«A Milano competizione altissima»: Stefano Tonut si racconta tra Olimpia, la Reyer e gli allenatori

«A Milano competizione altissima»: Stefano Tonut si racconta tra Olimpia, la Reyer e gli allenatori
© foto di Ciamillo

Stefano Tonut si racconta a Gianluca Basile nel settimo episodio di Basketball & Conversations, la serie della LegaBasket (video integrale alla fine dell'articolo). Dieci anni di Serie A? Sta andando ancora tutto bene, sto cercando di godere sempre più il viaggio. Quando inizi non ci pensi, dici: "devo allenarmi, devo giocare" senza pensare realmente a quello che stai facendo. Adesso riesci ad assaporare più i momenti, belli e brutti". Tonut ha anche parlato delle differenze tra Olimpia e Reyer. "A Milano la competizione è altissima, tanti giocatori in squadra. Ho avuto la fortuna di aver fatto quasi sempre parte di squadre lunghe. A Venezia eravamo 13/14 giocatori, a Milano finiamo quasi sempre con 16/17 giocatori. La differenza? Il livello di competizione interno, di esperienza. Ho avuto la fortuna di giocare con giocatori esperti e forti a Venezia e a Milano. Coach? Anche quello l'esperienza. Quella di un coach come Messina che ha fatto anni di Eurolega si percepisce e si vede. Il livello di attenzione che richiede, a partire da un 5vs0 che potrebbe non voler dire niente. Non che con gli altri allenatori non succeda, anche De Raffaele mi ha fatto crescere tanto. Arrivavo da Trieste, la prima esperienza fuori casa, mi ha fatto crescere lui e la Reyer, e siamo riusciti a toglierci grandissime soddisfazioni. Mi ritengo fortunato, del mio percorso e di aver avuto due allenatori che mi hanno trasmesso tante cose. Io metterei sempre la difesa in primis per poi arrivare all'attacco. Secondo me un bell'attacco batte sempre una bella difesa, ma si cerca sempre di dare il massimo prima dietro e poi in attacco". 

Come è cambiato il lavoro
A Venezia ho fatto sette anni con due allenamenti al giorno spalmati, magari la mattina palestra o individuale e nel pomeriggio la parte con la squadra. Dove trova il tempo di lavorare un giocatore giovane oggi? Credo che sia questione di abitudine. A Venezia non avrei mai potuto pensare di fare un allenamento più lungo, perché il corpo e la mente, c'è una concentrazione che arriva fino a un limite. Da quando sono qui mi trovo molto bene, da tre anni facciamo un allenamento al giorno diluito, più lungo: arrivi e sai che devi fare terapia prima, palestra per un'oretta, ogni giorno e non come magari era a Venezia 2/3 giorni di pesi a settimana, la parte centrale con la squadra e la parte finale per fare qualche individuale. 

Cambio ruolo da Venezia a Milano
"L'adattamento non è stato facilissimo, ma è quello che volevo. Da Venezia volevo fare il salto di qualità per arrivare alla massima competizione europea. Era quello che desideravo, conscio che il ruolo ed i minuti sarebbero stati diversi. Dovevo trovare qualcosa di diverso rispetto a chi avevo davanti, che magari avevano più talento e fisico. Trovare il mio ruolo non è stato semplicissimo. Cercavo di essere pronto quando c'era qualche infortunio, e alla fine così è stato. L'anno scorso era un po' più semplice entrare nella testa del coach e nel cuore della squadra. Sono riuscito a guadagnarmi posizioni durante l'anno. Ma non dico sia quasi come riportare da zero ogni stagione, ogni mese, ogni situazione. Ma bisogna stare al 100% della condizione di salute, e mentalmente pronti sull'obiettivo. Non è facile ma stimolante, qualcosa che ti aiuta a crescere. Il nostro è uno sport di errori, chi ne fa meno vince. Si cerca di limitarli, accelerare il processo di recupero. Se una partita la sbaglia, dopo due/tre giorni puoi rifarti. Cercare di essere sempre presente e dare un apporto alla squadra migliore.