Ferrari e Marangon: «Tante proposte anche dagli USA, ma rimasti alla Gesteco per Pillastrini»

Oltre che compagni di squadra a Cividale, Francesco Ferrari e Leonardo Marangon condividono anche la maglia della Nazionale con l'U20. I due hanno parlato ai canali della FIP: “Ci siamo conosciuti all’Europeo Under 18 di due anni fa e siamo andati subito d’accordo, dato che abbiamo personalità e caratteri abbastanza simili, siamo rimasti spesso in contatto durante la stagione – esordisce Marangon – e quando nel finale di quel campionato è venuto spesso a Cividale a vederci giocare, ho spinto perché l’anno successivo fosse dei nostri. Alla fine è accaduto e ci siamo ritrovati anche a vivere insieme. Giocare nello stesso club è diverso che in Nazionale, ma abbiamo trovato presto un nostro equilibrio e ne è scaturito un anno di grande divertimento dentro e fuori dal campo, in quella che per entrambi è stata la prima vera e propria esperienza lontano da casa”. ”Leo conosceva già l’ambiente e mi ha dato una grande mano ad inserirmi subito nel modo migliore – esordisce Ferrari – e anche sul parquet è diventato ben presto un punto di riferimento nel capire al meglio come potermi inserire in un gruppo giovane e molto unito, con una chiara condivisione di obiettivi da parte di tutti i componenti”.
Il resto lo ha fatto il contesto – un concetto spesso e volentieri abusato al giorno d’oggi – ma che fa di Cividale la piazza ideale per poter sviluppare il proprio potenziale da giocatore e proseguire la crescita verso uno step successivo. Un posto tranquillo, senza troppe alternative e distrazioni, utile anche ad attenuare le fisiologiche inziali difficoltà d’adattamento in un ambiente nuovo, in cui Leo e Francesco si sono ritrovati spesso, soprattutto la sera dopo gli allenamenti, a guardare ed analizzare in tv partite e giocatori di ogni livello: “Il riposo pomeridiano è sacro – confermano entrambi – ma per il resto che fosse NBA, Eurolega o qualunque altra competizione, ci siamo soffermati spesso a vedere partite insieme, commentarle e studiare anche singoli movimenti dei giocatori più forti”. Un’avventura ricca di aspetti positivi che ha permesso di affrontare col sorriso anche qualche immancabile contrattempo domestico, come ad esempio il funzionamento della lavatrice, accessorio basilare nella vita quotidiana di due giovani atleti alla prima vera esperienza lontano dalle famiglie: "Ci abbiamo messo due mesi e mezzo a farla partire, ma ce l’abbiamo fatta – sorridono – all’inizio utilizzavamo solo l’ammorbidente senza detersivo, ma poi abbiamo capito che ci mancava un pezzo…”.
"Qualunque sia il risultato, che tu sia giocando bene o male, non ci sarà mai nessuno che verrà a metterti pressione o criticare – riprende l’ex giocatore della Virtus Padova – nella prima stagione, infatti, abbiamo perso anche dieci partite consecutive, ma il palazzetto è rimasto sempre pieno ed i nostri tifosi subito pronti piuttosto ad incoraggiarci”. Il resto lo ha fatto un coach – assieme al presidente Micalich – capace di costruire un percorso su misura per gli atleti più giovani, nel quale ognuno debba sentirsi libero e pronto ad assumersi le proprie responsabilità, senza che si faccia attenzione alla carta d’identità: ”Pilla è un allenatore che ti dà fiducia, sa che sei giovane e mette in conto che tu possa sbagliare, ma non ha paura di buttarti nella mischia: questi aspetti fanno di Cividale un ambiente in cui poter competere ad alto livello e continuare a progredire e migliorare anche attraverso gli errori”, conclude Leo. Un aspetto essenziale per “resistere” alle inevitabili sirene americane che giungono puntuali in questa fase di passaggio al mondo dei senior, ma che ha spinto i due amici e compagni a riflettere insieme e poi optare per proseguire in Friuli insieme la loro carriera agonistica: “Ci siamo confrontati molto durante l’anno ed abbiamo convenuto che fosse questo il modo giusto di portare avanti il nostro percorso”.
