Mondiali poveri... ma Belli!

Analisi semi seria di ciò che ci attende in semifinale; con un prezioso suggerimento a coach Kazlauskas..
11.09.2014 12:30 di  Lorenzo Belli   vedi letture
Come battere gli USA..
Come battere gli USA..

Mi sembra giusto aprire queste righe vantandomi un po’ e ricordare al mondo che: “lo dicevo che la finale non sarebbe stata Spagna contro Stati Uniti”. Ok, forse tra le righe chi è stato più attento ai miei deliri avrà notato che pensavo che fossero gli yankees a lasciarci la pelle lungo la strada che porta alla finale di domenica, ma pace e amen. Ho indovinato lo stesso sfidando apertamente il pensiero diffuso e comune che tutto era scontato; grazie ancora a questo magnifico sport conferma – per la miliardesima volta – che l’unica cosa scontata è che si inizia con una palla a due e si finisce con il suono della sirena. Tutto quello che sta in mezzo, non si può prevedere. Mai.

 

Ora gli americani non possono sbagliare, difficile che lo facciano perché va bene sovvertire un pronostico ma ribaltare tutto come un calzino anche no. In primis gli Stati Uniti non possono perdere perché hanno scoperto una cosa che a livello di competizioni FIBA era una emerita sconosciuta: la difesa! Bravo coach K, perché con una squadra che se si trova davanti una difesa schierata, fosse anche quella delle Filippine under 19 con Alapag junior, va’ in panico assoluto o quasi, il dogma unico è correre. Se gli avversari non vogliono farlo non ti rimane che rubargli la palla e correre comunque; sia chiaro non sono ancora così impegnati da portare il loro prezioso lato B a due centimetri dal parquet e resistere in difesa anche se l’acido lattico ti ha attaccato i muscoli del cervello come farebbe qualsiasi personaggio con indosso la canotta dei Tall Blacks, ma sono sulla buona strada per diventare più umili (sic!) e adattabili al gioco che si fa fuori dal mondo dorato NBA; se questa impressione verrà confermata anche in futuro sarà l’inizio di una nuova epoca, e per riuscire a riavvicinarsi ci vorranno decenni.

Per smentire questa (falsissima) approvazione verso le Stars and Stripes stasera si tifa per i lituani, gente a cui vincere facile non piace e quindi si divertono superare ogni turno regalando giusto un paio di infarti a match al santone Kazlauskas. Il fatto di essere un paese in cui nascono esclusivamente giganti, parecchi dotati di mani da esterni, crea il solito dilemma baltico: come far arrivare la palla ai nostri ‘cucciolotti’ sotto canestro? L’assenza di Kalnietis  – che non è Marciulionis o Jasikevicius – da Vilnius a Kaunas è vissuta peggio della crisi economica e della fame nel mondo e priva della Lituania dell’unico playmaker degno di questo nome; difficile l’impresa contro gli americani se non impossibile. Rose, Irving e Curry faranno girare la testa al Seibutis di turno, soluzioni? Andare a pescare dalle tribune qualche tifosa della ‘torcida’ lituana e mandarla sul parquet; magari non avrà un playmaking di gran livello, ma certamente farebbe girare la testa ad ogni ‘piccolo’ americano (e non solo).

 

Domani la semifinale che non ti aspetti: Serbia – Francia; per i balcanici nulla di nuovo, loro sono sempre qui e anzi, oramai si permettono di schifare la prima fase raccogliendo qualche figura barbina e poi riemergere come nulla fosse, spazzare via senza nemmeno fare tanta fatica Grecia e Brasile e mettersi in vista di una finale contro i nemici giurati da sempre su un parquet di basket: gli Stati Uniti. La risurrezione serba è perfettamente rappresentata da Djordjevic che da coach sotto esame nel volgere di quattro giorni si è già eretto a uomo della provvidenza; cosa ha cambiato? Semplicemente ha toccato le corde giuste per far emergere il talento principale serbo. Teodosic, Bjelica, Krstic? A cosa mi riferisco? A nulla di questo: orgoglio! ecco la vera star – da almeno 3 decenni – della nazionale serba; quando scende lui sul campo da gioco battere le Aquile bianche diventa impresa titanica.

Infine, la Francia! Erano partiti per il mondiale spagnolo un po’ come la banda di scappati di casa, a turno in estate si sono rotti un po’ tutti tanto da trovarsi con Kahudi e Tillie nelle rotazioni; roba che coach Collet non si sarebbe sognato nemmeno dopo una indigestione di rane. E invece sono ancora qui, con lo scalpo più prestigioso – quello della Spagna padrona di casa – e confermando che esiste un solo modo per diventare grandi: vincere. I francesi ci sono riusciti un anno fa grazie al loro fenomeno assoluto, che però quest’estate ha scelto di tirare il fiato. Forse consapevole che il più era fatto: aveva fatto assaporare alla Francia il sapore della vittoria, ora è giusto che si sazino anche i Gobert, i Fournier o gli Heurtel di turno; certamente l’impresa francese di estromettere Croazia e Spagna non è stata accompagnata da un gioco spumeggiante ma bensì da una difesa umile, volenterosa e sempre attenta. Da vera squadra mi verrebbe da dire, il che – aldilà della medaglia che forse arriverà – è il maggior risultato che poteva ottenere Collet, coach forse troppo sottovalutato che è riuscito a compiere un impresa da tenersi cara e mettere negli annali del basket transalpino. Chapeau, comunque vada!