EuroLeague - Olimpia Milano, Simone Pianigiani traccia un bilancio dell'annata 2017-18

Di rookie, Theodore, Gudaitis, Tarczewski e Kuzminskas: dove ripartire per la prossima stagione
EuroLeague - Olimpia Milano, Simone Pianigiani traccia un bilancio dell'annata 2017-18

Alla vigilia dell’ultima partita di EuroLeague della stagione, l'Olimpia Milano traccia un bilancio della competizione 2017-18 con un occhio verso il futuro attraverso le parole del capo allenatore Simone Pianigiani. Giovedì contro il Panathinaikos al Mediolanum Forum di Assago (ore 20:45) ci sarà la 30esima ed ultima partita di regular season del nuovo format della competizione e, come è noto, si fermerà qui l'attività dell'AX Armani che non si è qualificata per i quarti di finale. I punti di ripartenza per la prossima stagione saranno i due centri Gudaitis e Tarczewski, l'ala Kuzminskas e il playmaker Theodore. Per tutti gli altri ci sarà, a nostro giudizio, tempo in questo finale di stagione dove la conquista dello scudetto diventa un imperativo ineludibile. Non sarà facile comunque, visto che la concorrenza se può aver approfittato fino ad oggi degli alti e bassi inevitabili del compresso calendario cui l'Olimpia è stata sottoposta, adesso può accedere a rinforzi dal contenuto costo temporaneo (stipendi per soli due mesi) per portarsi al livello della corazzata di Pianigiani.

Coach Pianigiani, parliamo di questa stagione di EuroLeague dell’Olimpia.

“Il primo obiettivo era migliorare nel corso dell’anno ed essere sempre competitivi. Ci sono state tipologie di partita in trasferta che nel girone di andata abbiamo controllato e poi perso (vedi Istanbul e Malaga) che nel girone di ritorno abbiamo vinto (a Vitoria, a Barcellona, a Mosca, a Bamberg). E la squadra ha lottato quasi sempre, ha rimontato vincendo a Valencia, in casa con il Bamberg, altre volte non ha completato la rimonta ma ci ha provato fino alla fine, con la Stella Rossa, con Valencia in casa. In sette sconfitte siamo stati avanti o pari nel quarto periodo, abbiamo avuto il tiro per vincere con l’Olympiacos e con Valencia, praticamente anche a Malaga, siamo andati al supplementare con il Fenerbahce. Tre volte, per tecnici ed un’espulsione per somma di tecnici, abbiamo perso nel finale senza avere Jordan Theodore. Tra arrivare vicini a vincere e vincere la differenza è notevole, non voglio sminuirla, ma arrivare vicini a vincere significa essere stati competitivi. Tre o quattro vittorie in più le meritavamo e avrebbero dato un altro senso alla nostra EuroLeague. Ripartiremo da lì e da una metodologia di lavoro nuova sviluppata in questo primo anno di un progetto che vuole essere continuo”.

E da una base di giocatori che in questa stagione, con un roster rivoluzionato, non c’era.

“Era un altro degli obiettivi: capire cosa ci serva per essere sempre più vicini alle prime otto. Nel corso della stagione abbiamo già cercato di mettere qualche tassello con Curtis Jerrells e Mindaugas Kuzminskas. Purtroppo l’inserimento di Jerrells è stato forzatamente accelerato dall’infortunio di Goudelock a Valencia (quattro gare di assenza totale) e questo ha pesato anche sulle sue condizioni fisiche. Kuzminskas veniva da uno stop agonistico lungo, poi nella nostra squadra serviva da 4 e lui rende al meglio se può giocare in ambedue le posizioni di 3 e 4. Ma non faremo una seconda rivoluzione. Abbiamo lavorato per non doverla fare. Il caso Gudaitis è significativo”.

Cioè?

