REALE MUTUA BASKET TORINO-INTERVISTA A FRANKO BUSHATI

Nato a Tirana, ma con nazionalità italiana, si è formato cestisticamente in Italia nel settore giovanile della Stella Azzurra. Figlio d’arte, il padre, Pjerin, è stato anch’egli membro della nazionale albanese inizia a Cento, in serie B, la sua esperienza da senior, a cui seguono le positive stagioni con Sassari, proprio con coach Cavina, Trapani, Veroli, Scafati, Imola e la triplice esperienza con la Leonessa Brescia. Nel 2018 indossa la canotta di Udine, nella scorsa stagione si divide tra Roseto ed Eurobasket Roma ad oltre 7 punti di media. Sotto la Mole, tra le fila della Reale Mutua Basket Torino, ha portato esperienza e senso pratico, inserendosi nel gruppo in maniera positiva e ricevendo i favori dei compagni e dello staff per la sua umiltà e il suo talento frutto di tanta esperienza nei palazzetti italiani.
Hai una bellissima famiglia, il tuo piccolo è spesso protagonista di video nei quali vi divertite molto insieme, quanto è stato importante in questo periodo di quarantena?
Il piccolo ha riempito le nostre giornate come non mai, difficilmente, in condizioni normali avremmo avuto tutto questo tempo libero. E’ un continuo stargli dietro e nei momenti di relax ho visto qualche film insieme a Francesca. Parlando con miei compagni e allenatori, ho detto loro, che mi sono allenato più adesso che durante i periodi di normalità: con mia moglie abbiamo seguito lezioni di pilates due volte al giorno.
L’Italia è la tua seconda casa, hai iniziato nella Stella Azzurra, raccontaci gli inizi della carriera.
Il basket ha sempre fatto della mia vita, seguivo mio padre in ritiro durante la sua attività e ho sempre avuto una palla a spicchi in mano. È stato un percorso naturale e arrivati in Italia ho iniziato con la Stella Azzurra e poi a Cento in B che all’epoca era una categoria molto importante, con squadre di livello e società economicamente strutturate quasi come l’A2 di oggi. Con Sassari in A2 ci battevamo con squadre molto forti, con quattro stranieri e roster profondi che potevano competere per la vittoria del campionato. Sto investendo su me stesso, ho seguito un corso da dirigente, non so se questa sarà la mia strada futuro, ma adesso sto studiando
Quest’anno sei stato chiamato a Torino, per completare il roster durante gli infortuni di Traini e Cappelletti, raccontaci l’esperienza in gialloblù e il tuo rapporto con coach Cavina con cui avevi lavorato a Sassari.
Con Demis a Sassari ero proprio giovane, tanti dei miei compagni dell’epoca hanno fatto carriera negli anni a venire: ho ritrovato il coach a Torino arrivando in un momento delicato, la squadra veniva da un paio di sconfitte consecutive, l’ultima contro Capo D’Orlando in casa. Indipendentemente dagli infortuni, può capitare un momento di stanchezza e appannamento, il mio arrivo ha portato entusiasmo, solidità e quella sana competizione cha fa sempre bene. È stato facile inserirmi, ho trovato un gruppo sano frutto dell’ottimo lavoro svolto dal coach fin dall’inizio della stagione. Demis Cavina è un allenatore esigente, sul campo è molto meticoloso, attento ai particolari e prepara come pochi altri gli aspetti tattici: c’è chi preferisce l’aspetto gestionale del gruppo, lui lavora molto in palestra e le sue squadre sono riconoscibili fin da subito e quest’insieme di cose mi hanno aiutato, tenendo conto che ho giocato immediatamente, turni infrasettimanali compresi, venendo da un periodo di inattività. Ho sempre messo davanti il bene della squadra, un uomo spogliatoio che si è fatto trovare pronto quando è stato chiamato in causa. Ci sono stati momenti di difficoltà, come contro Tortona (Pinkins spesso bloccato in post basso), dove ho capito che avrei dovuto dare di più, ma la squadra aveva talento e tante volte abbiamo superato 80 punti, segno di qualità importanti anche nel sopperire alle assenze dei compagni. Anche io mi sono adattato, play o esterno, non vi erano differenze, con l’unico obiettivo di riportare Torino dove merita, senza nulla togliere alle altre squadre, più di altri.
In questo momento sei un giocatore libero, puoi dirci già qualcosa del tuo futuro e quali caratteristiche deve avere il nuovo progetto che andrai a sposare?
In questo momento sono “libero” e non sappiamo ancora quando ricominceranno i campionati, chi giocherà in A1, ma penso e spero che Torino possa giocare nella massima serie, sia per il lavoro straordinario fatto dalla società, sia per la piazza che per la storia. Mi sono lasciato in ottimi rapporti con tutti e se ci sarà bisogno di me non potrà che farmi piacere continuare questa avventura in gialloblù.