Olimpia Milano: con il Fenerbahce a posto altri pezzi del mosaico (ma altri no)

26.10.2019 15:09 di Paolo Corio Twitter:    vedi letture
Rodriguez al tiro
Rodriguez al tiro
© foto di euroleague.com

Questa versione del Fenerbahce, con l’attacco colpito da una paralisi fisica e mentale che comporta un palleggio spesso compulsivo delle guardie (pessimo Ali/Dixon, comunque insufficienti Sloukas e De Colo) per conseguenti percentuali in default (48.8% da due, 27.3% da tre), e con la difesa ad abboccare a qualsiasi finta del Chacho Rodriguez e a lasciare voragini in area per i lunghi dell’Olimpia, serve solo a far testare al volto di Obradovic qualsiasi gradazione del colore della pelle tra il rosso acceso e il purpureo. E in alcuni osservatori insinua anche il dubbio che il guru dei coach d’Euroleague, come già accaduto altrove in passato, possa essere arrivato a spremere tutto il possibile dal suo gruppo storico. 

Ma gli attuali limiti della squadra turca, giustificati anche da un roster alle prese con infortuni e rientri, nulla toglie ai meriti dell’Armani, brava a gettare ancora più sabbia negli ingranaggi avversari e a tenere il controllo della partita preso da subito. Inoltre, il terzo successo in Euroleague vede andare a posto altri pezzi di quel mosaico pensato a tavolino nell’estate milanese da coach Messina. Analizziamolo tassello per tassello, tra incastri vincenti e qualcosa (ovviamente) ancora da sistemare o forse anche da rivalutare.

L’Arturo ritrovato. Che fisicamente non possa ancora essere quello dell’autunno 2018 lo vuole la logica e lo dimostra a volte la corsa prudentemente trattenuta con cui va in transizione, ma per tutto il resto Gudaitis è il lottatore che ha fatto innamorare il Forum. Hair-look da rookie Nba ad arricchire la lista delle sue simpatiche sperimentazioni, si muove già sotto canestro con la capacità e la presenza di sempre: 17 punti, 5 rimbalzi, 2 assist e 8 falli subiti (che valgono anche un 7/9 dalla lunetta). L’Arturo è tornato e ad accorgersene è anche e soprattutto il Chacho Rodriguez, che apre verso il centro dell’area un flusso di palloni destinato di sicuro ad aumentare nell’immediato futuro.

La leadership “a richiesta” del Chacho. Negli anni di Madrid e Mosca Rodriguez ha sviluppato una capacità preziosa tanto quanto i suoi spettacolari passaggi no look e le triple con palla incandescente: saper prendere la squadra per mano quando non c’è nessun altro a farlo e, nella stessa partita, rimettersi serenamente a incitare dalla panchina se altri compagni dalla spiccata personalità trovano il modo di dargli il cambio. In realtà, contro il Fenerbahce è stata una quasi ininterrotta alternanza tra conduzione d’orchestra e violino solista, con 30’ sul parquet per 22 punti e 5 assist, ma il bello sta appunto nel fatto che l’ha fatto solo perché servivano entrambe. A Roma sono già stati annunciati minuti di rientro per Mack, che non troverà ostacoli - se non quelli alzati dalla difesa avversaria - sulla via indicata da coach Messina e dallo stesso Chacho: quella della verticalizzazione del gioco. Non gli resta che seguirla. 

La scommessa di Amedeo (e quella di Roll). A un certo punto sembrava proprio che fosse destinato a ricalcare le orme di tanti altri talenti italiani (Alessandro Gentile, Abass, Pascolo, Fontecchio, lo stesso Melli e pure Hackett) che da Milano sono ripartiti zaino in spalla alla ricerca di altre fortune. Poi Della Valle è rimasto e coach Messina, come peraltro sta continuando a fare con tutto il roster, gli sta dando i suoi minuti da giocare… per vincerne altri. 21 sono stati quelli contro il Fenerbahce, per un fatturato di 15 punti, 3 rimbalzi e 1 assist. Fiches ben puntate, insomma, specialmente quelle dei due canestri consecutivi - una tripla e una penetrazione letteralmente “in tuffo” - che hanno rimesso la giusta distanza di sicurezza a metà del terzo periodo (da 49-42 a 54-42). Decisive in tal senso anche le due triple di Roll (per il 76-62 e poi 79-64) nell’ultimo quarto, che però sono anche le uniche due prove balistiche della guardia americana in 21’ per il resto assai anonimi.

La colla di Vladimir. La faccia, anche all’uscita dal campo con il Forum festante, è sempre quella di un soldato messo suo malgrado a curare la polveriera. Ma ormai hanno fortunatamente imparato a conoscerla anche da queste parti, così come coach Messina ne conosce l’incredibile capacità di fare da collante e quasi da play occulto: se contro i turchi la scena è del Chacho, 31’ sono quindi così anche per un Micov da soli 7 punti, ma anche da altrettanti assist e incalcolabili chiusure difensive.

L’esempio di Luis. No, non parliamo di quello che Scola fa in campo o della carica che riesce comunque a  trasmettere dalla panchina: quello è ormai praticamente scontato. Ma di come si ferma a firmare autografi e non nega a nessuno quattro chiacchiere anche se ha l’asciugamano ancora intorno al collo: non solo si fa amare da tutti, ma pare che sia a Milano da sempre. Per mille motivi, l’Olimpia di Armani ha deciso di darsi una nuova faccia per recuperare il calore dei suoi tifosi: quella di Luis è il modello da seguire.

L’urlo (a metà) di Tarzan. Se qualcuno gli mette un pallone tre palmi sopra il ferro, Tarczewski lo trasforma regolarmente in una schiacciata di inaudita violenza, che vale sempre due punti ma che a molti fa pensare di aver ben speso il prezzo del biglietto. Per il resto, però, il suo aggirarsi nell’area colorata pare quello di un elefante in una cristalleria: sempre a rischio di abbattere qualcuno, con relativo fallo. Non vediamo gli allenamenti dell’Olimpia e non sappiamo se stanno già lavorando in tal senso, ma davvero gli andrebbe affiancato un lungo d’esperienza che lo aiuti a rieducare i movimenti. Altrimenti resterà sempre un gigante a metà.

Qualcuno ha visto Aaron? L’oggetto misterioso del roster Armani continua a essere White, lontanissimo dal giocatore ammirato a Kaunas. Se coach Messina ha un nodo immediato da sciogliere, anche in ottica Campionato per dare fiato al reparto lunghi, crediamo sia proprio questo. Così come abbiamo il timore che, malgrado la diversa considerazione ricevuta rispetto alla gestione Pianigiani, Christian Burns (a sua volta sempre più lontano dalla stagione-monstre con Cantù) continui a non riuscire a trovare la sua dimensione in una squadra come l’Armani. Contratto a parte, ovviamente.

Paolo Corio