“Avevamo tante proposte anche dagli Stati Uniti, ma abbiamo scelto di proseguire alla Gesteco per la presenza di coach Pillastrini, per la possibilità di ricoprire un ruolo centrale all’interno di una squadra di altissimo livello (eliminata solo in gara 5 dei quarti da Forlì) – gli fa eco Ferrari – e competere in una categoria che secondo me sta crescendo progressivamente di livello anche per i tanti giocatori che scendono dalla Serie A. Sono tutti aspetti che rendono questo campionato un’esperienza di grande crescita futura con la quale pensare di misurarci nei prossimi 1-2 anni”, prosegue l’ex College Basketball, anche per evitare uno stravolgimento troppo repentino, avendo lasciato Borgomanero per la prima volta appena l’estate scorsa: ”Non mi sentivo pronto ad andare così lontano da casa e al di fuori della mia comfort zone – ammette sincero Ferrari – pur sapendo che anche sotto l’aspetto economico la proposta avrebbe avuto tutt’altra valenza nell’immediato, ma non la considero una priorità a 20 anni. So che consolidarmi a salire gradualmente di livello mi permetterebbe, a patto di raggiungere risultati significativi, di poter ottenere in futuro una gratificazione anche sotto questo aspetto”. Nella piena e reciproca consapevolezza di come la prossima stagione sia quella in cui entrambi saranno chiamati a fornire ulteriori risposte e conferme nelle stagioni successive a quelle degli esordi in A2: “Sappiamo di dover alzare l’asticella e che progressivamente le aspettative esterne ovviamente aumentano – annuisce Leo – ma noi siamo consci di dover continuare a lavorare con costanza per confermare quanto fatto e che questa sia la sola strada per poter salire di livello e ambire anche in futuro a palcoscenici ambiziosi”.
Idee chiare per due ventenni già maturi, ma che continuano, anche grazie all’imprescindibile supporto delle famiglie, a non voler bruciare le tappe all’interno di un percorso che li ha visti salire una categoria per volta, anche senza essere per forza partiti, soprattutto nel caso di Marangon (vivaio Pallacanestro Vigodarzere), da settori giovanili di primissimo piano nel panorama cestistico nazionale: “Ho iniziato a giocare seguendo le orme di mio cugino Pietro, che era l’unico cestista in famiglia, ma mia mamma e mia sorella sono le mie prime tifose. La possibilità, dopo il Covid, di continuarmi ad allenare con la Virtus Padova ed il successivo step intermedio in B Nazionale (con l’esordio in quintetto a Monfalcone a poco più di 15 anni) sono stati dei passaggi fondamentali per la mia crescita, senza i quali l’andamento sarebbe stato differente – conferma Leo – e non avrei acquisito la consapevolezza di come sia un gioco in cui ovviamente doverci continuare a divertire, ma in cui allo stesso tempo non poter più “scherzare”. La Serie A2 è una dimensione seria, nella quale vogliamo consolidarci e dimostrare di essere diventanti solidi e costanti nel rendimento, senza il rischio di aver precorso troppo repentinamente i tempi”.
Figlio di due atleti, nipote del fondatore della società da cui si è poi originata College Basketball, per Francesco e i suoi fratelli (a Cividale quest’anno ci sarà anche Alessandro, classe 2003) – il basket è stato sin da subito una questione di famiglia, da quando prima si tifava per papà “Mine”, ex bandiera di Vigevano e ora dg di College, e poi si poteva scendere a giocare sul parquet, una volta suonata la sirena. Un amore a prima vista, cresciuto col passare degli anni di pari passo all’ascesa di un club divenuto un punto di riferimento sul palcoscenico giovanile italiano. Basti pensare, oltre al terzo posto nell’Under 19 e la piazza d’onore dopo la sconfitta in finale con Milano nell’Under 15, che erano ben sette (Ferrari, Osasuyi, Bazan, Trucchetti, D’Amelio, Piccirilli, Zanetti) gli Under 20 presenti in questo raduno ad aver vestito nel passato più o meno recente la canotta piemontese: ”Abbiamo capito sin da subito, con i miei fratelli, quanto ci piacesse questo sport e farlo nella città in cui siamo nati e nella società in cui siamo cresciuti ha avuto senza dubbio un sapore speciale, perché la società è prima di tutto una seconda casa, dove si allestisce il maxischermo per guardare le partite delle Finali Nazionali e si gioca sapendo di godere del supporto non solo dei nostri parenti, ma anche delle famiglie e dei nostri compagni più giovani, quindi a loro auguro di percorrere la nostra stessa strada, pronti a seguirli e sostenerli sempre”, commenta Ferrari a proposito della sua trafila giovanile, sfociata in uno svezzamento passato da due campionati di B Nazionale (10 e quasi 13 minuti di media), prima di esplodere in B interregionale nella stagione 2023/24 chiusa a quasi 19 punti di media: “Dopo aver assaggiato la B Nazionale, l’anno successivo ho potuto misurarmi con tante responsabilità in un campionato che si sta presentando sempre più come una lega di sviluppo nella quale tanti club di Serie A (come l’Olimpia Milano con Oleggio e Derthona con il progetto LAB) si stanno inserendo con una seconda squadra utile a far giocare i giovani, ma affrontare tanti avversari più esperti, ci ha permesso di misurare anche il livello fisico del campionato e comprendere su cosa dover lavorare e migliorare per poter essere più pronti anche in A2”, ha proseguito un atleta diventato celebre anche per una prestazione da 66 punti segnati nell’ultimo anno giovanile.
