EuroLeague - L'Olimpia Milano non si fa sorprendere dall'Asvel (che non è una sorpresa)

22.10.2021 13:00 di  Paolo Corio  Twitter:    vedi letture
EuroLeague - L'Olimpia Milano non si fa sorprendere dall'Asvel (che non è una sorpresa)
© foto di euroleague.net

Simpatici quei tre ragazzi che tornano a casa in metropolitana parlando di basket e impegni universitari dopo aver visto l’Olimpia Milano superare il Maccabi: ci ricordano qualcuno nell’ormai lontanissimo scorso millennio… Poi uno di loro, smanettando sull’immancabile smartphone, esclama un perentorio “C###o! L’Efes s’è fatto battere dall’Asvel”, con gli altri due a scuotere in simultanea la testa. Ci verrebbe da dirgli che forse non è andata proprio così, che la pallacanestro (così come certi studi, certo) insegnano ad affrontare tutto in modo analitico: se una cosa accade, può essere solo merito del caso, ma magari anche di qualcos’altro. E che forse la squadra francese non è proprio una sorpresa. 

Poi, un po’ perché non pare più tempo di confronti generazionali e un po’ per innata timidezza, decidiamo di rimanercene zitti, fingendo di essere immersi nella lettura del libro che abbrevia il nostro di ritorno a casa. Ma ci viene naturale ripensare a quell’episodio notturno quando l’Asvel Villeurbanne chiude in netto vantaggio all’intervallo nella partita del Forum. Dietro quel +14 (26-40) c’è un progetto serio, avviato dalla mente di Tony Parker, gestito in panchina dal fratello T.J. e sviluppato sul parquet con i funambolismi dei due folletti Chris Jones ed Elie Okobo, affiancati da un atletismo incanalato la maggior parte delle volte verso l’attacco diretto del canestro avversario o una difesa intelligente. 

Se Jones (12 punti, 11 prima della pausa) viene limitato nella seconda parte da un Shields (top-scorer con 15 punti, a dispetto di uno scarso 1/6 nelle triple) che ancora una volta si dimostra prezioso in entrambe le metà campo, Okobo fa invece difensivamente impazzire gli esterni  dell’Armani mettendo a segno 25 punti (8/12, 3/4 da oltre l’arco) in 29’ sul parquet. Mentre l’atletismo di Fall, Gist e Kostas Antetokounmpo (4 soli punti, ma una schiacciata in pure stile Nba a omaggiare il ritiro dell’anello da parte del fratello Giannis) viene annullato dalla mossa vincente di coach Ettore Messina, che a inizio terzo quarto schiera un quintetto basso capace di minare progressivamente le sicurezze dell’Asvel. In una serata in cui Tarczewski fa la solita iniziale comparsata di 5’ (con il primo “Tv timeout” che ormai ne segna ineluttabilmente la definitiva uscita dai giochi) e che vede Mitoglou (2 punti, 3 rimbalzi) in decisa difficoltà, è l’esperienza di Hines e soprattutto quella di Melli (14 punti e 6 rimbalzi in 29’ giocati soprattutto come centro) a fare la differenza per l’Armani Exchange. Con un cambio di assetto dei lunghi che sfianca anche mentalmente i francesi, come dimostra l’assurda giocata di Diot, che con 4” ancora da giocare nel terzo quarto tenta un incomprensibile tiro dalla sua metà campo, lasciando poi proprio a Melli tutto il tempo per infilare la tripla del 51-51 sulla sirena che riapre definitivamente il match.

Anche se poi, leggendo il “play by play”, a contare più di tutti è la giocata da oltre l'arco di Devon Hall, unico canestro realizzato su 6 tentativi. Ma anche qui serve un approccio analitico: perché, rimanendo in tema di sorprese, se è vero che la guardia americana non è più tale come nelle primissime giornate di Euroleague per le difese avversarie (e infatti quella dell’Asvel gli ha messo a lungo la museruola), è altrettanto vero che il ragazzo ha del campione la qualità di non esitare a prendersi il tiro decisivo, proprio come quello del definitivo 73-72 che vale il pokerissimo dell’Olimpia. Poi, ovviamente, va considerata anche la potenziale tripla nelle mani di Lighty sull’ultima sirena: qualcuno al nostro fianco (che amichevolmente salutiamo, anche se raramente i giornalisti si leggono l’uno con l’altro) impreca all’idea che l’ex “canturinità” dell’ala dell’Asvel possa giocare un brutto scherzo all’Armani, ma la terribile serata dell’americano (2 punti ai liberi, con 0/4 al tiro e due falli da cattiva tenuta proprio nei secondi finali) annullerebbe anche la più maligna influenza degli spiriti folletti del basket. Questione di approccio analitico… e forse anche del fatto che Lighty ha giocato a Cantù per meno di una stagione (la 2011-2012), trasferendosi poi a Cremona. Perché il bello dello sport, lo sappiamo bene, sta anche in qualche illogica supposizione. (Paolo Corio)