Pesaro - Dalmonte alla fine non ci sta: «Alleno questa squadra non solo auando si perde...»

Dalmonte è veramente abbacchiato: sa bene che vincere con Avellino avrebbe significato spiegare le ali e invece la Vuelle le deve ripiegarle tristemente, regalando un'altra serata amara ai suoi tifosi dopo quella con Venezia. «Siamo consapevoli di quanta delusione produce una sconfitta casalinga sul nostro pubblico: è già successo, ne siamo usciti poi serenamente e cercheremo di rifarlo. Per adesso, come ho detto alla squadra nello spogliatoio, faccio un passo avanti e ci metto la mia faccia. Ma vorrei anche dire — sottolinea il coach con un pizzico di rabbia — che non alleno la squadra solo quando si perde».
Evidentemente gli insulti finali che la gente gli ha lanciato passando davanti alla panchina lo hanno ferito. Di fronte a due playmaker puri come Green e Spinelli, c'è stata qualche difficoltà e Hickman ha terminato la gara seduto.
Ci si chiede, allora, ehi è il playmaker di questa Scavolini Siviglia?
«Se la valutazione è su questa serata, è vero che la regia è da rivedere. Non possiamo, però, estenderla alle altre partite dove le cose sono andate diversamente. Certo, avremmo dovuto avere — prosegue l'allenatore della Scavolini Siviglia — più lucidità contro la uomo e più freddezza contro la zona: oggi lo è stato, ma sono sicuro che questo non sarà un problema domani».
Una squadra che va spesso in ansia quando si trova nei momenti decisivi: come mai?
«Sembra che gli avversari siano più lucidi di noi. Però se quella tripla del pareggio che ci ha spento l'entusiasmo Slay l'avesse sbagliata avremmo parlato di fretta da parte sua, invece è sembrata una scelta lucida perché è andata dentro. La mia analisi va oltre — aggiunge Dalmonte —, nel come sento la squadra tutti i giorni: non si può dire che manchi forza mentale ad un gruppo capace di sbancare Cantù e Caserta, ma ci dobbiamo costruire una corazza di maggior freddezza e serenità nell'affrontare un errore: certe volte sbagliare pare che sia la fine della partita».
Eppure la squadra aveva approcciato bene la sfida con la Sidigas, puntando su un Cusin in gran spolvero? Poi?
«Il problema è nato dalla scarsa aggressività con cui abbiamo attaccato la loro zona, mentre contro la uomo ne avevamo. Abbiamo perso delle occasioni per attaccarli pur avendo vantaggi quando ci proponevano un lungo contro un esterno e preferivamo tirare da fuori. Poi ci siamo liberati dalle catene - conclude Dalmonte — e preso il ritmo, ma non siamo mai stati supportati da buone percentuali: e quando ti procuri dei tiri aperti e li sbagli poi è facile per le difese altrui continuare a proporle».
Vitucci espugna l'AdriaticArena come lo scorso anno e non nasconde la soddisfazione: «Una grande risposta allo scivolone casalingo contro Casale: abbiamo offerto una prova decisa a rimbalzo, sia offensivo che difensivo, nonostante la maggior fisicità dei nostri avversari. E poi, quando Pesaro ci è arrivata addosso e ci ha superato si è vista la consistenza mentale che abbiamo: le mani dei miei non hanno tremato. In quei momento ha contato la testa e direi che la zona ha pagato, e molto».
Elisabetta Ferri