Lottomatica, Datome torna nella sua Sardegna da avversario

15.04.2011 16:04 di  Matteo Marrello   vedi letture
Fonte: Ufficio Stampa Virtus Lottomatica Roma
Gigi Datome
Gigi Datome

Una sfida tutta isolana. Assente al torneo “Città di Sassari in campo nella gara di andata vinta dalla Lottomatica per 92-80 (18’ in campo e 4 punti realizzati), domenica prossima finalmente Gigi Datome (ala classe 1987, 202 centimetri per 90 chilogrammi, da tre anni in forza alla Lottomatica Roma), sarà di scena al PalaSerradimigni ed affronterà la Dinamo. Muove i primi passi alla Santa Croce Olbia, l’Nba lo osserva con attenzione, a15 anni gioca in B2 e vince lo scudetto Allievi con un supergruppo tutto isolano composto fra gli altri da giocatori di Santa Croce Olbia e Basket 90. Il 2003 è l’anno della chiamata della Montepaschi Siena, dove in due stagioni inanella una lunga serie di soddisfazioni e successi. È nominato miglior Under 22 della stagione 2008-2009, è stato il primo sardo a giocare una competizione ufficiale in azzurro. E si prepara a tornare sull’Isola…


È la prima volta in piazzale Segni? Hai qualche sensazione o suggestione particolare nell’affrontare da sardo una formazione sarda ai massimi livelli del basket italiano?

No, sono già stato in piazzale Segni con le giovanili proprio contro la Dinamo. È un piacere che in Sardegna ci sia una squadra di serie A, che qui possano venire i top team del basket italiano. Dopo gli sforzi della federazione per ospitare la nazionale a Cagliari per tre anni di fila, questo rappresenta un ulteriore passo in avanti per la crescita di questo sport in Sardegna.

La Dinamo è una matricola della Lega A, tu sei un giovane veterano della categoria. Che idea ti sei fatto sul roster di coach Meo Sacchetti? Che tipo di partita sarà quella di domenica mattina?

È un roster di grande talento, con tre elementi importanti come Diener, White e Hunter. È una squadra che specie in casa sa giocare ad altissimi ritmi e può creare difficoltà a chiunque. Noi dovremo essere bravi a non seguire il loro ritmo ma a fare il nostro gioco.


Partiamo dal presente: la Lottomatica Roma. Da tre anni fai parte del progetto capitolino, sei diventato perno del roster giallorosso che fu di coach Boniciolli ed ora è guidato da Sasa Filipovski. Qualche problema ad inizio stagione ed ora a quota 24 nel groppone all’inseguimento di un posto al sole nei playoff. Come fotografi questo primo seppur importante scorcio di stagione?

In questa stagione abbiamo avuto tante possibilità di andare ai piani alti della classifica, ma molte le abbiamo sprecate. Però il campionato ci consente ancora di essere nel gruppone che lotta per i playoff visto che quinta e nona sono a pari punti. Ogni partita in questo senso è fondamentale.

Idolo dei tifosi romani, protagonista in azzurro, giocatore di carattere e buon fisico, oltre che specialista nel tiro dalla linea dei 6.75 con uno strepitoso 45.8% stagionale che ti vede secondo nella particolare classifica di rendimento solo dietro al “Cardinale” Mazzarino. Un giocatore completo, già osservato speciale degli scout Nba. Come giudichi il tuo percorso di crescita, come vivi il tuo presente e vedi il tuo futuro?

Non mi sento affatto un giocatore completo, devo e posso migliorare ancora tanto. Quanto all’Nba, mi osservavano soprattutto quando ero più ragazzino, ora la mia carriera è qui in Italia e credo sarà così, magari in Europa, ma sicuramente in Italia. Vivo il presente giorno per giorno, tirerò una linea alla fine del campionato, per ora non penso al futuro ma solo a questa stagione.

Dalla Capitale all’Isola. Sei nato a Montebelluna ma la Sardegna è la tua casa, naturale e cestistica. Quanti anni hai vissuto sull’Isola e che rapporto hai con l’Isola stessa e con Olbia, la tua città?

Ho vissuto 15 anni ad Olbia, che riconosco come la mia casa, dove ho i miei affetti e i miei amici, quindi il mio rapporto con l’Isola ed Olbia è fondamentale. Quando ho un po’ di tempo libero, anche se raro, torno ad Olbia, a casa mia. Olbia è la mia base. Ed è un riconoscimento davvero speciale sapere di essere l’unico atleta sardo in Nazionale, un grande prestigio.

Il basket isolano ha attraversato momenti di crisi. Alcune realtà vanno avanti nonostante tutto anche se in mezzo alle difficoltà. Che ricordo hai del basket giocato a Olbia? Cosa pensi del fatto che la santa Croce oggi non esiste più? Sei al corrente delle difficoltà che anche quest'anno mettono in serio pericolo la continuità del basket a Sassari, vedi Dinamo, e in Sardegna?

È la conseguenza della crisi economica mondiale che c’è in questi tempi. Quando c’è crisi i primi soldi vengono tolti allo sport e allo show business. Io però conosco meglio la realtà di Olbia, più che quella di Sassari. Sono un po’ dispiaciuto che il Comune non sia riuscito a far nulla per mantenere il basket di alto livello ad Olbia, ma per fortuna qui il basket non è del tutto sparito: con un progetto nuovo basato sul minibasket si sono dati da fare per ripartire dalla base e ora Olbia sta lottando per la finale di serie D per accedere in C2. Qualcosa quindi comincia di nuovo a muoversi.

In Sardegna, assieme al supergruppo Cadetti composto in gran parte da giocatori della Santa Croce e del Basket 90, fra cui “Franz” Desole, hai vinto un titolo italiano. Che valore dai e che ricordo hai di quella esperienza?

È stato il primo scudetto allievi a Bormio, è stato molto bello: una fusione con 4 atleti da Sassari e otto da Olbia e insieme abbiamo vinto il titolo. Segno che queste fusioni funzionano, magari non sempre raggiungi il risultato di prestigio, ma funzionano. È stato un risultato sensazionale, per me, per Olbia e per tutta la Sardegna, un titolo molto meno atteso di quello di Siena dove invece già eravamo favoriti. Quindi posso dire che sia stato il ricordo più bello che porto dentro di me.

Torniamo sulla penisola. La chiamata di Siena è qualcosa che in questo nuovo millennio cestistico non si può rifiutare e che lascia il segno nel destino di un giocatore. Quanto è stato esaltante giocare in Toscana? Quanto è stato difficile trovare spazio in una grande squadra che cerca in giro per il mondo i migliori giocatori per vincere in Italia e soprattutto in Europa?

Sono andato a Siena quando Siena non era ancora quella di adesso. Potevo scegliere altro, ma alla fine scelsi Siena perché mostrarono un grande interesse nei miei confronti offrendomi un contratto pluriennale, e questa loro fiducia in me mi convinse. Poi mi sono ritrovato nella Siena forte di oggi, non ero ancora pronto per essere protagonista con quel roster, così ho preferito andare in squadre minori, ma con la possibilità di stare sul campo, di sbagliare e di crescere. Ma a Siena ho avuto una bellissima esperienza che ricordo con affetto.

Una riflessione: in top club come Siena approdano regolarmente i migliori giovani italiani, che vincono tutto a livello giovanile ma poi non sempre trovano spazio in prima squadra. Gli stranieri sono indubbiamente importanti, spesso rappresentano un valore aggiunto, ma sono davvero tanto più forti degli italiani?

Sicuramente, gli stranieri che vanno a Siena non sono scommesse ma sono già collaudati, pronti per il sistema di Siena. Il livello è molto alto e un giovane che viene dalle giovanili non ha un futuro immediato in prima squadra, perché lì si gioca ai massimi livelli europei. Ma il settore giovanile di Siena è di primissimo livello.

La tua carriera è anche tinta d’azzurro. Un sardo che gioca per la Nazionale maggiore: che effetto fa e quanto è stato difficile tagliare il traguardo?

Con tanti sacrifici e tanto impegno. Ma non do mai per scontato una chiamata in azzurro. Ogni anno è un anno a sé, magari non hai un’annata buona con la tua squadra di club e non vieni chiamato. Io colgo ogni chiamata della nazionale con un grande entusiasmo e come ho detto prima è bello essere l’unico sardo mai stato in nazionale, un punto di riferimento anche per i giovani della Sardegna.

Riavvolgiamo il nastro, guardiamo al domani e parliamo di Dinamo. Al di là delle classiche frasi di circostanza: hai mai pensato ad un tuo possibile passaggio biancoblu? In passato sei mai stato cercato dalla società sassarese?

In effetti ci sono stati in passato dei contatto quando era in A2, ma poi, fra le varie chiamate di serie A che avevo, decisi per Scafati. Un futuro a Sassari? Perché no! Non lo escludo ma di certo non faccio promesse, anche perché la vita ti porta ad essere un po’ ovunque. Sicuramente sarebbe la prima volta vicino a casa. E naturalmente spero che Sassari resti nella massima serie il più a lungo possibile per il bene del basket della nostra Isola.

Siena e Roma rappresentano importantissimi punti di arrivo o di partenza per giovani cestisti a caccia di spazi e di conferme. Formazioni che ragionano su livelli differenti rispetto a quello della Dinamo. È giusto coltivare ambizioni ed aspirazioni, ed è giusto che il singolo faccia il suo percorso, ma in un futuro più o meno vicino a Gigi Datome piacerebbe diventare simbolo e leader della squadra della sua Sardegna?

Io ho fatto tanta fatica per essere il tipo di giocatore che oggi sono per Roma. Spero che io possa essere un punto di riferimento per questa squadra e per questa città anche in futuro. Ma per ora il vero punto di riferimento è Capitan Tonolli: Tonno è l’unica vera bandiera rimasta nello sport, un giocatore che ha rinunciato a tante chiamate importanti per vestire sempre la stessa maglia ormai da 17 anni.


Considerazione finale: è quindi possibile arrivare a giocare ed esprimersi ai massimi livelli anche partendo dalla Sardegna?

Io penso proprio di si. Io sono stato anche fortunato, ma se ce l’ho fatta io ce la può fare benissimo anche un altro.