LBA - Varese, Woldetensae: Basket, Benazzi, Bryant e Bologna

Tomas Woldetensae dell’Openjobmetis Varese si racconta sul settimanale “Buone Notizie” del “Corriere della Sera, partendo dal giorno che acquisì la cittadinanza italiana a 18 anni dopo essere nato in Italia ma con radici eritree: “Mamma mi ha dato un libro sull'indipendenza eritrea. Ho così scoperto che Bologna è stata un sito di incontri per organizzazioni che supportavano la comunità. Il libro parla pure del ruolo delle donne che destinavano una percentuale degli stipendi per aiutare chi andava al fronte. I contributi confluivano da tutta Europa ed è per questo che in Eritrea tanti bar si chiamano Bologna”.

La figura paterna di Tomas è stata una costante nella sua vita, ma non nel senso sperato: “Mio padre, a sua volta eritreo, è stato una "assenza", non una "presenza". Viveva un po' a Roma e un po' chissà dove. Il ricordo più vivo che ho sono i due giorni che ha trascorso con noi quando avevo 6 anni: poi è scomparso, oggi non so dov'è e che cosa fa". Nonostante lo scenario precario, la situazione non gli è pesata: "Non mi sono sentito diverso da altri giovani perché anche dal lato degli zii c'era una madre single: ho ammirato i due cugini, sono stati dei mentori".

La svolta arriva con il signor Alfio Benazzi (“Così influente da essersi meritato la “B” sulla maglia”), ex dentista ottantenne di cui la mamma era diventata badante e che aveva invitato anche Tomas nella sua abitazione: “L'offerta riguardava pure me: così la coppia è diventata un trio”.

Intanto è scoppiata la passione per il basket, con Kobe come idolo ("Quando perì nel crash del suo elicottero ero reduce da una partita in cui avevo giocato molto bene. Ebbi uno sbalzo d'umore devastante, avevo l'ambizione di conoscerlo”), un’avventura nel college negli USA e ora l’esperienza di Varese.

E ora ha anche intrapreso gli studi di interior designer: “Amo l'arte in genere, però la creatività adesso la spendo sul parquet".