Olimpia Milano, quando non basta il coraggio di ammettere i propri errori

19.02.2024 22:22 di  Umberto De Santis  Twitter:    vedi letture
Olimpia Milano, quando non basta il coraggio di ammettere i propri errori
© foto di Savino Paolella

E' straordinario il senso di autocritica espresso da Ettore Messina in sala stampa dopo la sconfitta nella finale di Coppa Italia. E' lo stesso della Supercoppa italiana, delle troppe sconfitte che hanno avvelenato l'EuroLeague e costringono la squadra ad un inseguimento sfiancante nella testa e nei muscoli: una serie di supercazzole che alludono a mancanza di umiltà dei giocatori, a mancanza di connessione tra i giocatori, a mancanza di aggressività dei giocatori (citofonare Owens per un commento). Mai salire di livello, per carità, la "cupola" una e trina è intoccabile e non ci riferiamo naturalmente a Giorgio Armani e Leo Dell'Orco. Basterà tirarsi a lucido e vincere lo scudetto a giugno visto che la critica accomodante ci racconta che su sette partite è impossibile che l'Olimpia Milano possa perdere una serie? (Permesso toccarsi scaramanticamente)

Tanti discorsi sarebbero accettabili se tra le due finaliste ci fosse una equità economica, organizzativa e di tradizione paragonabile. Solo che tragicamente non ci sono, con tutto il rispetto verso il lavoro del presidente Federico Grassi e della dirigenza napoletana. Per fortuna, si potrebbe aggiungere, sennò le partite sarebbero tutte scontate e le società di scommesse tutte in bolletta. A Napoli la rivoluzione dirigenziale, con Dalla Salda e Llompart, ma anche l'arrivo di Milicic trattenendosi Pancotto che nel ruolo di ex dell'ex poteva essere un fattore di diffidenza e la rivoluzione in campo, mettendo insieme giocatori che si sono rivelati compatibili e interagibili tra di loro e con ruoli e posizioni ben definite, si è rivelata vincente e addirittura in crescita viste le condizioni fisiche di Sokolowski e Owens e un paio di italiani che stanno crescendo.

Pensiamo al povero allenatore dell'Olimpia costretto ad alternare in campo Melli e Mirotic che essendo pari ruolo si è visto che non sono compatibili quando Nik viene schierato da cinque (e che in difesa dei giocatori ieri sera hanno giocato bene entrambi). Due All Star (se ci fosse in Europa un All Star Game ne farebbero parte, sarà questa - provocazione - la prossima novità di EuroLeague da giocare magari a Dubai?) a corrente alternata. O gli viene restituita la minestra riscaldata Napier che, come alla Stella Rossa, sta confermando di aver esaurito l'effetto sorpresa dell'anno passato e ormai tutti sanno come affrontarlo (pressing già a centro campo). Poythress in tribuna a vedere Hines, alla terza partita in pochi giorni, stanco e assolutamente ininfluente. Per tacere dell'assenza di Baron, che lo priva del fromboliere di diversa caratteristica tecnica ma di medesimi risultati di Shavon Shields quando quest'ultimo ha la luna storta e magari trova avversari che lo curano con più attenzione di uno Spahija che in semifinale ha fatto la figura dello sprovveduto con quella bellezza di squadra che ha in mano.

Per tornare all'Olimpia, ci sono problemi evidentemente che sul traguardo della Coppa Italia hanno inciso sulla prestazione di chi era in campo e in panchina domenica sera a Torino. Quali siano lo possiamo solo immaginare, visto che di essi non è stata fatta parola e lo sport preferito oggi è sparare sulla critica intellettualmente onesta. Tenetevi gli insulti e anche le sconfitte se a qualcuno può far piacere e/o consolazione. Ma da qui a diventare la versione italiana del Real Madrid ne corre ancora molto, forse anche troppo. Così Chus Mateo in un anno e mezzo ha vinto quattro titoli, compresa la Copa del Rey di domenica 18 febbraio e il titolo di EuroLeague 2023. E quando i tifosi sugli spalti sventolano in segno di critica i fazzoletti bianchi capiamo benissimo che cosa vuol dire la pressione ambientale.