NBA - Dear mister Adam Silver, con questo All Star Game ci faccia il piacere

NBA - Dear mister Adam Silver, con questo All Star Game ci faccia il piacere

(di Francesco Rivano). Caro Adam Silver, illustrissimo Commissioner della NBA, si, la NBA, la Lega che ritieni essere la più bella del mondo, lo spettacolo migliore che si possa offrire all’interno di un palazzetto dello sport, il campionato che decreta “Campioni del Mondo” i membri della squadra che si aggiudica le Finals di Giugno; sei realmente sicuro di voler offrire al mondo intero un weekend di basket di così basso livello agonistico e sportivo? Sei così certo che il fascino che la lega che dirigi, che ha acquisito negli anni (soprattutto grazie al lavoro del tuo predecessore, l’avvocato Stern) sia tale da far sopportare  ai tanti tifosi appassionati di uno sport così amato e seguito, tre giorni di nulla assoluto, degno del peggior reality che tanto spopolano ai nostri tempi? Sei convinto che le migliaia di dollari necessarie per acquistare un biglietto siano soldi ben spesi? Sei sicuro che i ragazzi che mandi in scena abbiano bisogno di mettersi in ridicolo in uno spettacolo ormai diventato indecoroso e irrispettoso nei confronti della creazione del Professor James Naismith?

Partiamo dal fatto che il passo indietro fatto nel format della partita della domenica è la peggior scelta che si potesse fare. Negli anni precedenti si era trovata la formula per garantire, almeno nell’ultimo quarto, un minimo di competitività: la necessità di dover raggiungere un punteggio stabilito dalla media dei punteggi dei quarti precedenti dava speranza anche alla squadra sotto nel punteggio di poter acciuffare la vittoria finale. E invece no, ieri siamo stati costretti, sempre per chi ha avuto il coraggio di star sveglio a guardare questo scempio, a tre quarti di spazzatura della peggior specie. Almeno nella partite di regular season il garbage time ha sempre messo in mostra il sommerso delle panchine NBA, dando spazio a chi spazio non avrebbe mai, dando vita alle leggende del garbage su cui spesso, penne più autorevoli della mia hanno creato dei veri e propri divi del parquet.

In secondo luogo, che fine ha fatto la tanto osannata creatività del giocatore All Star Nba? Ci siamo ridotti allo scimmiottamento delle grandi gesta del passato. Haliburton, anfitrione di serata nella sua Indianapolis, che nel nulla più assoluto cerca di imitare il più sensazionale passaggio assistito partorito dalla mente di un genio; quel no look di gomito nel rookie challenge del 2000 a Oakland messo in scena dal genio indiscusso di Jason Williams; restando a quella Oakland del 2000 dove sono finiti gli schiacciatori del sabato sera? “It’s Over” nel senso che da lì in poi, fatta eccezione per la parentesi Lavine vs Gordon del 2016, nessuno è stato più in grado di offrire uno spettacolo degno di Vince Carter. Emblematico che a provare a risollevare le sorti di una competizione che, da fiore all’occhiello è diventata ripetitiva e quindi monotona al limite del fastidio, sia un giocatore di GLeague capace di volare e infiammare ancora il pubblico. Anche perché l’unico All Star che ha deciso di partecipare è stato Jaylen Brown la cui massima aspirazione è stata la deplorevole imitazione della blind dunk di Dee Brown del 1991 in quel di Charlotte. Vogliamo parlare della remix di un Luka Doncic stoppato dal ferro? Ma ve la ricordate la remix originale? Vi ricordate di The Big Sleep? Philadelphia 2002, un Tracy Mc Grady in maglia Orlando Magic parte a tutta velocità verso il canestro avversario e in mezzo a cinque avversari si auto assiste al tabellone  per concludere con una schiacciata senza senso.  Mi soffermo giusto un secondo a paragonare il vergognoso tentativo di Anthony Edwards  di emulare Larry Bird nel tentativo di mettere a segno una tripla con la mancina contro i mulini a vento: palo, di nuovo palo, e ferro contro il 10 su 21 di “The Legend” contro i Blazers nel Febbraio del 1986. Ah, e Larry lo fece in regular season, contro una difesa vera.

Non voglio stare ad annoiarvi ricordando il primo All Star Game del 1951 con Ed “ Easy” Macauley MVP o le sfide fra Magic e Bird e nemmeno ricordarvi Iverson, Murbury e Mutombo che ribaltano l’Ovest nei minuti finali nella partita delle stelle del 2001 a Washington D.C. Figuriamoci se scomodo il compianto Kobe che rovina l’ultima partita delle stelle a MJ nel 2003 in Georgia. Caro Adam Silver, nessuno ti chiede di riportare in vita i campioni del passato; è giusto che i giocatori attuali possano esprimersi, emergano e scrivano a loro modo le nuove pagine della storia del gioco, ma per favore fermali prima che sia troppo tardi, stimolali a fornire uno spettacolo degno di questo nome e se proprio non sei in grado di farlo poni fine a questa tradizione. Lascia loro una settimana di svago, di riposo, di respiro lontano dai campi in modo che si possano preparare psicologicamente e fisicamente allo sprint finale, perché  dei tiri da centrocampo di Lillard e del 50ello più inutile di sempre di Towns possiamo farne a meno e francamente di questo schifo ne abbiamo abbastanza.

Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. E da pochi giorni ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro.