da un progetto che guarda al futuro. L’Armani vuole uscire allo scoperto, ha investito nel remake, nei giovani, nella riorganizzazione della società. A tal punto che in questo momento, se andiamo a vedere, lo staff tecnico e dirigenziale supera come numeri quelli dei giocatori sicuri…
Per completare la squadra, alla fine l’Armani si troverà fra le mani un  tesoretto, nulla a che fare però con quello di Romano Prodi. Cerchiamo di spiegarci, è vero che il “gran capo” di Armani (il sig.Proli) ha parlato di 15 milioni all’anno per anni 3 “e di altri sacrifici se ce ne sarà bisogno”, ma la “tabula rasa” permetterà di risparmiare 5-6 milioni, se non di più, da reinvestire subito. Il taglio di teste è  necessario quanto doloroso  per chiudere col passato di un roster colpevole di  tante scelte e annate deludenti e semideludenti. E non giustificabili nemmeno con le 2 finali raggiunte, sia per la storia del club (25 scudetti, coppe e trofei) che per la  gran fame della piazza che aspetta da ben 15 anni di rivincere lo scudetto.
L’operazione cleen-up  permette di aumentare il budget, a favore  dunque di altri interventi di mercato importanti. Ecco perché il mercato di “Emporio Armani” e non più Armani jeans, come a significare l’ingresso nella maturità, prevede altre sorprese. Magari per allinearsi alle strategie tecniche vincenti di Siena, come il poter contare sul  turn over, e quindi 13-14 titolari in grado di poter stare sempre al top come condizione in Euroleague e campionato. Specie considerando che il prossimo europeo per nazionali  sarà durissimo per tutti, in cerca del passaporto per le Olimpiadi, e tutti i principali giocatori dell’Emporio di re Giorgio  saranno protagonisti in Lituania, dai big men greci a Omar Cook che onora la maglia All Black del Montenegro, agli azzurri.
L’Armani potrebbe diventare mezza Nazionale. Considerati gli incastri dei passaporti, e la necessità di rimpolpare la  quota tricolore - sempre più un inutile pro-forma che magari ha un sapore del contentino per i club minori (leggasi il premio previsto dalla Convenzione per il maggior minutaggio degli italiani -  potrebbe alla fine salvarsi dal “grande repulisti” Ibrahim Jabber. Cioè colui che si  è ritenuto a torto un leader, ma sempre giocatore tattico interessantissimo (palle recuperate e ripartenze)  che personalmente terrei,  anche perché  ritrova il suo amico newyorkese Cook, il marine di St.John. E se non riga diritto, il ragazzo arrabbiato del playground sa che nel suo ruolo in giro c’è molta offerta.
L’attenzione del mercato adesso si concentra quindi tutta sugli italiani. Il prossimo annuncio credo sarà quasi scontato, riguarderà  il play Iacopo Giachetti, una sorta di Zisis italiano (o pisano, se vogliamo ricordare la provenienza). Se utilizzato bene, se maggiore è la responsabilità maggiore è il rendimento. Come si è visto anche in azzurro.
E – colpo di teatro finale -  per afferrare l’attimo fuggente, per stregare l’opinione pubblica e suscitare interesse da parte dei grandi media per i quali il basket è solo fenomenologia e costume più che uno sport con i suoi bellissimi messaggi, ecco profilarsi forse un’altra sorpresa. Vista la liquidità, visti gli incerti della NBA, visto che Jybbo (Jabber) può  appunto diventare decisivo come giocatore tattico, che Mancinelli è più n.3, manca una guardia di gran classe. L’anello di congiunzione ideale  fra regia e front line è un giocatore alla Belinelli. E cioè, se si vuole scuotere il basket italiano, proprio l’azzurro di Persiceto. Quel Belinelli  che New Orleans non vuole perdere, soprattutto dopo il suo record personale di 21 punti contro i Lakers nei playoff. E pur allettato da un biennale di 5-6 milioni di euro, potrebbe decidere di lasciare la NBA e firmare per questa cifra a Milano. Ah, e il Real?. Ma cosa se ne fa avendo già Llull.
Per creare un nuovo gruppo con una forte identità di basket italo-europeo, meglio "Beli” di Carlos Delfino, l’italo argentino che costerebbe  inoltre un sacrificio anche maggiore dell’azzurro se volesse lasciare Milwaukee. E poi, sia chiaro che  anche  in questo ritorno di Milano, esistono i sogni proibiti, e che nel caso del prolungarsi di un braccio di ferro  della NBA fra proprietari e giocatori   potrebbe diventare possibile – perché no? – addirittura il ritorno di Danilo Gallinari nella squadra che l’ha lanciato. Per una giovane star ancora in carriera  come il lodigiano uno stop di mesi potrebbe essere dannoso, la vita ci insegna che a volte bisogna ragionare sulla realtà e non sulle ipotesi.
Ben consigliato dal padre che dell’Olimpia è stato una bandiera, Danilo  o “The italian stallion” è e resta un giocatore di Armani è il testimonial ideale per questa operazione rilancio. Inoltre, diciamo le cose come stanno,  non gli ha giovato il trade da New York a Denver, e quel possibile contro-trade con un grande club atteso per fine maggio-giugno non c’è stato. E’ a un bivio. Danilo può completare la sua crescita  in Europa, e dopo due anni tornare nella NBA da star, paradossalmente un’esperienza simile potrebbe giovargli come giocatore e come immagine.
E poi, potrebbe riaprirsi il problema del Palalido perché l’amministrazione Moratti aveva garantito un contratto di 20 anni per il restauro di un impianto che andava bene fino a 30 anni fa, e si profila una revisione degli accordi col neo-sindaco. Magari un’Armani Stellare, una succursale della NBA come veniva considerata la squadra di D’Antoni, McAdoo e Meneghin, potrebbe trovare un socio finanziatore americano per realizzare quell’Arena per sport e spettacolo in grado di riportare  Milano al centro d’Europa.
encampana@alice.it