“Speravamo di avere Patric Young in quel ruolo ma quando abbiamo capito che non sarebbe stato possibile non siamo andati sul mercato, abbiamo sviluppato un progetto lungo su un centro giovane e con caratteristiche differenti. Non abbiamo cercato un altro Young, abbiamo trasformato un problema in un’opportunità. Gudaitis era un quasi esordiente in EuroLeague. Cifre alla mano, è stato uno dei centri migliori della competizione. Ma nessuna delle 15 avversarie ha affrontato l’Eurolega con due centri debuttanti”.

L’altro è Tarczewski.

“All’esordio a Mosca, il loro centro, Othello Hunter, aveva circa 100 partite e tre Final Four di esperienza EuroLeague; Kaleb era un rookie. Oggi lui e Gudaitis si sono evoluti e sono diventati giocatori molto competitivi. Questo è un lavoro che la società e lo staff hanno concordato di fare pagando qualcosa nell’immediato, per investire sul futuro”.

Si chiude la seconda stagione con il nuovo format. Cosa ha insegnato?

“Giocando un minimo di 60 partite prima della post-season (e in EuroLeague si affrontano le migliori squadre del continente), con ritmi infernali vedi le cinque settimane con doppio turno, la profondità dei roster non è un vezzo ma una necessità reale. Il calendario inevitabilmente genera infortuni che per alcune squadre, come la nostra, incidono più che altrove. Infine, l’impegno di EuroLeague incide sul rendimento nelle leghe nazionali. Se guardiamo alle squadre della nostra fascia di classifica, chi ha vinto un po’ di più in EuroLeague ha sofferto maggiormente in campionato. Mi riferisco a tutte le spagnole tranne il Real che è di fascia superiore ma lo scorso anno non ha vinto il campionato e quest’anno non ha vinto né la Supercoppa né la Coppa del Re, per intenderci. Capisco cosa sia successo a Bamberg, Efes, Barcellona, Malaga persino al Khimki che ha fatto molto bene in EuroLeague ma è attorno 50% di vittorie in VTB. Questa è una realtà con la quale occorre scendere a compromessi. Lungo l’arco della stagione, come avviene nella NBA, ci sono sconfitte determinate dal calendario e finisce che qualcosa dovrai lasciare per strada. Ognuno cerca di ovviare ma la realtà dei fatti è questa. Le squadre di EuroLeague si suppone siano le migliori d’Europa ma non tutte nelle proprie leghe sono in testa e alcune faticano a restare in linea di galleggiamento. Poi come dice il coach del CSKA, Itoudis, tutti abbiamo regole di EuroLeague e regole locali di eleggibilità che ti obbligano a spostare i giocatori locali verso il campionato e altri verso l’EuroLeague. Succede anche al Fenerbahce: ha giocatori della nazionale turca come Guler e Mahmatoglu, che praticamente giocano solo in campionato, non perché siano meno bravi degli altri. E’ successo anche a noi ma non sempre è stato compreso”.

In trasferta il bilancio dell’Olimpia giustificherebbe quasi l’accesso ai playoff, ma non quello casalingo.

“E’ vero. In parte rientra nel concetto di quelle 3 o 4 vittorie in più che meritavamo o erano a portata di mano. Abbiamo perso una volta al supplementare, una volta di un punto, una volta di tre e un’altra di quattro. In tutte abbiamo avuto il tiro per vincere o pareggiare oppure l’hanno segnato gli altri (vedi Stella Rossa con Feldeine). Ma al di là degli episodi si tratta di equilibri da costruire lungo una stagione cominciata senza conoscersi, si tratta di limiti esperienza. Il nostro playmaker titolare, che ha saltato sette partite per infortunio, ad esempio, veniva dalle coppe minori. Avevamo tanti debuttanti: M’Baye, che era in quintetto prima di Kuzminskas, era un rookie in Eurolega. Nessuno ha notato che nello starting five che ha cominciato la stagione avevamo tre rookie. Lui, Tarczewski e Theodore. Chiaro che “finire” le partite in volata non è facile partendo da queste basi. Ma nel girone di ritorno siamo stati migliori anche in questo vedi Vitoria e Barcellona: oggi siamo tutti meno inesperti come gruppo e migliorati, abbiamo credibilità e nessuno ci ha mai sottovalutato”.