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- Dimitri Lauwers: «Italia, fidati di me»

17.06.2017 16:22 di  Alessandro Palermo   vedi letture
Lauwers in maglia Co.Mark
Lauwers in maglia Co.Mark
© foto di Foto di Roberto Prezioso (fb)

Dimitri Lauwers non ha certo bisogno di presentazioni per gli appassionati italiani della palla a spicchi. Ma, per chi negli ultimi 13 anni avesse dormito in un sonno profondo, facciamo una breve sintesi della carriera di un giocatore tanto amato nel nostro Paese. Prima di tutto Dimitri, "Doum" per gli amici, è un grandissimo professionista, divenuto poi con il passare del tempo un cecchino di razza. Le percentuali in Serie A parlano chiaro: 40.4% da tre in 204 incontri disputati, addirittura oltre il 50% alla sua prima stagione con Teramo, all'esordio nel nostro campionato nell'annata 2004-'05.

Nato nel lontano 1979 a Liegi, in Belgio, Lauwers si colloca probabilmente sul podio dei migliori tiratori visti nella nostra Serie A negli ultimi anni. Un giocatore capace di farsi apprezzare ovunque, soprattutto con doti umane non comuni, grazie alle quali ha saputo guadagnarsi il rispetto e gli applausi da tantissime piazze del basket nostrano. Dopo 8 stagioni in Serie A e due promozioni con le maglie di Scafati e Varese - dall'allora Legadue al massimo campionato italiano - quest'anno Lauwers è "sceso" ulteriormente di categoria, in Serie B, vestendo la maglia della Co.Mark Bergamo. Dopo aver disputato il biennio 2014-'16 in A2 con i colori di Recanati, Dimitri ha provato sulla sua pelle le emozioni delle Minors, sfiorando la terza promozione in carriera con l'ambiziosa società bergamasca, sfumata sul più bello alla Final Four di Montecatini contro Napoli, delusione maturata domenica scorsa.

Per l'occasione abbiamo deciso di intervistare "Doum", in esclusiva per i lettori di pianetabasket.com, chiedendo al 38enne italo-belga di raccontarci le emozioni (e la delusione) vissute con Bergamo quest'anno. Ovviamente gli abbiamo chiesto qualcosa anche sul suo futuro, togliendoci il dubbio: Lauwers non si ritira, andrà avanti a giocare ancora per un po'. Di seguito l'intervista:
 

La delusione è ancora "fresca", Bergamo non ce l'ha fatta, niente Serie A2. Da veterano, come ha vissuto la batosta?

«Odio il “chi perde spiega” e quindi non voglio pensare alle assenze anche se obiettivamente, fra Plane e Mario abbiamo perso più di 200kg di uomini. La delusione è grande perché la qualità del gioco durante i playoff è migliorata ed era lecito sperare in almeno una vittoria sulle due cartucce che abbiamo sparato. Siamo arrivati vicino ma nello sport non conta. Onore a due piazze che di stagioni in Serie A ne hanno vissute, mi riferisco soprattutto a Montegranaro che era già rimasta esclusa per una promozione. Da veterano, il messaggio che ho cercato di lasciare ai più giovani è che sono fortunati, perché sarà proprio questa delusione a permettere ad ognuno di loro di tornare a vincere».

Cosa è andato storto?

«A parte l'aspetto tecnico in entrambe le partite, siamo andati sotto di 10 pronti via (contro Montegranaro addirittura -16). L’orgoglio basta per tornare in partita ma spendendo troppe energie ci è mancato qualcosa per portare a casa una vittoria. Come livello Bergamo merita l’A2 ma lo meritavano anche le altre. Le tre promosse avevano tutte un'asse play-pivot molto solida, Napoli ad esempio aveva Nikolic in squadra che non capisco come un giocatore del genere possa stare in Serie B».

Anche lo scorso anno, prima del suo arrivo, Bergamo andò vicina alla promozione. Pensa ci si possa riprovare già dalla prossima stagione? Non c'è due senza tre…

«Lo scorso anno Bergamo non aveva c’entrato la Final Four, quest’anno lo ha fatto nonostante la sfortuna abbia colpito giocatori importanti. Questo è stato un bel passo avanti. Anche la società si sente, sta facendo passi da gigante. Dopo la delusione, ed è enorme per tutti, il segreto sta nel sapersi rialzare. Bergamo ha un grandissimo potenziale per crescere».

Cosa le ha dato Bergamo? Tornasse indietro è un'esperienza che rifarebbe?

«Bergamo era seconda del suo girone ed ero convinto che avrebbe lottato per la promozione. Trovare un gruppo cosi solido per di più giocare per la città della mia fidanzata era un’opportunità che non potevo rifiutare. Ho conosciuto ragazzi contro i quali avevo già giocato come Ghersetti o Milani e mi sono affacciato per la prima volta alla realtà della serie B, che non conoscevo. Questo ha rafforzato la convinzione che ho sempre avuto: se un giocatore non è protagonista in serie A è meglio che scenda in A2. La stessa cosa vale fra l’A2 e la Serie B. Io rifarei tutte le scelte che ho fatto in carriera, perché tutte le esperienze mi hanno reso più forte, sia quelle positive che negative».

