"Gigio On Tour", il blog di Luigi Gresta #2: Dittatore del basket italiano

23.02.2017 18:14 di Alessandro Palermo   vedi letture
"Gigio On Tour", il blog di Luigi Gresta #2: Dittatore del basket italiano

Ciao a tutti i lettori di Pianetabasket.com. Comincio con il ringraziare le 4011 persone che hanno avuto la curiosità di leggere la prima puntata di questo blog: siete stati veramente tanti. E ringrazio tanto anche la mia amica Valentina Vignali che mi ha aiutato a divulgarlo attraverso la sua cliccatissima pagina di Facebook.

SPAGHETTI BASKETBALL
Per la seconda puntata volevo per un attimo fingermi il dittatore del basket italiano. È stato da poco eletto democraticamente il nuovo consiglio federale a cui porgo il mio “in bocca al lupo”, ma Petrucci, Laguardia e la simpatica ed avvenente Mara Invernizzi non me ne vogliano se per un attimo, uno solo, gioco a fare il Fidel della situazione deponendo Batista… ah ma anche quello era un dittatore. Va bene lo stesso, anzi la metafora può apparire ancor più calzante. Quindi, da Fidel della situazione, quanto segue è come vorrei che lo “spaghetti” basketball fosse.

LE OPINIONI DI UN DITTATORE
Parto dall’alto, dalla Serie A. Mi piacerebbe che in Serie A ci fossero più squadre perché tutte le società che in questo momento vi si trovano sono meritevoli di starci, ma la A2 è piena zeppa di piazze storiche che sarebbe altrettanto giusto e conveniente fossero al piano di sopra. Serve elencarle? Non penso. Sapete tutti a chi mi sto riferendo. La presenza di più squadre obbliga a disputare più partite, ma dov’è il problema? Basta formulare il calendario in maniera intelligente e smarcarsi da questa calcistica tradizione della concentrazione del maggior numero di partite la domenica pomeriggio. Questa tradizione è ormai decaduta per chi gioca con i piedi, a maggior ragione potrebbe essere superata ancor da noi della palla a spicchi che un po’ più di cervello lo abbiamo! Penso che tutto ciò, fino a questo punto, sia abbastanza condivisibile o, se non altro, non stimoli l’ira di nessuno. Da dittatore mi piacerebbe inoltre allargare l’imbuto del passaggio delle squadre da una serie all’altra. Al momento una retrocessione viene considerata da ogni club, da ogni tifoseria, da ogni sponsor come una tragedia, sempre che il termine tragedia possa essere utilizzato parlando di sport. Se, dunque, come diceva, la retrocessione è una tragedia, per converso quell’unica promozione dalla A2 alla Serie A si trasforma in un sogno irrealizzabile - o quasi. Allargando invece a 3 o 4 le retrocessioni/promozioni fra una serie e l’altra il sogno diverrebbe più raggiungibile e la tragedia molto più sopportabile, visto che lavorando bene sarebbe sempre possibile tornare nell’olimpo. Un allargamento è previsto per il futuro, ma il dittatore Fidel sarebbe ancor più estremista in questo.

GLI UNDER
Ma è giunto infine il momento di toccare il tasto dolente e sono certo che saranno tanti gli insulti che riceverò dai lettori. Penso che la meritocrazia sia il baluardo che ogni tipo di attività dovrebbe difendere, nell’arte, nello sport e in ogni altra cosa. Proteggere o agevolare degli esseri umani perché in possesso di una determinata cittadinanza o perché più giovani di altri non mi aggrada troppo. Ho conosciuto giocatori in là con l’età comportarsi da veri professionisti. Discriminare gli atleti per la loro età non aiuta assolutamente lo sviluppo e la crescita dei giovani. Spesso ho visto giocatori under cullarsi sulla posizione privilegiata che certi regolamenti regalavano loro, salvo poi trovarsi porte sbattute in faccia una volta che under non erano più. Se ho quarant’anni e gioco ancora meglio del ventenne, il ventenne sta seduto e io gioco. Se vogliamo che il giovane lavori per rubare il posto in squadra al vecchietto, e se vogliamo che questo giovane possa pensare di poter fare delle sue qualità di atleta un lavoro fino a quando il fisico glielo concede, costui non deve potersi cullare ora su posizioni immeritatamente privilegiate e deve poter vedere un futuro di non brevissimo periodo per la sua attività. In altri termini: se un giovane gioca solo perché giovane, ma sa bene che quando avrà 28-29 anni dovrà smettere perché ci saranno nuovi giovani privilegiati come lo è stato lui, penserà a dedicarsi a qualcosa di meglio che il basket. Paradossalmente, difendendo i giovani atleti si ottiene che essi smettano perché in un sistema di questo tipo giocare a basket può dare il pane solo per pochissimo tempo e non fino a quando il fisico lo permette.

