L'esperienza di Francesco Pinci come fotografo NBA a New York

L'esperienza di Francesco Pinci come fotografo NBA a New York

Francesco Pinci ha avuto la possibilità di fotografare i giganti della NBA nel periodo nel quale è stato a New York. Ce ne parla oggi in questa intervista:

Ripercorriamo i passi una volta ottenuto l'accredito. Come si accede a un'arena NBA e come si muove un fotografo al suo interno? Cosa può fare e dove gira?

Mi trovavo a New York perché avevo ottenuto un visto per lavorare come marketer in una società tech e nel tempo libero mi “vestivo” da fotografo per entrare nei campi di parquet più belli al mondo.  Questo ha reso più facile tutto il processo perché essendo già sul posto era più facile avere informazioni per capire meglio il processo di selezione per ottenere il pass media presso la lega più importante al mondo di basket NBA.

Per questo motivo con L’Occhio Sportivo abbiamo deciso di siglare una partnership con Pianeta Basket, abbiamo chiesto l’accredito presentando tutti i lavori che avevo fatto in passato, il visto, l’assicurazione più altri documenti richiesti.

A inizio stagione sono stato accreditato come Media dalla lega di pallacanestro più importante al mondo l’NBA.

Ciò mi consentiva di accedere a 360 gradi all’interno di qualsiasi arena di basket in tutti gli Stati Uniti, nella conferenza pre partita, nella conferenza  post partita, dentro lo spogliatoio, ovviamente nel pre partita e durante la partita e accesso a tutte le aree pubblico dell’arena.

 Avevo libero accesso alla Skylounge di ogni arena dove c’era servizio food & beverage illimitato per tutte le persone che lavorano lì o avevano un pass VIP, ossia le persone che sedevano nelle prime 5 file, spesso erano attori cantanti, amministratori delegati di grandi aziende o sponsor di una delle due squadre che disputava il match.

La scelta di stringere una partnership con Pianeta Basket è stata fondamentale per la loro visibilità. Si tratta di uno tra i primi 5 siti sportivi in Italia che tratta solo basket ad avere una forte notorietà in tutta Italia.

Tutto questo è stato possibile grazie a Iacopo di Pianeta Basket e Sergio Pannocchia direttore de L’Occhio Sportivo ci siamo coordinati su come impostare questa mia “incursione” in terra americana nei campi più celebri del NBA.

Oltre al Madison sei andato anche al Barclays Center. Una struttura moderna che ospita una squadra da cui si aspetta tanto il pubblico
ll Barclays Center è un'arena al coperto polivalente nel quartiere di Brooklyn a New York. L'arena ospita i Brooklyn Nets della National Basketball Association e la New York Liberty della Women's National Basketball Association .La struttura ospita anche concerti, convegni e altri eventi sportivi e di intrattenimento. A differenza del MSG è molto più moderna, ma allo stesso tempo più “fredda” con meno ristoranti e meno intrattenimento. Si respira meno lo “sport” rispetto al Madison Square Garden che è veramente un museo a più livelli. Non ci sono parole migliori di quelle di MJ per descrivere il MSG.

“Devo ammetterlo, il Madison Square Garden ha sempre un effetto speciale sul mio rendimento. Sì, è il mio stadio favorito. L'ultima volta che ero venuto qua non avevo giocato tanto bene. Stavolta volevo riscattarmi. Tutte quelle celebrità in prima fila, il calore del pubblico, l'intensità della partita. Se potessi, giocherei sempre dentro al magnifico Madison.“ —  Michael Jordan
 

Raccontaci il tuo scatto preferito e il perchè della tua scelta
Non ho una foto preferita, ce ne sono tante, ma amo gli scatti in sequenza, così da non perdere nessun dettaglio delle azioni più avvincenti e trasmettere un’emozione che si evolve.

In questo caso Irving si è involato verso canestro accerchiato da 4 su 5 giocatori della squadra avversaria.

Kyrie rappresenta al meglio il concetto di “leadership” della squadra. Come un manager aziendale infatti per compiere il suo lavoro mette in atto diverse leadership come espone Goleman nella sua teoria.

