LBA - Veronica Bartoli, Lady del basket: "Sogno di vincere lo scudetto con Reggio"

La chiami "Lady del Basket" italiano e cerca di nascondere il rossore dietro un sorriso. Ma è così. Fino all'anno scorso erano soltanto due le donne alla guida di squadre di pallacanestro ("l'altra, di Brescia, ha molta più esperienza di me però... "), ma ora in un ruolo così importante è rimasta solo lei. E Veronica Bartoli, 46 anni da Reggio Emilia, ha scelto di farlo proprio nel momento della sua vita in cui voleva prendersi tempo per sé. Quel tempo, invece, ora lo passa ogni santo giorno nella sede della Pallacanestro Reggiana di cui ha preso le redini (assieme agli altri soci) per "senso di gratitudine e responsabilità nei confronti di questa città e del significato che la palla a spicchi ha per la nostra storia". Un tempo che trascorre a cuore spalancato, da vera donna emiliana dall'accento forte e dalle spalle larghe, forgiate dal suo passato di pallavolista; tempo speso a intessere relazioni con i dipendenti e gli altri attori di questo gruppo, certa che soltanto portando empatia nel lavoro "si possano ottenere grandi risultati". Una volta che si apre il cancello della sua villa, immersa nel verde delle campagne che costeggiano il Quaresimo, ci si accorge subito di che cosa significhi vivere immersi nella pace. Ovunque si posi lo sguardo è un inno alla primavera: erbetta verde che farebbe invidia a un green, lavanda, un fico coraggioso ("l'aveva piantato mio nonno, è sopravvissuto alle potature più drastiche ed è ricresciuto anche dopo che si è tentato di estirparlo"), fiori e cespugli di ogni genere. "Ma non sono io che me ne occupo, il pollice verde proprio non ce l'ho... Tutto merito di mia mamma".
Una casa che appare nuova di zecca, ma che invece si porta dietro tutta la storia di questa grande famiglia.
"Era la casa di mio nonno materno, Ettore Colonna, un dentista. Quando abbiamo deciso di venire a vivere qui, una decina di anni fa, era completamente diversa. L'abbiamo ristrutturata e ora abitiamo tutti assieme: mia mamma nella casa a fianco, mia sorella ancora più in là". Può essere soffocante. "Certo. E ci sono discussioni, come in ogni famiglia, ma alla fine la do sempre vinta a mia mamma. E va bene così". Bartoli, facciamo un passo indietro. Chi glielo ha fatto fare? "Alessandro Dalla Salda (cugino della mia compagna di banco del liceo) mi conosce da una vita e appena ha saputo che avevamo venduto l'azienda (la I.C.E., Industria Chimica Emiliana, ndr) due anni fa mi ha proposto di diventare presidente. Ovviamente mi sono presa qualche tempo per parlarne con mio padre e decidere. Ma è stata mia figlia a spronarmi: 'Mamma, se non lo fai tu che sei così appassionata di sport... '. E aveva ragione. Così mi sono lanciata". Il passato da sportiva avrà avuto il suo peso. "Sono letteralmente cresciuta in mezzo allo sport: il mio grande amore è stata la pallavolo. Ma ho giocato a calcetto, tennis, mi piace sciare, camminare in montagna. Credo davvero che tutti gli sport siano belli e ho cercato di trasmettere ai miei figli questi valori che ho imparato dalla vita. A 18 anni ho avuto un bruttissimo infortunio, mi hanno detto che avrei potuto perdere parte della gamba. Ho subito diverse operazioni al ginocchio, processioni alle camere iperbariche. Mi avevano detto che non avrei più potuto giocare. E invece io mi sono rialzata e ho continuato a scendere in campo fino ai 38 anni".
