San Antonio Spurs nella leggenda, Miami è abbattuta

Gara-5 senza storia e quinto titolo dell'era Popovich. Marco Belinelli, è tutto vero: un italiano è campione NBA!!!
16.06.2014 05:00 di  Alessandro Luigi Maggi   vedi letture
San Antonio Spurs nella leggenda, Miami è abbattuta

La redenzione. La grandezza. Il sapore dell’immensità. San Antonio campione NBA. Contro Miami, contro LeBron, contro ogni legge dello sport. Dalla bomba di Allen, appunto, la redenzione. E un quinto titolo che consegna alla leggenda un team che, in un anno, ha raccolto quanto non gli era stato concesso in più di una decade. Ora, niente può essere negato all’era Popovich (18° anno sulla stessa panchina, la più lunga militanza della storia dello sport americano), neanche il paragone con la “doppia” di Phil Jackson, tra Bulls e Lakers. Di Miami solo qualche traccia, non di più. Wade che si arrende via via al fisico, nonostante la splendida gestione della sua stagione. Allen, che senza il ritmo di una gara punto a punto perde di valore. Bosh, che da specialista torna ad anonimo comprimario. E’ tutto sulle spalle di James, in una squadra che, senza alternative, non può avere altro schema oltre all’isolamento. San Antonio è raccolta ed aggressiva, e dopo un quarto da “uomo in missione”, il primo (17 punti), James si ripiega in sé stesso. Lui, spettatore, proprio non voleva esserlo. L’immagine del suo dolore in panchina, a gara ancora in corso, consolato inutilmente da Haslem, è quella della resa di chi sa di essere un uomo solo. Di successo, ma solo. Non è colpa sua, è stato disegnato così. 

Quante e quali differenze. Isolamento contro distribuzione collettiva delle responsabilità. Parker fa 0/10 al tiro in tre quarti? Patty Mills bombarda il canestro come preda di una spinta divina nel terzo quarto. Poi c’è un Ginobili da Hall of Fame nel primo, quando Miami prova subito a scappare. Successivamente, l’immenso talento di Leonard, tentacolare nella difesa su James, inesorabile al tiro e in penetrazione. Uomini e figure, con la lunga mano di Duncan, che stoppa quando serve, segna quando è utile.

E poi c’è lui, Marco Belinelli. Immenso in regular season, opzione nei playoff. Poco spazio, ma una storia dal valore immenso per tutto il movimento nazionale: un italiano è campione NBA.

Qualche numero? 46% dall’arco peri campioni, 28 per gli ex campioni. Cinque uomini in doppia cifra per i campioni, solo tre per gli ex campioni, con Bosh miglior marcatore dopo James con appena 13 punti. Infine le panchine: 24 per quella degli ex campioni (per lo più in garbage time), 47 per quella dei campioni. Titoli di coda.

 

SAN ANTONIO SPURS-MIAMI HEAT 104-87

Serie 4-1

Spurs: Leonard 22, Ginobili 19, Mills 17

Heat: James 31, Bosh 13, Wade 11

 

LA CRONACA

 

Cinque minuti di gara-5, va in scena la rabbia di Miami, che è la rabbia di LeBron James. Dall’angolo Ray Allen inchioda la bomba di un sostanzioso 22-6 diretto dagli 11 punti di King James, che infila 9 dei primi 11 di Miami in un avvio da paura. Ginobili suona la carica con il personalissimo parziale da 6-0, San Antonio non fa drammi, e torna presto in partita. Nel secondo quarto sale il livello di Kawhi Leonard, Belinelli mette i suoi primi due punti con il jumper del -5 dopo quattro minuti, Duncan detta legge sotto il tabellone e allo scollinamento dei 5 minuti di gioco gli Spurs mettono il muso in avanti con un parziale da 12-0 che vale il +7 alla fine del primo tempo. LeBron firma 20 dei 40 punti di Miami, gli altri marcano visita: 4 per Bosh (0/3 dall’arco), 3 per Allen (1/3). 0/12 per la coppia Parker-Green, ma il resto della squadra vola.

Miami inizia il secondo tempo con quattro minuti di nulla, nel quarto che deciderà tutto. Le braccia di Leonard sono lunghi tentacoli sul volto di LeBron, sempre più uomo solo al comando di una squadra allo sbando che sbaglia 20 degli ultimi 24 tiri. La preda è braccata, il pubblico dell’AT&T Center ne fiuta l’odore. Bosh rompe il digiuno, Leonard e una penetrazione di Mills contro James costringono Spoelstra al timeout più drammatico, sotto di 14 (56-42) e con 6.35 da giocare nel terzo quarto. Risultato? Wade attacca il canestro partendo dall’angolo, Splitter inchioda una stoppata da leggenda (ma il canestro era da convalidare, il pallone aveva già toccato il tabellone), Mills piazza due bombe, James non trova l’appoggio in penetrazione e Ginobili, velenoso come una vipera, colpisce ancora dall’arco facendo esplodere il pubblico. Spoelstra richiama timeout, a -2. Se il primo timeout era drammatico, questo ha il sapore della resa. No James, no party: 17 punti nel primo quarto, 3 nel secondo, 7 nel terzo. Big Three? No, big one. Almeno contro la squadra regina. Poi c’è Patty Mills: 14 punti nel terzo quarto, quattro colpi dall’arco. Semplicemente, impossibile.

Spoelstra si gioca tutte le carte, la voglia di Chalmers vale un mini parziale, ma una volta rotto il digiuno da 0/10 al tiro, anche Parker inizia a bombardare il canestro. Il resto sono inutile parole, di commento ad una leggenda.