Davide Pessina ricorda gli anni della grande Auxilium Torino

Nel 1984, per un ragazzino valdostano che sognava la serie A, Torino era la prima scelta. La società, guidata da De Stefano prima e da Petazzi poi, era solida e il settore giovanile, affidato a un maestro come Federico Danna, era tra i migliori in Italia. Negli anni erano arrivati Brumatti, Caglieris, Vecchiato, Sacchetti che, uniti a prodotti del vivaio come Della Valle, Morandotti, Vidili e più tardi Abbio, avevano fatto fare il salto di qualità alla squadra. Con americani come Scott May, Mike Bantom o Dan Roundfield e uno straordinario allenatore come Dido Guer- rieri, Torino arrivò tra le prime tre o quattro del nostro campionato. E la città, solitamente freddina, si accorse della sua squadra di basket. il Ruffini Ai playoff, soprattutto per le sfide contro la grande rivale, la Milano di Peterson, D'Antoni e Meneghin, il Palazzo dello Sport di parco Ruffini si riempiva di tifosi ore prima della partita. Antoine Carr di Milano, accolto con i suoi compagni da bordate di fischi, ancora in borghese, prese un pallone, schiacciò rompendo il tabellone e se ne andò in spogliatoio attraversando il campo. Venne giù il palazzo! L'apice si raggiunse nel 1986 quando, nonostante gli infortuni di Vecchiato e Morandotti, vincemmo la semifinale d'andata al Palalido. Sui mezzi pubblici era meraviglioso, per una volta, sentir parlare non solo di Ju-ve o Toro ma anche della Bertoni. Purtroppo, complice un infortunio che limitò anche May, perdemmo sia gara-2 a Torino che la bella a Milano. In seguito, anche per problemi economici, iniziò il declino, pur con qualche sussulto di entusiasmo con il ritorno di Guerrieri e l'arrivo di Darryl Dawkins. Le Final Eight, per uno che ha vissuto quegli anni, non possono che suscitare emozione e curiosità, nella speranza che sia un primo passo verso il ritorno del grande basket a Torino
Davide Pessina