LBA - Sandro Gamba, le considerazioni post Coppa Italia

LBA - Sandro Gamba, le considerazioni post Coppa Italia

Ritorna di martedì coach Sandro Gamba a fare le sue considerazioni settimanali sull'Olimpia Milano e la pallacanestro dalle pagine dell'edizione milanese de La Repubblica.

Viviamo un'era particolare per la pallacanestro. Parlo di qualità di gioco, su cui tanti allenatori della mia generazione e di quella successiva, in questi giorni si stanno interrogando. Ed è vero che si vedono in giro squadre giocare come nell'anteguerra, a quei ritmi, con un basket primitivo e povero, che sfoglia pigramente un vecchio catalogo, che lascia perplessi tanti che, come me, si sono innamorati del gioco troppi anni fa, ormai: vorrebbero atletica giocata, come si diceva una volta, ma non vedono né atleti né gioco.

E si rivolgono all'Nba, se vogliono vedere qualcosa di eccitante. O all'Europa dove le partite non sono mai mosce e tutti i giocatori ci danno dentro: i soldi veri, i primi importanti, sono lì, inutile nascondersi. Tutta questa premessa per dire che è un piacere vedere una squadra come l'Olimpia che ha costruito, in Italia e nelle coppe, un sistema di così alto livello, di questa consistenza e continuità.

La Coppa Italia è stato un manifesto di come gli uomini di Messina abbiano saputo fare passi avanti e oggi possono mettere in campo tanti quintetti omogenei, duri, sempre cattivi in difesa. L'Armani cresce in velocità di esecuzione e in mentalità a ogni partita, adesso sa cercare il gioco in velocità per punire gli errori avversari. 

I giocatori hanno imparato a conoscersi reciprocamente, anche fuori dal campo. Sanno quando e come cercarsi, come coprirsi, come rimediare se si apre un piccolo buco. Anche gli italiani che di solito stanno in fondo alla panchina — come Moretti o Cinciarini, come Biligha o l'ultimo arrivato Wojciechowski ­ sanno dare il loro contributo ogni volta che mettono piede sul parquet, e questo dà respiro e fiducia a tutti.

Può sembrare scontato, forse. Meno scontato è — se ci ricordiamo le edizioni recenti dell'Armani ­ vedere questa dedizione dei giocatori americani alla causa, e non mi riferisco a Kyle Hines. Da Delaney a Shields, da Punter a LeDay, non c'è nessuno che giochi per le proprie cifre, che stia per conto suo, ma ognuno cerca la giocata per la squadra, il gesto utile. 

È questa la religione del mio amico Ettore, e mi pare che tutti la stiano seguendo. Nessuna improvvisazione, nessuna superficialità è tollerata, nemmeno sul +20 o sul +30, e con questa dedizione si costruiscono le grandi stagioni. Non ho voglia, adesso, di fare pronostici su come finirà l'annata, sarebbe troppo facile adesso. Dico solo che questa Olimpia è destinata a migliorare ulteriormente, ad avere qualcosa in più anche da chi oggi è assente. E chissà, col contributo di tutti, dove potrà arrivare.