Martina Mosetti: una triestina al Boston College

Fonte: marco federici - il piccolo
Martina Mosetti: una triestina al Boston College

L’anno trascorso al Boston College grazie a una borsa di studio è stato molto positivo. Se poi potrà fruttarle anche la convocazione in nazionale all’Europeo Under 20 di luglio, Martina Mosetti avrà aggiunto un ulteriore tassello al suo già importante curriculum. La cestista classe ’95 si trova ora nella sua Trieste (in attesa del raduno con l’U20 a Ragusa), dove ha giocato fino al 2012 in serie B con la Sgt in prestito dal Futurosa. Dopo il biennio alla Sgt, Mosetti è stata ceduta alla pluridecorata Famila Schio, società in cui ha assaggiato l’A1, giocando però da protagonista nel team satellite di Sarcedo dell’allora A3. Un anno fa è spuntata l’opportunità del College Usa e Martina l’ha sfruttata bene, come rivelano le cifre del torneo Ncaa. Oltre 20’ a gara di media (e 4.4 punti segnati in una squadra che ha sfiorato il 50% di vittorie stagionali) non sono niente male per una matricola e la stessa playmaker se n’è detta compiaciuta.

Quale impronta ha lasciato questo primo anno al College, dentro e fuori dal campo?
Mi sento arricchita nella professionalità e nei rapporti tra atlete e coach. Ci allenavamo quasi ogni giorno, con due gare a settimana, trasferte aeree comprese nei momenti più intensi del campionato. Inoltre, sapendo di rappresentare da sola l’Italia, ho badato sempre a mantenere un buon comportamento. La vita al College, poi, è stata bellissima: un vero mosaico di culture.

Ha dovuto superare difficoltà, almeno in principio?
Inizialmente qualche problema con la lingua c’è stato, faticavo a capire soprattutto nello stress delle partite, mentre negli allenamenti è stato tutto più facile. Poi ho conosciuto un diverso tipo di avvicinamento alle gare, con il riscaldamento che inizia cinque ore prima del match e prevede, oltre al ripasso degli schemi, anche il pranzo insieme. A livello tecnico, da gennaio abbiamo affrontato la più competitiva Acc Conference, con squadre di qualità e fisicità elevate: qualche stoppata l’ho dovuta subire…

Oltre a dover imparare, però, avrà anche esportato qualcosa di suo, del basket appreso in Italia…
Sì, in relazione alle letture di gioco e alla duttilità. All’inizio funzionava bene il “passo e tiro” e giocavo più d’astuzia, poi ho cominciato anche ad essere più effective, come dicono in America.

L’estate scorsa, il raduno con l’Italia Under 20 non sfociò nella chiamata all’Europeo. Ora pensa di avere maggiori chances?
Questo per me è l’ultimo anno nelle categorie Under: o la va o la spacca. A ogni modo, mi sento molto più determinata dopo il 2014, in cui fui l’ultima ad essere scartata.

Ha già pensato al dopo College?
Penso ad affrontare un anno alla volta. Per ora sono concentrata sul portare l’esperienza fatta negli Usa in azzurro e, da lì, vorrei servirmi di ciò che avrò fatto con la nazionale in vista del mio anno da sophomore a Boston.