Mario Ghersetti, rugbysta, calciatore, poi il basket: «Tezenis, sarò io il tuo leader»

Mario Ghersetti è un incrocio in cui confluiscono pallacanestro, rugby, pallavolo, tennis, calcio. Un uomo, un retaggio agonistico. Ricorda Sport Goofy, anche se il personaggio di casa Disney era soprattutto un virtuoso solista mentre Ghersetti si è cibato di sport di squadra. «Dal rugby ho imparato a prendere botte senza lamentarmi. La pallavolo mi ha insegnato il rispetto per le posizioni. Col calcio mi sono scoperto "duttile" visto che sono passato da attaccante a centrocampista, quindi a difensore, quindi a portiere e quindi a panchinaro, insomma un retrocedere inesorabile fino a concludere ch'era meglio cambiare strada». L'uomo-spogliatoio della nuova Scaligera Basket arriva da una piccola città dell'Argentina vicina al mare e come tutti quelli che il mare sono abituati ad annusarlo fin da piccoli ne parla con una certa nostalgia. «A Tandil, novemila abitanti, provincia di Buenos Aires, c'era un Campetto per ogni quartiere. Vengono da lì anche i tennisti Mariano Zabaleta e Man Martin Del Potrò, che conosco di persona, e Mauro German Camoranesi, ricordo quando giocava qui nell'Hellas. Mio padre, argentino figlio di un istriano, allenava i Los 50, una squadra di rugby, e fu lui a farmi praticare tanti sport contemporaneamente. Il suo verbo: sputare sangue anche se si perde. L'ha trasmesso anche alle mie tre sorelle, tutte pallavoliste. Sono cresciuto poliedrico ma il basket non lo mollavo mai, e allora ho capito che lì dovevo insistere». Ghersetti vede il suo primo canestro a 6 anni: si allena anche a Roma, dove vivevano i nonni e dove lui vive per un anno, tra il '91 e il '92; il ritorno in Argentina poi, nel 2001, la Sardegna e la Silver Porto Torres, prima delle cinque casacche italiane indossate: Veroli, Vigevano, Brescia, oggi Verona le altre. Ala grande, 201 centimetri, vanta tiro e voglia di buttarsi in mischia sotto canestro. «La Tezenis mi chiede esperienza, carisma, fiducia, leadership». Numeri a supporto: una coppa e un campionato di B2 a Porto Torres, due promozioni in Legadue con Vige- vano e Veroli, 14.7 punti e 6 rimbalzi in 28 minuti di media a Brescia l'anno scorso. Ghersetti cioè la chioccia, con i suoi 31 anni, in una squadra che tocca i 24 di media. Dice: «Sono un patriota e mi manca l'apertura degli argentini». Prova a esportarla qui, tra un allenamento e un pranzo di squadra in albergo, sorrisi e una parola per tutti. Degli uomini di coach Alessandro Ramagli lui può essere la bussola, 0 forse lo è già. Di certo, da buon argentino (italo-argentino, ufficialmente) gli piace parlare guardandoti dritto negli occhi. «L'impatto col gruppo è molto positivo. Siamo affiatati. Conosco già Gane-to. E ho conosciuto Lawal, reattività incredibile, uno da 27 schiacciate ad ogni allenamento. Se in Italia ho già vinto, a Verona voglio continuare il discorso». A Vigevano Ghersetti è stato allenato da Gigi Garelli, che dodici mesi fa sedeva su questa panchina. Ora tocca a coach Ramagli: «Tutti parlano bene di lui. E dalle prime impressioni posso dire che in giro, di allenatori così, ce ne sono pochi».
Matteo Sorio