Olimpia Milano campione: ko alla Virtus in stile Ali (e con Datome - Rocky)

24.06.2023 11:00 di  Paolo Corio  Twitter:    vedi letture
Olimpia Milano campione: ko alla Virtus in stile Ali (e con Datome - Rocky)
© foto di Savino Paolella

L’Olimpia Milano manda ko la Virtus Bologna al 7° round per 67-55 e vince il 30° titolo di campione d'Italia della sua storia, il 5° dell’era Armani. Dopo gara 2, a dispetto del doppio vantaggio per le Scarpette Rosse, l’impressione era quella di una serie che sarebbe stata lunga, combattuta colpo su colpo proprio come un match di boxe. E se a noi risuonavano nella mente le parole di Marcus Smart, un “fighter” che a Boston sono solo destinati a rimpiangere,  che paragonava ad Ali - Frazier gara 7 tra i Celtics e i Philadelphia 76ers, dopo gara 6 sono arrivate pure le dichiarazioni di Daniel Hackett (“è una questione di forza mentale, siamo come due boxeur che se le suonano”) a confermare che lo scontro tra i due pesi massimi per roster della pallacanestro italiana era proprio simile a un mondiale di pugilato.

L’ingresso di gara 7 al Forum della Virtus Bologna ricorda però non le sfide tra Ali e Frazier, ma l’epica “The rumble in the jungle” contro Foreman a Kinshasa, con il pubblico dell’allora Zaire a tifare quasi all’unisono per “The Greatest”: un frastuono che fa capire alle “V nere” che gli avversari da battere sono due, quello sul parquet e quello sugli spalti, e che rimette in primo piano l’importanza del fattore campo, a lungo trascurato da entrambe le contendenti nel corso della regular season in nome dell’Euroleague. E dopo il primo gong (alias palla a due), ecco l’Olimpia Milano fare quello che meno ti aspetti dopo la débâcle anche fisica di Bologna in gara 6: prendere il centro del ring e metterla subito sull’energia con una serie di schiacciate aperta da Datome (due consecutive) e proseguita da Voigtmann (con il suo unico canestro del match) e quindi da Hines. Il dubbio che possa trattarsi solo di un bluff, cioè di una serie di colpi portati ai fianchi dell’avversario per nascondere una stanchezza di fondo, viene però fugato dai minuti successivi, in cui l’Olimpia inizia a confezionare la sua vittoria nel segno di Ali: danza come una farfalla in difesa, mandando in tilt i giochi della Virtus al punto da far chiudere Belinelli con l’incredibile tabellino di 0 punti in 20’ (0/1 da due, 0/6 da tre) e di lasciare la doppia cifra ai soli Shengelia (13) e Teodosic (10, ma con un solo assist), e continua a pungere come un’ape in attacco, segnando con percentuali non brillanti al pari degli avversari (53,3% da due e 29,6% da tre per Milano, 55% e 25% per Bologna) ma non lasciando mai gli stessi punti di riferimento e monetizzando meglio il fatto del mettere spesso l’avversario alle corde, cioè realizzando un quasi perfetto 11/12 dalla lunetta contro il 9/14 delle “V nere”.

Inoltre, se in entrambe le difese rimane ben visibile la mano dei coach, con quella dell’Olimpia targata Messina che tiene a 34 la Virtus alla terza sirena come nemmeno in certe partite di minors, in attacco predomina una situazione da “fuori i secondi!”, nel senso che più degli schemi (ormai memorizzati dagli uni come dagli altri) valgono le giocate dei singoli. E allora ecco emergere prepotente la prestazione dell’Mvp delle Finals Gigi Datome (16 punti, con 5/7 da due e 2/3 dalla lunga), che per cuore e capacità di andare oltre il limite fisico (e anagrafico) non può che ricordare il miglior Rocky cinematografico (inclusi il dito girato e rimesso a posto senza fiatare con l'aiuto del medico e il cerotto sulla tempia sinistra applicato poco dopo) e certificare i valori coltivati in un’intera carriera e promossi ai più giovani con la storia a fumetti “Il gigante del campetto” (lettura consigliata non solo ai piccoli tifosi dell’Olimpia). E se dopo la sirena finale l’abbiamo visto cantare a squarciagola “i campioni dell’Italia siamo noi” rivolto verso la curva dell’Olimpia, non ci stupiremmo nel venire a sapere che nel sollevare il trofeo (vedi foto dell’ottimo Savino Paolella) abbia anche urlato il celeberrimo “Adriana!”.

Sempre per rimanere nella boxe e sempre in puro stile Ali, sono poi da rimarcare le giocate tutta esperienza di Hines (8 punti, 2 rimbalzi), che i due repentini falli di Melli (4 punti, 7 rimbalzi) mandano anzitempo sul parquet in un rimescolamento di rotazioni che alla fine giova all’Olimpia, e le punture d’ape di Baron (11, con 2/8 da oltre l’arco), che dopo non averci preso per tutto il match trova nell’ultimo quarto una terna di colpi (le triple del 58-47 e del 64-49, quindi i liberi del 67-49) che mandano definitivamente al tappeto una Virtus che nel complesso non riesce mai a farsi valere come dovrebbe e potrebbe. Senza dimenticare gli 8 punti e soprattutto i 6 assist di un Napier comunque meno leader del richiesto e la doppia cifra di un Shields fondamentale per applicazione difensiva ma non eccezionale per precisione al tiro (10 punti tondi, con 2/11 da due e 1/3 da oltre l'arco).

Infine, bello quell’incrociare i guantoni alla fine come due avversari che si rispettano e si stimano. Un gesto da ricordare e da ripetere al di là del risultato, perché anche tra Ali e Frazier non è stata una sfida a senso unico. (Paolo Corio)