Il volo del tacchino. Olimpia Milano, il giorno dopo Vitoria

Il volo del tacchino. Olimpia Milano, il giorno dopo Vitoria

(di Werther Pedrazzi). Ci ha chiamato anche la Radio (Sportiva). A loro interessava un’opinione sul “momento attuale” di Milano…

Un’opinione, personale, che resta tale, oltre che detta, anche trascritta. Partendo dai fatti e dal loro contesto, prima di avanzare ipotesi interpretative (dei fatti, appunto).

Al dunque. Dall’Eurolega. Partenza: 6 vittorie e 2 sconfitte. Successivamente: 2 vittorie e 9 sconfitte. Se Milano parte sempre bene, anche nell’infausta passata stagione terminata al penultimo posto, ricordate?, poi invece di continuare a volare ricade progressivamente verso il basso, in quello che sembra il tipico “volo del tacchino”. Un atteggiamento non solo del lungo periodo, ma che si riproduce anche nei singoli episodi, come l’ultima partita sul campo del Baskonia,  che ha visto Milano alzarsi fino a 14 punti di vantaggio (42-49 all’intervallo) e ricadere nella ripresa (38-26). Com’è che Milano non riesce a volare? Dove si può cercare la ragione che oppone involuzione ad evoluzione? Che poi sarebbe un errore concettuale: non si può nemmeno dire che Milano involva, semplicemente resta ferma, mentre sono le avversarie a migliorare. Come interpretare?

Forse. All’origine di tutto c’è una società di “vetrinisti”, e la riprova sta nel fatto che ogni anno la cambiano, la vetrina stagionale, allestendola sempre secondo il principio luccicante ed accattivante del talento individuale. Mica si può dire che inizialmente Milano sbagli squadra, l’allestimento è (quasi) sempre di grande impatto. Uomini forti. Uomini belli, da vedere e da apprezzare. Che purtroppo restano tali. L’impressione è che siano esposti in quanto espressione assoluta del bello, e molto meno studiati nel contesto relativo della squadra. Ecco. Allora, ad ogni inizio, quando ancora basta l’innegabile talento individuale, Milano vola, poi con il passare del tempo, mentre gli avversari si compattano come squadra, trovando, ognuno al proprio interno, identità, oltre a ruolo e funzione per ogni giocatore, ecco, dicevamo, che si apre quel piccolo fossato, nel quale, anche se piccolo rischi di annegare, se non sai nuotare…

Dimentichiamo forse la perdurante assenza di Nemanja Nedovic?

Tutt’altro. La mancanza di Nedovic è’ un perno del ragionamento. Infatti, se tutto il tuo gioco è impostato sul talento individuale, diventa essenziale avere almeno due “solisti del mitra” (che è il titolo della biografia di Luciano Lutring, il solista del mitra, appunto), che se bloccano James basta Nedovic a sconfiggere gli avversari. Chiaro? La nostra riflessione non mette in dubbio questo. Ma punta aull’incapacità di Milano ad evolvere come squadra, trovando risorse per ovviare alle difficoltà. Quindi, se te ne resta uno soltanto, pur eccellente, se volete anche mostruoso, come Mike James a Vitoria (27 punti, 4/7 da 2 e 4/7 da 3, più 7 rimbalzi e 5 assist), capita che non basti, se attorno a lui non hai costruito la palizzata che rende sicuro l’accampamento. O anche di peggio, e di più ingiusto, può capitare: che sia proprio il tuo eroe, lasciato solo al comando, quello stremato (34’ in campo) che non riesce a vincerti (come altre volte) una partita importante (James negli ultimi 15 secondi contro Baskonia, un errore al tiro e solo 1/3 ai liberi).

Indizi di mancata evoluzione di squadra?

Giocatori presi e dimenticati (Burns, Della Valle, Fontecchio), per i quali non si è saputo trovare un ruolo in questa squadra, magari un ruolo marginale ma comunque costruttivo e collaborativo per il collettivo. Milano è sempre uguale. Le manca il coraggio e un po’ di fantasia.

Alla radice. Forse una società “greve”, e ci mettiamo anche l’allenatore. Precisando che “greve” non vuole essere un termine offensivo, ma altri non ce ne son venuti… In fondo, greve è anche il volo del tacchino…  Pensando ad un contesto votato esclusivamente al consenso e che bolla come “nemico” ogni dissenso critico. Il che, ovviamente, in mancanza di dialogo, impedisce anche il cambiamento e l’evoluzione. Al quale, conseguentemente, nelle disavventure altro non rimane che la gran parata degli alibi…

Tra questi, alibi o mistificazioni che siano, ci sarebbe da annotare la compiacente considerazione che in molti hanno avanzato: Milano nel campionato italiano alla fine del girone di andata sta a 14 vittorie e 1 sola sconfitta, mentre nel campionato spagnolo il Real di sconfitte ne ha già accumulate 4 e il Barcellona 2, mentre anche in quello turco l’Efes ha 3 sconfitte e il Fenerbhace a 2… E allora?

Ahhh… Cialtroncelli scherzosi, non meritate nemmeno una risposta, ma soltanto una domanda: è questo, secondo voi, il sintomo della forza di Milano, o dello scadimento qualitativo del campionato italiano???

Infine. Ma al fine, qualcuno è autorizzato a chiedere quale sia il nostro concetto di squadra??

Semplice. Ci spieghiamo con un esempio concreto. Prima di Milano avevamo visto la vittoria del Fenerbhace sul campo di Gran Canaria. Non una grandissima serata per i turchi, che inizialmente hanno fatto valere la loro superiorità (19-24 il primo periodo, 32-44 all’intervallo) per poi lasciarsi pericolosamente riavvicinare (51-56) nel terzo periodo, quando poteva anche “girare l’inerzia” della partita. Prima di piazzare il “ventello” finale (64-82). Senza mai scomporsi come squadra. Presentando un uomo di giornata diverso da quelle precedenti (Kalinic perfetto, 16 punti con 3/3 da 2 e 3/3 da 3) ma soprattutto con un “indicatore di squadra” molto significativo: il nostro Nicolò Melli non era in una serata di particolare attività offensiva (5 punti, 2/5 al tiro), eppure è stato, insieme a Kalinic e Sloukas, il più utilizzato (27’ in campo). Perché nelle notti sul Bosforo, qualcuno guarda la luna e non il dito che la indica. Perché l’uomo di Istanbul “non giudica i giocatori da questi particolari, ma i giocatori li giudica dal coraggio e dalla fantasia”. Ben oltre il tiro da 3 punti o il pick&roll che sono l’unico orizzonte di Milano. 

Ma domani è domenica, dimenticate l’Europa, è festa italiana: Milano spezzerà le reni a Brindisi? Forse si. Frank Vitucci permettendo. Ma bisognerà pensare subito e seriamente alla prossima settimana, quando arriverà al Forum lo Zalgiris di Sarunas Jasikevicius, perché (quasi) fatta l’Italia, anche l’Europa ancora si può, si potrebbe fare. Con un poco di coraggio e fantasia.

Werther Pedrazzi