C'è chi la definirebbe una tosta. È così? "Bisogna affrontare di petto le difficoltà. L'ho sempre pensato. È anche questo che vorrei trasmettere ai giovani: credo nel gruppo, negli sport di squadra. Il settore giovanile è un mio pallino e ci investo molto". Tutti sportivi in famiglia? "In realtà mia sorella minore ha passioni completamente diverse: lei ama la campagna, l'agricoltura. Adesso gestisce il Borgo di Riverzana e produce farro, farina. Se entriamo vi mostro le etichette". La casa è inondata dalla luce che entra da ogni vetrata. La grande cucina viola affaccia su un'altra porzione di giardino. "Si capisce che mi piacciono i colori?", scherza. "Anche questo è stato il mio regno durante la pandemia: come tutti ho iniziato a impastare, a fare la pizza, la pasta. Quando dicevo che due anni fa, uscita dall'azienda, volevo prendermi del tempo per me intendevo anche questo: cucinare, viaggiare, andare in palestra. Poi com'è noto la vita ha preso altre direzioni". Imprenditrice, mamma, manager sportiva. Qual è la formula per combinare tutto? "Prima di tutto, e lo dico sempre, io sono una madre. Una vera mamma italiana. Mia figlia Valentina ha 21 anni: io ne avevo 25 quando è nata e da allora ho avuto subito ben chiaro che cosa dovessi fare. Poi è arrivato Filippo, che ora ne ha 14. E la convinzione si è rafforzata". È la scelta di fronte alla quale sempre più spesso si devono mettere le donne: famiglia o carriera? "Certo, io ho avuto la fortuna di lavorare in un'azienda di famiglia in cui potevo fare un part-time: la mattina al lavoro e il pomeriggio l'educazione dei figli. Ma tornando indietro lo farei altre mille volte. Con la consapevolezza però che ancora c'è un grande maschilismo latente: l'uomo che hai di fronte non capisce: per lui rinunci a fare impresa. Punto e basta. Anche in questo devi farti rispettare". Si è mai sentita privilegiata? "No. Siamo partiti con un'azienda con 15 dipendenti e io ho sempre lavorato. Dopo il liceo classico sognavo di fare l'Isef e insegnare ginnastica, ma invece ho fatto Economia Aziendale. E poi subito in azienda a fare gavetta. Facevo tutto quello di cui c'era bisogno: andavo a prendere l'acqua per i clienti, le fotocopie, ho fatto la fattorina, le fatture. Nessun privilegio".
Sotto il balconcino della cucina c'è un canestro: "Quello lo usa mio figlio, è un play della Jolly. Il mio ruolo preferito... " Da dove arriva la sua passione per il basket? "Seguo la squadra con mio papà dal tempo delle Cantine Riunite. Mi portava al palazzetto ed erano i nostri momenti papà-figlia. Non posso dimenticarli. Quindi la mia è stata anche una scelta di cuore". Si è lanciata in questa avventura nel pieno di una pandemia. Un anno che nessuno dimenticherà. Ha avuto coraggio. "È un mondo impegnativo, non ne avevo idea. Ma sono un'ottimista di base, cerco di affrontare i problemi in modo sereno: mi sono buttata e il bilancio è positivo. Ho affrontato questo impegno nel mio solito modo, come facevo in azienda: vado ogni giorno in sede, ci tengo a costruire un rapporto con le persone. Con alcuni sono già nate delle belle amicizie. È stata un'annata difficile, è indubbio. Ci sono stati momenti di sconforto. Ma credo che, come in ogni ambito, si debba avere una strada". E dove la porta la sua? Ha un sogno? "Nel basket? Be', penso sia quello di tutti: lo scudetto. Ma ci vogliono investimenti molto importanti che al momento non possiamo fare. Ma la mia intenzione è quella di restare a lungo eh... La nostra priorità ora è dare solidità, ritrovare identità, soprattutto dopo un anno in cui si è giocato nei palazzetti vuoti, dove si sentiva solo l'eco del pallone. La presenza dei tifosi ci è mancata moltissimo". Crede che una presenza femminile, in questo mondo di uomini, possa essere un valore aggiunto? "Io spero che la mia presenza possa essere positiva. Il resto dovrebbe chiederlo agli altri... Ma di certo credo nelle donne e nella loro capacità di saper gestire tante cose assieme. Sono entrata in punta di piedi. Poi essendo donna, prima di entrare negli spogliatoio devo farmi annunciare eh... Già poter avere un rapporto con i giocatori, parlargli, poterli spronare per me è un'emozione. Non dimentichiamoci che resto la prima tifosa". Ha un motto? "Sì: una passione può far volare".
Benedetta Salsi
Il Resto del Carlino - via legabasket.it