IN AFGHANISTAN SI', A BASKET NO
Veniamo invece alla cittadinanza: alcuni giocatori, in possesso di cittadinanza italiana, possono arruolarsi nel nostro esercito ma - allo stesso tempo - non possono giocare a basket in Italia, come i loro concittadini. Andare in missione per l’Italia in Afghanistan, sì; giocare a pallacanestro nel nostro Paese no. Lo sapevate? Ci sono atleti stranieri a tutti gli effetti ma che giocano nel campionato “da italiani”, in quanto hanno giocato nel settore giovanile, quindi sono “sportivamente” formati. Sapevate anche questo? Secondo voi è moralmente corretto che il basket italiano dia più diritti ad uno straniero che ha giocato nelle giovanili, rispetto ad un italiano di cittadinanza? A me sembra una assurdità che solo noi del basket potevamo inventarci. Attenzione: non solo in Italia esiste questa fesseria! Lo sport è sempre più globale, l’arte lo è da sempre; l’imprenditoria, la finanza lo sono. Allora veramente dobbiamo ancora discriminare gli atleti per la loro cittadinanza? Ma al Milan, giusto per fare un parallelo calcistico, pensate che non amino Baresi come Gullit? Io, che sono juventino fino al midollo, non apprezzo Del Piero come Platini? Oppure, da tifoso pesarese, non ho avuto la stessa pelle d’oca da giovane coach nel vedere giocare Darren Daye come Magnifico? Il cuore batte a prescindere dal passaporto dei nostri idoli, come in amore! Allora basta proteggere per partito preso i Paolo Rossi o i Marco Bianchi della situazione perché anche Paul Red o Mark White possono regalare emozioni. Gli esperti poi ci raccontano che così facendo gli italiani non hanno spazio e quindi la Nazionale ne risente. Ma realmente c’è chi pensa che Gallinari, Belinelli, ma pure Datome, Aradori o Cusin non giocherebbero se non ci fosse alcun vincolo per l’eleggibilità dei giocatori? Le eccellenze giocano a prescindere dal loro passaporto. Tutti gli attuali giocatori della nazionale avrebbero spazio anche se ci fosse la possibilità di avere 12 stranieri in squadra. Chi pensa il contrario offende questi campioni. Anzi, dirò di più: l’abbattimento di ogni vincolo di cittadinanza porta alla maggior competitività facendo spiccare e crescere le eccellenze italiane. E la nazionale è interessata solo alle eccellenze. Se non si creano spazi per i mediocri con passaporto tricolore chi se ne frega? I bravi potranno diventare bravissimi, a tutto vantaggio della nazionale, mentre chi non riesce a stare al passo giocherà in A2. Qual è il problema?

REGOLAMENTI
Detto ciò, e visto che il mio quarto d’ora da dittatore sta terminando, mi piacerebbe vedere una Serie A a 20 squadre con 4 retrocessioni con playoff a 12. I motivi li ho espressi sopra, ma aggiungo che aumentando le squadre che disputano la post season, così si eviterebbe che alcune partite di fine regular season diventino una scampagnata per quei team che sono nella terra di nessuno dal punto di vista della classifica. L’eleggibilità dei giocatori, se non completamente libera, mi piacerebbe che fosse il più aperta possibile e che decadesse l’immorale concetto di “formazione sportiva”: se puoi andare in guerra con l’esercito italiano puoi giocare da italiano anche a basket, chiaro? Da dittatore mi piacerebbe una A2 a 20-22 squadre a girone unico con molte infrasettimanali e con un calendario formulato in maniera intelligente (sono una squadra siciliana e vado in Lombardia a giocare? Perfetto, la domenica gioco contro Legnano ed il martedì successivo vado Treviglio). Si vuole trovare spazio nel basket che conta agli italiani che non meritano la serie A? ok, facciamo in modo che almeno in A2 6 giocatori su 10 siano di passaporto italiano. E ribadisco: di PASSAPORTO italiano.

Ciao a tutti, saluti da Vienna    

Luigi Gresta
#GigiOnTour

Blog a cura di Alessandro Palermo*