30 Ottobre - Tra esordi illustri, i 24 secondi e dimostrazioni di fedeltà

30.10.2016 13:00 di  Emanuele Grignolio   vedi letture
Stockton in maglia Jazz
Stockton in maglia Jazz
Iniziamo il nostro viaggio quotidiano tra i ricordi NBA dal 30 Ottobre del 1954, la bellezza di 62 anni fa. In questa data fece il suo esordio su di un parquet NBA un giocatore che rivoluzionò completamente il ruolo di ala grande e per questo venne introdotto nella Basketball Hall of Fame di Springfield nel 1970. Fu Campione NBA nel 1958, eletto miglior rookie nel 1955 e miglior giocatore nelle stagioni 1956 e 1959. Sto parlando di Bob Pettit, che quel giorno fu il miglior realizzatore dei Milwaukee Hawks con 17 punti. Lo stesso giorno la NBA introdusse una novità destinata a rivoluzione la storia del Gioco: il cronometro dei 24 secondi. Ormai oggi siamo abituati a vederlo, ma la National Basketball Association lo dovette adottare quel giorno per rendere le partite più divertenti, in quanto le squadre vincenti tendevano a fare la cosiddetta “melina” per evitare di lasciare la palla alla formazione avversaria. Perché 24 secondi? E’ presto detto. Fu un calcolo puramente matematico. Il creatore di questa invenzione, Danny Biasone, notò che dando un’occhiata ai tabellini delle partite da lui visionate la media dei tiri presi da ogni squadra era di 60 a gara. Cioè circa 120 tiri per partita, quindi prese i 48 minuti di gioco e li divise per le 120 conclusioni precedentemente citate ed ecco da dove deriva il famoso 24 che oggi tutti noi siamo abituati a vedere sul cronometro che scandisce la durata dell’azione. Inoltre venne anche introdotto il limite di sei falli per squadra per ogni quarto, in modo da velocizzare il Gioco eliminando i falli commessi per fermare l’azione e i tempi morti. Facciamo ora un salto in avanti di 26 anni, fino al 30 Ottobre del 1980. Data in cui la NBA, in occasione del 35° anniversario dalla sua creazione, stilò la lista dei migliori giocatori della sua storia: Kareem Abdul-Jabbar, Elgin Baylor, Wilt Chamberlain, Bob Cousy, Julius Erving, John Havlicek, George Mikan, Bob Pettit, Oscar Robertson, Jerry West e Bill Russell. Quest’ultimo fu votato come il miglior giocatore della storia NBA insieme al suo coach Red Auerbach che venne nominato miglior allenatore. Il titolo di miglior squadra andò invece ai 76ers della stagione 1966/67. L’anno successivo fece il suo debutto in NBA un giocatore che, nonostante l’altezza, riuscì a diventare successivamente il leader di tutti i tempi in punti, assist, palle recuperate e partite giocate con la casacca dei Detroit Pistons, squadra che lo scelse al Draft di quell’anno e da allora non lo lasciò più andare, vincendo due titoli NBA con i mitici “Bad Boys” e fu inserito nella Hall of Fame nel 2000. Ovviamente sto parlando di Isiah Thomas, che quel giorno guidò i suoi Pistons al successo sui Bucks con una prestazione da 31 punti segnati. Lo stesso giorno ci fu un altro esordio che entrò nella storia, non sul campo bensì sulla panchina dei Los Angeles Lakers, quello di Pat Riley. Futuro Hall of Famer anche lui nel 2008. Vinse, oltre ad un anello da giocatore proprio con i giallo-viola nel 1972, cinque titoli NBA da capo allenatore e due da presidente-GM, oltre a tre nomine ad allenatore dell’anno e nove partecipazioni all’All Star Game. Il nostro viaggio odierno si conclude il 30 Ottobre del 2001, giorno in cui il grande John Stockton iniziò la sua diciottesima stagione consecutiva con la divisa degli Utah Jazz, stabilendo il record per la più lunga militanza in una franchigia, purtroppo senza mai riuscire a vincere un titolo che avrebbe certamente meritato.