Un campionato, quello di Serie A2, che anche lo staff tecnico della Nazionale maggiore ha da sempre dimostrato di tenere sotto grande osservazione e che per i due amici e compagni è valso, grazie alle prestazioni maturate sul parquet, la chiamata non solo per il Green Team (una selezione di sviluppo dei giovani più interessanti in prospettiva Azzurra), ma anche e soprattutto per partecipare due settimane al ritiro senior di Folgaria: “Già la Nazionale giovanile è un’esperienza emozionante che non tutti hanno la fortuna di vivere, ma essere in ritiro con la senior è stato qualcosa di ancor più incredibile, in un ambiente completamente diverso dal settore giovanile e nel quale si respira davvero l’aria del professionismo – prosegue Ferrari, che dopo il ritiro trentino ha ricevuto una seconda chiamata anche per Il match di Reggio Calabria, pur senza debuttare – è stato come passare in un attimo da vedere questi giocatori in tv quando sei piccolo, a poterti allenare insieme e condividere con loro una serie di altri momenti della giornata anche fuori dal campo. Siamo tornati da quei dodici giorni arricchiti di tanti aspetti, ma soprattutto sapendo adesso ancor di più cosa servirà per poterci tornare, con responsabilità maggiori, in futuro e spero che accada il prima possibile”.
Una dimensione nuova che ha permesso di scoprire e toccare con mano anche l’aspetto umano dei giocatori azzurri più rappresentativi: “Li abbiamo sempre considerati come se avessero una sorta di “aura”, eppure ciò che mi ha colpito di più è stata la loro routine, le loro abitudini, una normalità che si percepisce solo nel tempo che abbiamo avuto l’opportunità di trascorrere con loro, che sia a tavola o negli altri spazi delle giornate di raduno”, aggiunge Marangon, per il quale Gallinari ha da sempre rappresentato l’idolo sin dall’infanzia e Petrucelli un esempio per la voglia di difendere e combattere.
Una Nazionale nella quale, insieme a tanti compagni d’avventura vecchi e nuovi, Francesco e Leo si apprestano a vivere l’ultima competizione internazionale giovanile, una “last dance” sulla quale entrambi di certo sanno di voler lasciare il segno, anche grazie alla positiva eco innescata dal bronzo della Nazionale femminile conquistato in Grecia: ”Oltre ad essermi venute a trovare durante il raduno e torneo di Domegge, mia mamma e mia sorella si sono appassionate a tal punto che hanno iniziato a mandarmi le foto nel mentre seguivano in diretta le partite dell’Europeo femminile – sorride Marangon – sappiamo che per noi è l’ultima possibilità, ovviamente con l’augurio che in futuro possa accadere con la Nazionale maggiore, ma nel frattempo stiamo lavorando davvero bene, con un gruppo unito e consolidatosi attraverso le esperienze passate: siamo felici di vivere questa esperienza, consci di avere voglia e la possibilità di far bene e che tutto dipende da noi”.
"Arriviamo da due anni di fila in cui una sconfitta ci ha condannati a giocare la fase di consolazione (poi vinta e chiusa in entrambi i casi al nono posto) che ci facesse restare nel gruppo A, quindi mi farebbe davvero tanta rabbia se accadesse di nuovo – incalza l’amico e compagno – anche perché siamo qui da tre settimane e stiamo lavorando con tanta ambizione e serietà, come giusto che sia. Vogliamo almeno un posto tra le prime otto come obiettivo primario, ma soprattutto giocarcela con tutti e, come dice sempre coach Rossi, non avere mai rimpianti”.