Goleman è uno psicologo, ma è anche uno degli autori più famosi di management strategico: il suo concetto di intelligenza emotiva (Emotional Intelligence), enunciato nel suo best seller omonimo nel 1995, ha avuto profondi impatti non solo nel campo della psicologia e dell'insegnamento.

Lui si riferisce a 6 stili di leadership, 
1 – Stile visionario
2 – Stile democratico
3 – Stile coach
4 – Stile esigente
5 – Stile armonizzatore/affiliatore
6 – Stile autoritario

Dalle partite che ho visto Irving ne utilizza diverse, sicuramente stile visionario, stile democratico, stile armonizzatore/affiliatore e infine forse quello più importante per le decisioni più difficili lo stile coach.

La sua visione, delle volte anche un po “anticonformista”, sopra le righe, si è imbattutta in diverse battaglie etiche. Quella sotto gli occhi di tutti è quella del vaccino covid che ha visto il giocatore rifiutare di vaccinarsi, compromettendo la stagione dei Nets per la prima parte di stagione (il futuro è ancora da scrivere). 

Allo stesso tempo questo suo animo di creatività e di eccentricità accompagna le persone più fragili in situazioni difficili. Infatti, Kyrie Irving ho potuto fotografare dal vivo, è impegnato su questo fronte e un episodio da citare è la sua donazione a sostegno delle giocatrici WNBA che, per motivi legati al coronavirus o alla giustizia sociale, hanno deciso di non scendere in campo».

Un aspetto molto importante è la soft leadership
«Era la prima volta che ero accreditato come Media presso il Madison Square Garden, la prima partita di NBA a New York. In sala stampa, dopo il primo incontro dei Knicks, ho provato un’emozione unica. Durante l’evento rimasi colpito dal postgame. Un giornalista fece una domanda all’allenatore Mike Miller alla fine del match: “Mike, what was tonight like for you, first game in NBA?” e il coach rispose “Well, it was a lot of fun.”

La sua spontaneità e umiltà tuonarono come due fulmini davanti ai miei occhi. Era la sua prima volta che allenava una squadra di NBA e i Knicks, come si sa, sono al centro del mondo cestistico statunitense.

La sua sincerità ha influenzato positivamente gli altri, ha dato piena fiducia al team e il tutto era influenzato da un fortissimo spirito di squadra. Mike, essendosi trovato da un momento all’altro coach di New York, è stato l’incarnazione della leadership gentile, una soft leadership con l’obiettivo di cambiare i Knicks in un momento della stagione veramente complesso come riportato da FORBES».

A tal proposito, emerge la figura del leader gentile, ovvero colui che motiva i propri collaboratori, invitandoli a dare il meglio: il capo d’impresa in questione si dimostra un vero e proprio coach, un punto di riferimento per tutti coloro che fanno parte del luogo di lavoro”.

Visto la passione per il marketing e il business hai avuto la possibilità di imparare delle nozioni di business che in Italia ancora non sono cosi avanzate? 
Sono un marker e quindi stimo molto il modo che hanno di fare impresa e la voglia di rischiare che hanno gli americani. Proprio quando ero in America ho seguito un corso di Sport & Marketing alla NYU che mi ha permesso di capire l’idea dietro alle loro pubblciità, o meglio la loro cultura.

E’ stato molto interessante perchè partono dal comportamento delle persone, non tanto dal need, intendo come bisogno o interesse che cercano o che una persona ha. Con i dati tracciano i comportamenti e di conseguenza fanno quello che in marketing si chiama lookalike e lo replicano creando così delle buyer personas. 

Il concetto della psicologia e del marketing mi ha sempre affascinato avendo fatto un Master in Scienze Cognitive.

Una cosa che mi ha colpito è che durante la partita, nei momenti più tranquilli (quindi durante le pause soprattutto quelle piu lunghe), l’app del MSG mandava delle notifiche o delle email per comprare dei prodotti negli store che erano presenti all’interno del Madison Square Garden.

Spesso la notifica push dell’app arrivava proprio quando si era vicino o in prossimità del negozio. Tutto questo durante l’intervallo del match dove potevi vedere persone che acquistavano in un corner del MSG una lavatrice.