Gallinari e Belinelli: scelte diverse, ma da rispettare. E utili al nostro basket

30.11.2020 07:38 di Paolo Corio Twitter:    vedi letture
Gallinari e Belinelli: scelte diverse, ma da rispettare. E utili al nostro basket
© foto di nba.com

Come tutti gli appassionati di basket, ho seguito Marco Belinelli e Danilo Gallinari sin dai loro esordi sui campi di casa nostra. Come molti giornalisti, negli anni della loro carriera ho avuto modo di incrociarli, intervistarli e percepirne la crescita non solo come giocatori. 

La prima volta in cui ho scambiato una battuta con Marco Belinelli è stata divertente: presentazione di una Final 8 di Coppa Italia a Milano, lui presente per la Fortitudo insieme con coach Repesa. Al momento del buffet, il buon Jasmin lo invita a mangiare qualcosa “perché è troppo magro”: Belinelli gli risponde che mangerà quando tornano a Bologna, suscitando lo stupore del coach perché il rientro è previsto giusto all’ora dell’allenamento. Repesa mi guarda e mi dice: “Digli tu di mangiare al Beli, che lui ascolta solo i giornalisti”, a seguire risata e tartine ingollate solo dal sottoscritto e dall’allenatore croato. In seguito, ho intervistato Marco in un po’ di occasioni, verificando ogni volta una crescita umana che giustificava appieno quella professionale, coronata dal titolo con i San Antonio Spurs e anche dalla vittoria nella gara del tiro da tre all’All Star Game (roba che mica in tanti possono raccontare ai nipoti). 

Danilo Gallinari mi venne invece presentato dai genitori, con i quali assisteva a una curiosa amichevole di fine estate tra Biella e Maryland, fresca vincitrice del titolo Ncaa 2002: non ricordo proprio il campo (a una certa età ti rimangono in testa solo certi dettagli, mentre altri svaniscono), ma ricordo benissimo il suo chinarsi dall’alto per salutarmi come un quattordicenne educato saluta un adulto. In seguito, dopo averne seguito le gesta in maglia Olimpia per Superbasket, nell’autunno del 2010 ho avuto modo di fare con Danilo una lunga chiacchierata per una copertina su un mensile allora di successo: a 22 anni, ormai entrato nelle grazie di New York, dimostrava di avere già le idee molto chiare su tutto, specialmente su come assicurarsi una lunga carriera nell’Nba.

Oggi, mentre non solo il Covid mi fa guardare il basket da lontano, vedo Danilo Gallinari e Marco Belinelli curiosamente associati dall’essere al centro dei commenti del popolo del basket per le loro scelte. Che in entrambi i casi riflettono quello che i due hanno cercato, con strade diverse ma parallele, sin dall’inizio: per il Gallo, sfruttare il suo talento per continuare a essere protagonista nel massimo torneo mondiale con l’obiettivo di averne il più possibile (anche economicamente, certo) per il più lungo tempo possibile; per il “Beli”, dopo aver certificato con spirito di sacrificio e dedizione al gioco il suo diritto di far parte dell’Nba, trovare un contesto in cui poter continuare a inseguire una vittoria. In entrambi i casi, si è trattato sempre e comunque di scelte da seri professionisti, da rispettare come tali. Perché lo meritano i loro status di campioni e anche le emozioni che hanno saputo regalarci in maglia azzurra, malgrado lì il carniere sia miseramente vuoto per entrambi, e perché nel XXI secolo (lo scriviamo con molto rimpianto per lo sport “che fu”, ma anche con un obbligatorio realismo) le scelte dei giocatori non possono che essere un mix di “portafoglio e sentimento”, con la ragione a regolare il rapporto tra l’uno e l’altro.

Danilo Gallinari, a dispetto di un palmares ancora vuoto, ha deciso di accogliere l’ennesima sfida nell’Nba ad Atlanta firmando l’ennesimo ricco triennale? Benissimo, vorrà dire che un sacco di appassionati italiani guarderanno ora le partite degli Hawks insieme con quelle dei New Orleans Pelicans di Nicolò Melli, che altrimenti sarebbe rimasto l’unico giocatore italiano a vedersela con i migliori in attesa di conoscere quale ruolo avrà Nico Mannion ai Warriors. Il rammarico, semmai, sarà quello dei genitori che già dal prossimo Natale dovranno acquistare una nuova maglia ai bambini e ragazzini che l’hanno come idolo. 

Marco Belinelli ha deciso di tornare a Bologna, sponda Virtus, per le prossime tre stagioni? Ancora meglio, perché campioni (anche umanamente) del suo calibro fanno solo bene alla nostra malconcia pallacanestro e la sfida ora lanciata dalle “V” nere all’Olimpia Milano può solo giovare al nostro Campionato, spostando magari l’interesse anche al di fuori della solita parrocchia. Il rammarico, in questo caso, non dev’essere proprio di nessuno. 

Se poi in futuro tutto andrà come da copione raccontato in tante interviste, verrà anche il giorno in cui Danilo Gallinari ritroverà a sua volta una maglia indossata in passato, quella dell’Armani, quando tutto era ancora un sogno da realizzare. Anche quel giorno sarà un buon giorno per la nostra pallacanestro, tenendoci un pizzico di sorpresa per quello che Marco Belinelli riuscirà a ottenere in maglia Virtus da qui al 2023, anche a livello internazionale. Comunque vada, ne guadagnerà il basket italiano.

Paolo Corio