Crisi del basket italiano. Mancanza di autocritica e umiltà alla base

Crisi del basket italiano. Mancanza di autocritica e umiltà alla base

Il pensiero e le opinioni illuminate di Giorgio Gandolfi appaiono oggi su La Provincia di Cremona con spunti molto interessanti sul dibattito della crisi della pallacanestro italiana, da qualche vertice nazionale esclusa a priori in più di una dichiarazione.

Si fa un gran parlare della crisi del nostro basket, ma non si esaminano onestamente e con sana autocritica (parola cancellata dal vocabolario) i motivi. Avendo passato…anni, lasciamo stare quanti, nel basket a tutti i livelli ed in giro per il mondo, non vorrei fare la figura del  saccente, ma ho alcune mie alcune considerazioni su cosa manca, sia a livello di dirigenti, che di allenatori. Umiltà secondo l’Enciclopedia Treccani è: ‘’Sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei propri limiti ed al distacco da ogni forma di orgoglio e sicurezza eccessivi di sé’’. Ma è molto di più: significa  sì essere consapevoli di chi si è, ma, nel contempo, avere sempre la voglia di migliorarsi. Quanti  nel mondo del basket possono affermare di aggiornarsi, confrontarsi (altro termine in disuso) per migliorare sé stessi e, quindi, la propria società o squadra, indipendentemente dal campionato? Umiltà significa anche passione, cioè: “Partecipazione profonda, per naturale inclinazione e con dedizione totale di sé’’. Non è l’accezione becera del termine, cioè essere un tifoso esagerato, ma passione per quello che si fa e quindi, ripeto nuovamente, voglia di progredire, sia per una soddisfazione personale, che per il club. In breve, professionalità. Oltre a queste due parole, ne aggiungerei altre: capacità di copiare dagli altri. Di geni ce ne sono pochi, ma è anche geniale chi è capace di copiare ed adattare esempi di altri al proprio contesto. Partiamo dai dirigenti: quanti di loro vanno a vedere altre società, visitare club modello all’estero, e ce ne sono tanti, anche senza prendere ad esempio grandi realtà come Madrid o Istanbul?

Ci sono due frasi in inglese che campeggiano nel mio studio e che tradotte suonano: ‘’Il genio è uno per cento ispirazione e novantanove per cento sudore’’ e ‘’Perché no? Proviamoci’’.  Con un’ultima considerazione, che mi sta molto a cuore, cioè che i veri leader si circondano di persone che ne sanno molto più di loro e non hanno paura di non essere sotto i riflettori, e questo si applica anche al basket. Parliamo  ora degli allenatori italiani, ed anche con loro non mi sembra di vedere segni di cambiamento. Il gioco si è appiattito, non si curano più i dettagli, che sono alla base del basket, i fondamentali sono trascurati (mi fa ridere l’affermazione che non c’è il tempo per curarli, quando vedo giocatori, ad esempio, con il 40-50% nei tiri liberi e che continuano per un intero campionato con questa percentuale). Tra i tanti clinic, che ho organizzato in vari paesi, rarissimamente ho visto allenatori italiani parteciparvi. Lasciamo perdere la Cina, ma in Europa? Oppure, quanti stanno alcuni giorni presso squadre NBA od europee a confrontarsi dal lato tecnico? Il massimo a cui ho assistito è stata la richiesta di entrare gratuitamente, ma solo per fare passerella, ad un mio clinic internazionale da parte di un paio di allenatori di serie A, forti del loro status, mentre altri 400 allenatori, con moltissimi di loro  provenienti dall’estero, avevano sacrificato ferie ed investito denaro per parteciparvi. Umiltà, passione, capacità di copiare e vera leadership, parole chiave per cambiare. Sogno di una notte di mezza primavera? Sì, solo un sogno.