Bertone: "L'Italia è la mia America"

"Mi piacerebbe restare qui ma prima voglio salvare Pesaro. Gli insegnamenti di Mike Jarvis sono stati fondamentali per la mia carriera. Il calendario? Meglio giocare con le prime"
15.04.2018 10:00 di  Massimo Roca   vedi letture
Fonte: Il Mattino
Bertone: "L'Italia è la mia America"

Ha un cognome che in Italia vuol dir molto, ma lui non ha aderenze in Santa Sede, né progetta bolidi con splendide carrozzerie: Pablo Bertone è solo un umile operaio di baloncesto per dirla alla spagnola. Argentino di Cordoba, la stessa città di Ariel Filloy, è stato il prezioso jolly a disposizione, di Spiro Leka ed ora di Massimo Galli, per tamponare le continue emergenze nel settore esterni, prima nel ruolo di ala piccola, dopo la fuga in precampionato di Irvin e l’infortunio di Little, ed oggi in quello di play-guardia dopo il problema alla spalla che ha messo ko il top scorer Dallas Moore. Bertone è stato il primo acquisto “straniero” di Pesaro. Gioca da passaportato, non ha formazione cestistica italiana, lui che l’Italia l’ha nel sangue, per le origini piemontesi, e soprattutto nella testa.

Cercava l’Italia e l’ha ottenuta. Come ha trovato questo campionato?

“Era il mio sogno arrivare in Italia. La mia unica esperienza europea finora era stata in Spagna (nel 2014-15 a Palma di Maiorca nella Leb, la seconda lega iberica). Quando ero lì pensavo che un giorno ci sarei riuscito. E’ un campionato che mi ha sempre affascinato. Ci sono squadre di grandi tradizioni come la mia Pesaro. Il pubblico segue con interesse e riempie i palazzetti. Forse non è lo stesso campionato di 15 anni fa, ma le condizioni economiche sono mutate ovunque”.

Le difficoltà nel settore esterni le hanno dato la possibilità di giocar tanti minuti, di mettersi in mostra. Cosa le è riuscito meglio e cosa meno?

“Il mio rendimento è stato concorde con quello della squadra costellato di alti e bassi. Abbiamo una squadra giovane. Nonostante le tante difficoltà siamo pienamente in corsa per il nostro obiettivo. Posso coprire diversi ruolo, mi piace mettermi a disposizione della squadra. Nell’emergenza mi sono sacrificato nel ruolo di ala piccola anche se le mie caratteristiche sono più di play-guardia. Cerco sempre di migliorare nelle letture, nel tiro da tre in uscita dai blocchi e nell’arresto e tiro”.

Fuori Moore, dentro Braun, cosa cambia?

“Nella sfortuna dell’infortunio di Moore, abbiamo avuto la fortuna di avere già un sostituto naturale come Clarke. Braun è l’ala piccola di ruolo che ci serviva. Sa fare un po’ di tutto, speriamo che continui a segnare, come nell’esordio di domenica scorsa, e riesca a darci una maggiore pericolosità perimetrale”.

Quanto sono stati importanti gli anni di college?

“Ho studiato criminologia a Florida City e poi sociologia a Florida Atlantica. Lo rifarei di nuovo, sia da un punto di vista formativo che dal punto di vista cestistico. Senza quell’esperienza non sarei qui. Non mi è più capitato di giocare in palazzetti con ventimila persone, ma soprattutto ho avuto la fortuna di avere Mike Jarvis. Lui, ex coach di Boston University, George Washingrton e St John’s, ha allenato gente del calibro Patrick Ewing e Ron Artest. E’ stato un vero maestro. Dopo mezz’ora di atletica rimanevano in mezzo al campo ad imparare tutti i movimenti. Solo oggi mi rendo conto della fortuna che ho avuto”.

Come finirà il duello con Capo d’Orlando?

“Abbiamo un calendario simile. L’unica differenza è il nostro match con Milano con cui peraltro non ci accoppiamo male. Nelle ultime giornate forse si riesce ad ottenere qualcosa di più affrontando formazioni di alta classifica che non il contrario”.

Come proverete a fermare Avellino?

“Dopo tre mesi abbiamo abbandonato l’ultimo posto, siamo in fiducia. Avellino è nel mezzo di una semifinale di coppa. Ci sono le condizioni migliori. Vogliamo essere ottimisti. E’ inutile soffermarsi a guardare il loro roster. Hanno dei tiratori formidabili ed in più Fesenko sotto canestro. Fitipaldo è stato mio avversario in Argentina, ma anche lo stesso Wells. Ho difeso su di lui nel match contro la sua Maryland nel mio ultimo anno di college. Serve la gara perfetta, abbiamo lo spirito giusto per provarci restando compatti fino alla fine”.

Ha un rapporto particolare con la famiglia Filloy…

“Siamo entrambi di Corboba. Il fratello maggiore Pablo e suo padre German sono i miei agenti. La carriera di Ariel è il mio punto di riferimento. Oggi lui è al top dopo un percorso di grande sacrificio. Mi ha incoraggiato e si è complimentato per la mia prima stagione di italiana”.

Il futuro?

“Vorrei continuare la mia esperienza in Italia. Abbiamo parlato con la società ma è ancora tutto prematuro. E poi non sono andato ancora a Fossano, la città dei miei nonni. Devo colmare questa lacuna”.