Virtus Bologna, Arrigoni svela le regole per costruire una squadra vera

Virtus Bologna, Arrigoni svela le regole per costruire una squadra vera

Ventuno anni a Cantù, di cui gli ultimi sei da direttore sportivo in un crescendo di risultati ed emozioni a dispetto della crisi economica che attanaglia tanti club in Italia ed in Europa. Bruno Arrigoni è passato in estate alla scrivania della Virtus Bologna per cercare di riaccendere l’entusiasmo di una piazza storica dopo diverse stagioni vissute al di sotto delle aspettative. La squadra bianconera divide al momento il primato in classifica con Cremona e Roma, ed il diesse ne svela qualche segreto a Tuttosport.

 

«Si partiva dall'idea di passare ai 3+4 stranieri anziché 5 Usa e 5 italiani, dunque s'è rinunciato a Gigli per questioni economiche e a Poeta. Ma abbiamo tenuto i nostri 3 ragazzi, tutti Under 20 e pure gli altri alle loro spalle. La speranza, è che in un paio d'anni facciano il salto di grado. Per il resto io ho alcuni pallini, certo condivisi dal club: la posizione di centro deve essere divisa da due n. 5, senza troppe gerarchie. Significa avere 10 falli da spendere e intensità costan te, un'alternativa vera. E voglio uno molto forte dalla panchina. Ma un europeo costa troppo, bisogna cercare tra Usa con passaporti. Trovato Dwight Hardy, ragazzo super e ottimo giocatore, per quanto piccolo, abbiamo potuto mettere un giocatore esperto di qualità come Walsh. Da n. 4 c'è l'australiano Motum, che salta poco, è atipico. Non è che io voglia sempre tipi alla Stonerook e Leunen, però è vero che mi interessa la solidità e il tiro».

 

La Virtus ed i “Cotonou”: «È la nuova frontiera, noi dirigenti abbiamo dovuto allargare gli orizzonti. Ci sono un sacco di lunghi e di giocatori interessanti tra africani e caraibici. Guardate quanti ne sono arrivati: Samuels, il nostro Jerome Jordan (st. Vincent). Se segui i campionati africani e panamericani cogli il talento»

 

Gli Italiani: «La mia idea è che forse 7 stranieri siano troppi, eppure 6 non si può fare. Le riserve indiane, non hanno senso. E un italiano sempre in rampo è una bestemmia tecnica, condiziona i cambi. Abbiamo giovani interessanti e ora ci sono 2 campionati per farli crescere. Per dire: Iannuzzi ne ha fatti 20 in Silver, Amato matura a Casale, al 2° anno dopo le giovanili a Milano. Non serve il posto garantito, ma lavoro e giuste opportunità. Gli stranieri in campo tutelano la crescita dei giovani, se questi sono responsabilizzati».

 

Da Cantù a Bologna: «A Cantù era una famiglia, prima Corrado papà, poi la signora Cremascoli sorella maggiore. Qui è tutto definito per ruoli e chi gestisce non si vede. C'è un vissuto importante e piuttosto recente che I bisogna rispettare. Per nostra fortuna, l'anno scorso è andata male. Io spero nei playoff, ma non posso prevedere».