Virtus Bologna i 60 anni del presidente Villalta

Il numero uno bianconero a Stadio «Ho realizzato tutti i miei sogni»
Fonte: Virtus Bologna/Corriere dello Sport-Stadio
Renato Villalta
Renato Villalta

Il 3 febbraio il presidente della Virtus Bologna, Renato Villalta, festeggia i suoi primi sessant’anni. Per questa società è una bandiera, e il suo numero 10 fa bella mostra di sé alla Unipol Arena, numero ritirato come si fa con quelli che hanno fatto la stroia: in Virtus è stato il primo, e dopo di lui è toccato soltanto a Brunamonti e Danilovic.
La sua storia, e la nuova vita al timone di una società che lo ha visto idolo dei tifosi, è oggi raccontata da Luca Muleo sulle pagine di Stadio, con una bella intervista che di seguito vi proponiamo:

 

Martedì saranno sessantanni. Quaranta con la V nel cuore. In mezzo, tante altre cose. Renato Villalta però non si volta, più che bilancio cerca una sintesi. Ripetendo spesso il modugnesco meraviglioso, che infatti pare una colonna sonora. Sessanta, come festeggia?
“Tre quarti di vita, c'è da mettersi a piangere. Scherzi a parte, non cambia nulla. La vita si festeggia giorno dopo giorno”.
L'immagine più bella?
“Mi ritengo un uomo molto fortunato. Faccio lavori che mi piacciono alla follia, ho girato il mondo. Ma non guardo indietro, il presente è meraviglioso”.
Il basket?
“Devo ringraziare i genitori, mi hanno lasciato andare a 13 anni e mezzo e non era facile nel '68. Venivo dalla campagna, periferia di Treviso, hanno capito che la mia vita era quella”.
Incontri decisivi?
“Giomo, il primo che mi ha seguito, coccolato, e convinto a provarci. Poi a 20 anni arrivai in Virtus, Gigi e Paola Porelli mi hanno fatto crescere”.
E se il suo miglior amico andasse al Quirinale?
“L'amicizia va al di là del potere. Ho pochi amici, ma fantastici per quello che sono e trasmettono”.
La Virtus, parliamone.
“Allora avevo tre sogni: il primo, giocare con la maglia azzurra, quella senza sponsor. Mi vengono i brividi anche ora quando sento l'inno, credo nelle istituzioni, nei valori, nel rispetto delle regole, sennò non si va avanti. Il secondo, una grande squadra. Il terzo vincere. Tutti realizzati”.
Pensa di aver fatto errori da presidente?
“Ero fuori da molto, col senno di poi si fa 13 al totocalcio il lunedì. Se li ho fatti, erano nella convinzione di cercare il bene della società”.
Non le dicono chi te lo fa fare?
“Ho una famiglia meravigliosa. I miei figli e mia moglie, persona intelligente. Ha capito che 25 anni in un mondo non si dimenticano. I soci hanno scelto me, un onore”.
Il suo progetto?
“Vorrei lasciare un segno di serietà. E il meglio possibile per l'amata Virtus, per questa città. Un orgoglio sentire gli addetti ai lavori dire "tutti parlano bene della Virtus, i giocatori preferiscono prendere meno e venire qui"”.
Una cosa di Bologna che non le piace?
“Bella così, con i suoi difetti. Vorrei più gioco di squadra, integrazione tra i vari attori e un po' di rischio”.
Lunedì torna il derby.
“Servirebbe alla città, è uno stimolo. Questa iniziativa è molto lodevole, quando Anconetani ce l'ha proposto ci siamo convinti subito. Aiutiamo associazioni meritevoli, e facciamo assaporare il clima ai giovani. Mi auguro ci sia molta gente”.
L'avversario più forte?
“Me stesso. No, erano tutti bravi. Poi ce n'era uno che mi creava più problemi, Johnson di Napoli, come il nostro White ma più alto, soffrivo la sua velocità. E grande rispetto e venerazione per Meneghin”.
Il compagno?
“McMillian e Cosic, quello che ricordo con maggiore affetto. In Nazionale, Meneghin. Come dirigente Porelli, e in azzurro Petrucci”.
Con chi non ha legato?
“Nessuno. Fredrick sembrava chiuso, ma non ci furono problemi”.
Questa Virtus le farà il regalo?
“Chiedo solo che restino concentrati”.
Il futuro bianconero?
“Sono molto fiducioso. Il lavoro non è finito, ringrazio soci e fondazione, hanno rimesso la società in carreggiata. Può diventare un gioiello”.
Valli confermato?
“Vogliamo dare certezze e tranquillità. Sono contentissimo di lui, e penso anche lui di noi, quindi mi auguro resti più a lungo possibile. Spero si trovi una sintesi, e credo sarà naturale”.
Il gioco moderno le piace?
“Il nostro sì, perchè la squadra ha un'anima. Si può perdere ma si dà tutto”.
In questo contesto un altro Villalta nascerà?
“Non è più possibile stare 13 anni nella stessa squadra. La Nazionale ora è una tappa, l'obiettivo è la Nba”.
Cosa c'è da cambiare?
“Sintetizzo: poche regole aggiornate, rispettarle”.
Rinunciare ai contratti d'immagine è stato difficile?
“Abbiamo interpellato fiscalisti e avvocati, chiesto quali regole ci fossero, le abbiamo applicate. Punto e a capo. Le regole si rispettano. Per esempio, la penalizzazione è stata corretta. Se concedi una proroga a me poi tutti si sentono autorizzati”.
Che augurio si fa?
“Di ritrovarci a parlare ancora tra tantissimi anni”.