Rivelazioni, retroscena e colpe: così Zeljko Obradovic dice addio al Partizan Belgrado

02.12.2025 21:33 di  Iacopo De Santis  Twitter:    vedi letture
Rivelazioni, retroscena e colpe: così Zeljko Obradovic dice addio al Partizan Belgrado
© foto di ABA League/D. Stjepanovic

L’attesissimo intervento pubblico dopo le dimissioni dal Partizan Belgrado di Željko Obradović, il coach più vincente nella storia del basket europeo, è finalmente arrivato. In un’intervista rilasciata a Zona Press, l’allenatore ha affrontato ogni dettaglio dei giorni tumultuosi legati alla sua decisione di dimettersi dalla guida del Partizan Belgrado, ribadendo con forza che non tornerà indietro: una scelta sofferta ma definitiva. Obradović ha aperto il suo messaggio con parole cariche di emozione:
Ho preso una decisione che è stata estremamente difficile per me: mi sono assunto la responsabilità per tutto ciò che è andato male in questa stagione e, naturalmente, sono rimasto fedele a questa decisione. Ho ricevuto innumerevoli messaggi ed è proprio per questo che vi parlo oggi, perché me lo avete chiesto, per chiarire tutto. La decisione è stata davvero difficile, e su ciò che è accaduto dopo non potevo avere alcuna influenza. Mi è molto difficile ricordare tutto ciò che abbiamo vissuto insieme con il Partizan. Abbiamo scritto una storia che difficilmente potrà essere ripetuta, ma questo dipende esclusivamente da voi, tifosi del Partizan, che avete creato un’atmosfera riconosciuta in tutto il mondo. Voi siete la più grande forza del Partizan. Anche in famiglia, quando accade qualcosa, è meglio che resti in famiglia”.

Le dimissioni, l’incontro con la società e la reazione dei tifosi
Obradović ha poi ricostruito in dettaglio come è maturata la sua decisione di lasciare la panchina:
“Mercoledì, quando ho rilasciato il comunicato, e tutto ciò che ho detto in quel comunicato, lo confermo. Martedì sera, dopo una partita molto difficile per me, ho detto allo staff tecnico che avrei preso una decisione che ritenevo giusta per il club e per la squadra. Questa decisione l’ho comunicata la mattina seguente al presidente, che ha capito le mie ragioni. Mi ha detto che mi aveva visto durante la partita e aveva capito che era l’unica cosa che potessi fare. Abbiamo concordato che sarei stato io a rivolgermi al pubblico, non il club, ma le informazioni girano e controllarle è difficile. Quando me ne sono reso conto, mi sono rivolto subito ai tifosi. Il presidente mi ha chiesto soltanto di aggiungere alla lettera che si trattava di dimissioni irrevocabili, perché per lui sarebbe stato più facile presentarsi così ai tifosi, e io ho accettato, sapendo che era una decisione in cui credevo”.

Giorni difficili in cui l’allenatore ha vissuto momenti di grande emotività:
“Non avevo più forza dentro di me. Ho dato tutto quello che potevo e vi prego di non biasimarmi. È stata una decisione estremamente stressante e probabilmente il momento più difficile della mia vita è stato quando mi avete aspettato e quando mi ha aspettato la mia bambina, che mi accoglie ogni volta che arriva all’Arena. Le emozioni che ho provato allora non le avevo mai sentite. Sono tornato a casa, mi sono sdraiato e per un’ora ho guardato il soffitto… non ce la facevo. Non volevo che tutto questo accadesse, ma i tifosi hanno deciso di provare a fare qualcosa”.

Poi, la sorpresa:
“Ho ricevuto un messaggio dal presidente del club che mi diceva che il Consiglio direttivo non aveva accettato le mie dimissioni. Mi ha invitato al club e naturalmente ho accettato. Durante la riunione tutti hanno ribadito di non voler accettare le mie dimissioni. Ho detto che rimanevo fedele alla mia decisione e ho chiesto al presidente cosa fosse cambiato in 24 ore rispetto a quando aveva accettato la mia scelta”.

La risposta del presidente, racconta Obradović, è stata chiara:
“È cambiata la reazione dei tifosi. Ma nonostante questo, io avevo già deciso. È una decisione ponderata, e la sostengo completamente. Chiedo ai tifosi unità: di sostenere la squadra e tutti nel club. Questa situazione non è normale e non è positiva. La responsabilità ricade sul presidente Ostoja Mijailović, e gliel’ho detto. Mi hanno chiamato persone che hanno lasciato l’assemblea, e nemmeno quello era positivo. Non vogliamo arrivare a una situazione in cui l’Eurolega ci penalizzi. Abbiamo riportato il Partizan in Eurolega, nessuno può togliercelo: era il mio sogno”.

Retroscena estivi, problemi interni e relazioni incrinate
Nella parte finale dell’intervista, Obradović ha parlato apertamente dei problemi strutturali vissuti dal club negli ultimi mesi:
“È la prima volta che parlo di tutto questo, ma lo faccio per voi. Alcune cose non erano normali nel funzionamento del club. Il direttore sportivo Zoran Savić non aveva un contratto durante il periodo di mercato. Sono rimasto sorpreso quando ho saputo che Brandon Davies sarebbe andato via e che Osetkovski avrebbe firmato, nonostante avessi detto al presidente che non era il giocatore adatto a noi in quel momento. Mi è stato detto che era già firmato. Osetkovski non è stata una mia scelta, anche se lui si è comportato come un professionista esemplare”.

Sull’infruttuosa tournée australiana:
“Ho sostenuto l’idea del club, ma lì i giocatori si sono infortunati. Giocavamo con un solo lungo. In quel momento ho detto chiaramente che Zoran non poteva continuare a lavorare senza contratto. Ho chiesto una nuova ‘5’ prima dell’inizio della stagione, ho pregato di trattenere Isaiah Mike, ma non è stato possibile. Alla fine è arrivato Bruno, ma per firmarlo abbiamo dovuto tagliare Frank Ntilikina. Poi si sono infortunati anche Shake e Karlik… una situazione difficilissima per me come allenatore”.

Il coach ha poi rivelato tensioni anche su questioni logistiche ed economiche:
“Per la trasferta di Eurolega a Dubai ho chiesto un charter, e mi è stato risposto che il club non aveva soldi... non ha molto senso. Ho chiesto almeno la business class per i giocatori, mi è stato detto che non c'era, e poi siamo saliti su un aereo che aveva la business class. Ne ho parlato in conferenza stampa e il presidente mi ha scritto in modo sarcastico dicendo ‘grazie del supporto’. Lo chiamai subito, ma non mi ha mai risposto. Da quel momento non abbiamo più avuto alcun rapporto”.

Infine, un’amara considerazione generale:
“Nel Partizan ho dovuto occuparmi di molte cose che non riguardavano il campo. In qualsiasi altro club me ne sarei andato molto prima, ma non potevo farlo qui perché il Partizan è il mio più grande amore. Tutto ciò mi ha consumato energia, quella che dovevo dedicare ai giocatori. Per questo vi parlo oggi: perché le storie finiscano una volta per tutte”.