Come valuta dunque l'esperienza in Serie B?

«Non volevo fare polemica ma... più scendo di categoria e più vorrei almeno la palla in mano. Vorrei giocare un po' più da playmaker rispetto a quest'anno, dovessi riprovare vorrei essere coinvolto come playmaker o comunque essere una guardia che abbia la possibilità di creare gioco».

Ma rimarrebbe ancora un'altra stagione a Bergamo?

«Io mi sono trovato molto bene e poi vivo metà del tempo a Numana e l'altra metà a Bergamo. Ma capirai, la società in questo momento avrà altro di cui pensare. In primis al discorso legato ad un eventuale ripescaggio».

A proposito, cosa deciderà di fare Doum Lauwers in vista della prossima stagione? Le ginocchia chiedono pietà o nel serbatoio c'è ancora tanta benzina?

«La benzina ci sarebbe questo non è il problema. Molto probabilmente comincerò la stagione senza squadra per diversi motivi. Il primo è che ho due progetti che mi impegneranno tutta l’estate. Uno legato ad un corso formativo con il CONI, l'altro è un sogno: convincere la federazione pallavolo a richiamare un’atleta che ha le potenzialità di vincere una medaglia olimpica per l’Italia, mi riferisco alla mia fidanzata Greta (Greta Cicolari è l’olimpionica numero uno del Beach Volley azzurro, ndr) e l’altro sta nel impostare un modo di lavorare sul tiro per i giocatori di basket, appunto "Dr.Swish". Mi faccio carico della specializzazione sul tiro dello storico Jam Camp (camp di Dan Peterson e dei fratelli Milocco) e con alcuni giocatori professionisti. L’altro motivo è che a 38 anni posso permettermi di non giocare per necessità e posso aspettare che si faccia avanti un progetto vincente. Quando ho riattivato il mio procuratore per finire la stagione gli ho detto: “Se non hanno bisogno di un giocatore come me a Treviso, alla Fortitudo o alla Virtus Bologna, allora guarda sotto" e ho seriamente valutato l’opportunità di giocare per Vigevano in C Gold, finché Bergamo mi ha chiamato. Voglio vincere e sono un giocatore che non sposta equilibri ma è più facile trovare squadre che giocano la salvezza piuttosto che la vittoria finale. Per fare un esempio ho preferito piangere perché non sono promosso con Bergamo che festeggiare come se avessi vinto lo scudetto quando abbiamo raggiunto la salvezza a Recanati».

Al momento della firma con la Co.Mark disse che l'aveva convinta l'ambizione della società, cosa la spingerà adesso a rimanere oppure a provare una nuova esperienza?

«Bergamo avrebbe solo un trasferimento di palazzetto da fare ma è una società organizzata, solida e pronta per l’A2. Lo staff tecnico è di altissimo livello. Ragazzi che stanno bene insieme e nel complesso, una realtà che avrebbe dovuto godersi una promozione. La società dovrà fare delle scelte ponderate e io posso pensare solo a quest’estate».

A Rimini Fiera, in occasione della Final Eight, siamo rimasti affascinanti dal suo progetto "Dr.Swish", lo presenti a chi non dovesse ancora conoscerlo.

«Dr.Swish è solo il “branding” ma in pratica voglio semplicemente sensibilizzare giocatori, società e federazione dell’importanza di una figura, quella dello shooting coach all'interno della pallacanestro italiana. L’allenatore che cura sia la tecnica che l'aspetto mentale del tiratore è una figura riconosciuta in America dove ultimamente sono nati grandi tiratori e che, in Europa, manca completamente. I lituani, slavi o europei in maniera più generale, sono tradizionalmente buoni tiratori ma è un fondamentale che si sta perdendo. Il fatto che Gigi Datome, mio ex-compagno a Scafati, mi chiami per un consiglio su una macchina spara palloni da comprare, oppure che Ale Gentile mi abbia chiesto di fare un paio di allenamenti insieme, mi dimostra che ci sono atleti italiani che sono motivati a lavorare d’estate sul tiro, per poi essere pronti per la Nazionale. Ma questo vale a tutti i livelli, vi parlavo prima di Nikolic di Napoli. Potessi lavorare in modo specifico con un giocatore di questo tipo, poi solo con il binocolo lo vediamo, lontano dall'Italia»
 

Ringraziamo "Doum" per la grandissima disponibilità e per la gentilezza con cui ha risposto alle nostre domande, augurando al giocatore il meglio, sia sotto il profilo sportivo che non.

Intervista a cura di Alessandro Palermo