LBA - Carlo Recalcati: "Un torneo di A completamente sbagliato"

LBA - Carlo Recalcati: "Un torneo di A completamente sbagliato"

Da Carlo Recalcati arriva un giudizio poco lusinghiero su questa edizione numero 99 del campionato di serie A di pallacanestro che dovrebbe festeggiare i 50 anni di Legabasket. Ecco le sue parole dalle colonne del Corriere di Como.

Tutto sbagliato. La serie A di quest'anno? Non me la sento di guardare alla classifica e ai singoli risultati. È un campionato nato male, completamente sbagliato, alterato dall'emer ­ genza Covid. Andava disegnato in maniera completamente differente, senza retrocessioni, prima di tutto, invece sono mancate programmazione, organizzazione e la comprensione del periodo storico che stiamo vivendo.

Blocco retrocessioni. È un anno particolare, senza pubblico, con la maggior parte delle società in grande difficoltà sul fronte economico. Questo blocco avrebbe consentito ai dirigenti di lavorare con maggiore serenità. La stagione 2020­2021 doveva essere di pura transizione"

Costi aggiuntivi. Con questa scelta le società coinvolte nella lotta per non retrocedere sono costrette a importanti interventi sul mercato, come ha ad esempio fatto Cantù, che negli scorsi giorni ha ingaggiato Frank Gaines e Kavell Bigby­-Williams. Soldi che, senza retrocessioni, potevano essere utilizzati per investimenti sul vivaio o che potevano anche costituire un "tesoretto" in un momento in cui non è semplice far quadrare i bilanci.

Difficoltà di preparazione. Parlo con molti preparatori che non nascondono le difficoltà nell'impostare il lavoro; nella sostanza, il Covid­19 rimane un virus sconosciuto. Ogni persona ha la sua storia clinica: c'è chi è asintomatico, e comunque rimane in casa. Ma si possono anche avere problemi respiratori, febbre, dolori muscolari, comunque situazioni più complicate. La ripresa non è semplice e non mi soffermo nemmeno sulle implicazioni psicologiche, che hanno un peso rilevante. Eppure, come ho detto, pronti via, ci sono squadre, Cantù compresa, che si sono ritrovate a scendere in campo ogni tre giorni, e lo hanno pagato pesantemente a livello di risultati.

Paura. Ho parlato con giocatori che hanno ammesso di avere paura a scendere in campo perché hanno paura del contagio, non solo per se stessi, ma anche per i loro familiari. Non essendo professionisti, potrebbe risentirne anche la loro attività lavorativa. Anche questo tema meriterebbe una ampia riflessione.