Scottie Reynolds, il gentleman del sud

Intervista esclusiva al play dell'Enel basket Brindisi
15.02.2016 14:58 di  Dario Recchia   vedi letture
Scottie Reynolds, il gentleman del sud

Quando, nel corso dell’estate 2012, Brindisi ingaggio’ Scottie Reynolds in città gli amanti della palla a spicchi targata stelle e strisce fecero un balzo sulla sedia. Arrivava in puglia il giocatore che , con l’Università di Villanova, aveva portato la sua squadra alle finali del 2009. Un giocatore come pochi capace di segnare da ogni dove e di dispensare assist con irrisoria facilità tanto da diventare, l’anno successivo,  All AmericaN e  potersi fregiare, per la prima volta nella storia dell’Università, di questo titolo cosi prestigioso. Si dichiara al draft NBA ma  non riesce ad  entrare nei professionisti e questo un po’ lo segna. Lui, dato in adozione ad una famiglia  , vive e cresce in Alabama con altri 5  fratelli e grazie al basket riesce a riscattarsi per un  infanzia non felicissima. Come tutti gli abitanti del caldo sud USA parla con voce bassa, calmo, quasi timido. Racconta di se, del suo periodo universitario, delle sue esperienze europee e della sua passione per il wrestling, il motocross e gli sport con le moto d’acqua. Ama il risotto e gli gnocchi con il ragu’ e vive bene nella cittadina pugliese perché per il suo calore, il suo clima e l’affetto della gente gli ricorda molto la sua terra d’origine.

Scottie iniziamo dalla stagione 2012/13. Arrivi a Brindisi ed il talento si vede subito. Poi pero’ un campionato tra alti e bassi. Che ricordo hai di quella stagione?

Ho un buon ricordo di quella stagione. C’era un buon feeling con i compagni e con le rispettive famiglie anche fuori dal campo. Mi sono trovato bene e sono ancora in contatto con alcuni compagni di quella stagione.

Quest’estate poi il ritorno a Brindisi dopo alcune esperienze in Europa. Cosa ti ha spinto ad accettare la proposta della società del Presidente Marino?

Essere stato bene 3 anni fa ha sicuramente influito. Una società sana, un Presidente straordinario, una bella città ed il buon rapporto con coach Bucchi hanno fatto la differenza. E, non per ultimo, il clima molto caldo come i miei luoghi d’infanzia dopo aver giocato in posti freddi come la polonia e la russia.

Un campionato, questo, iniziato alla grande sino all’infortunio a Sassari e poi tante settimane out. Ora come stai?

Questa stagione è piu’ frustrante per me per via di questo infortunio che è il primo della mia carriera oltretutto. Mi dispiace aver dovuto fare i conti con questo problema. Da una parte il dover capire il mio corpo, dall’altra la giusta esigenza del club nel volermi vedere subito in campo. Capisco che si possono creare incomprensioni anche con i tifosi ma è umiliante quando non riesci a giocare come vorresti per via di questo problema. Non è stato facile ed anche ora non sono al 100 % ma voglio e do sempre il massimo.

Dopo la sconfitta di Bologna e prima di rientrare negli spogliatoi hai chiamato a raccolta i tuoi compagni. Qualcosa è cambiato nella testa di tutti voi da allora?

Era una cosa che bisognava fare per ridare unità al gruppo ed alla squadra dopo quel tipo di sconfitta. Una stagione è fatta di alti e di bassi, bisogna pero’ sempre trovare la forza dentro di noi per uscire dai momenti di difficoltà ed il nostro gruppo sa che puo’ farlo e lo sta già dimostrando.

La tua maniera di interpretare il playmaking si puo’ associare a quella di un musicista jazz che suona un disco. La libertà di essere creativi all’interno di regole ben definite. Da dove nasce questo stile e dove lo hai sviluppato?

Nel tempo ho cambiato il mio modo di giocare. A Villanova mi veniva chiesto di segnare. Poi grazie a Rajon Rondo (uno dei migliori play della NBA ndr) ho iniziato ad essere piu’ creativo mentre Steve Nash (tra i piu intelligenti giocatori USA ndr) mi ha insegnato a far muovere la palla nel campo esaltando la mia creatività. Ecco perché oggi gioco in questo modo.

Sei stato una star a Villanova ed un All AmericaN, dopo l’infelice esperienza nel Draft NBA sei venuto in Europa. Dove si trova la forza per superare questo tipo di delusione, ti senti in pace con le scelte fatte o avresti preferito che le cose fossero andate in un altro modo?

All’epoca ero deluso per non essere approdato nell’NBA. Avevo attorno a me un team che mi supportava e tanti di quelle persone ora sono li. La mia delusione è anche per aver deluso tutti loro. Poi pero’ ho deciso di guardare avanti e la mia attitudine è quella di guadagnarmi credito attraverso le cose che faccio senza pensare piu’ all’NBA .Un giorno mi piacerebbe essere ricordato non perché sarei potuto diventare un giocatore dell’NBA ma perché quando si farà il mio nome i miei compagni potranno dire: Scottie Reynolds? Un ragazzo che avevo molto rispetto dei suoi compagni.

Ultima domanda: da oggi in avanti si giocano le partite piu’ importanti della stagione. Cosa credi di poter promettere ai tifosi?

Sicuramente faremo i play off. Per farlo bisogna avere lo stesso atteggiamento sia quando si gioca contro squadre blasonate e forti come Milano sia quando si gioca con chiunque altra formazione. Solo se considereremo tutte le partite come delle finali allora potremo raggiungere i traguardi sperati.

Reynolds divide, ad oggi, i tifosi tra chi lo ritiene un fuoriclasse straordinario e chi, viceversa, un giocatore a volte discontinuo e perdente. L’impressione , viceversa, è di una persona riservata e rispettosa del suo lavoro. Come gli abitanti di quel posto  negli States dove ha vissuto da piccolo. Quei luoghi dove, tra qualche mese, vorrà andare a risposarsi un po’ dopo aver, magari, regalato ai tifosi brindisini ed al suo Presidente, gli agognati play off dopo una stagione a tratti tribolata e piena di insidie. Perché lo sport è fatto di momenti esaltanti e di momenti di difficoltà. Ma raccontano ogni giorno la storia di uomini lontani da casa e dai propri affetti che provano a vivere la loro di vita. Con le giuste ansie, le emozioni e le soddisfazioni che solo lo sport sa regalare. Storie semplici, a volte meno, destini che si incrociano  tra culture e modi di essere propri dell’animo umano. Ma con la consapevolezza  comune di esaltarsi davanti ad una vittoria e di deprimersi per una sconfitta. Perché questo è il basket, lo sport che tende verso l’alto e dove il rispetto te lo devi sudare sul campo, giorno dopo  giorno.

 

Photo by Vincenzo TASCO