12 giorni di NBA, le prime impressioni e il "the heat of the beat"

09.11.2014 10:42 di  Amedeo Confessore   vedi letture
12 giorni di NBA, le prime impressioni e il "the heat of the beat"

Se l’insonnia è vostra fedele compagna di vita, benvenuti nell’universo di chi decide che le occhiaie sono cool e guarda le partite di basket NBA in diretta la notte. A una settimana dall’inizio della stagione regolare, la NBA, come al solito non manca di spunti d’interesse.

Nella Big Apple, i Knicks dopo essere stati sommersi dai fischi dal solito paziente pubblico del Madison Square Garden nella gara d’apertura, atterrano a Cleveland e decidono di fare sul serio, peccato che il rigurgito d’atletismo duri lo spazio di un temporale estivo. Già al primo derby di stagione, la squadra di Coach Fisher, si ritrova a corto di fiato e di idee.

A Est, Raptors, Bulls e Wizards partono con il pilota automatico, e i più futuribili dei tre (Bulls), hanno anche la panchina più lunga per affrontare le inside di quella lunga notte che è la Regular Season NBA.

Lance Stephenson accende e spegne l’interruttore dell’entusiasmo a Charlotte, mentre nella città dell’amore fraterno, i 76’ers sono ancora alla ricerca della prima vittoria (0-6).

I Cavs cercano il punto d’equilibrio cestistico, investono sugli automatismi che dovranno permettere loro di trovarsi sul campo. Al momento giocano con il freno a mano tirato ma presto l’onda lunga del Lebronpensiero arriverà a contagiare anche i più timidi della squadra. La sensazione è che, come al solito, a Est basta uno strappo vincente di più partite per salire posizioni in classifica, tra nobili decadute (Pacers su tutti) e lampi di inizio stagione (Raptors), la mediocrità regna sovrana.  

Fa bene al cuore vedere Ettore Messina e Becky Hammon sulla panchina degli Spurs, il primo accanto a coachPopovich, la seconda nelle immediate retrovie. Le scelte di pensiero della franchigia texana, sono come al solito all’avanguardia. Gli Spurs, giocano quieti l’inizio di stagione, ben sapendo che occorre arrivare in primavera in salute fisica e psichica, per traguardare il famoso back to back che in terra texana è riuscito solo ai Rockets.

Nella conference che guarda al Pacifico c’è da stropicciarsi gli occhi per quanto di bello accade sul campo. I Warriors sono come scriveva Jack Kerouac “The heat of the beat”, e non a caso giocano a pochi chilometri dall’impulso della beat generation, se quest’anno alla strabordante potenza offensiva si accompagnerà anche la solidità difensiva allora possiamo comodamente accomodarci in poltrona, che lo spettacolo sarà di qualità eccelsa. Steve Kerr, conosce la ricetta vincente, educare la baia al suo credo cestistico è l’impresa che tutti noi cerchiamo di seguire con la massima attenzione.

Poi Grizzlies e Rockets, che confermano le aspettative, i secondi in pare abbiano trovato anche la giusta dose di serietà nei comportamenti in campo delle loro star, i primi giocano sempre il loro basket essenziale, con un Conley sempre attento e la coppia di lunghi più efficace della NBA (Gasol e Randolph).

I Kings piazzano il loro nome ai piani alti della classifica per il momento, alle loro spalle Clippers, Mavericks e Blazers, non fanno che aumentare la confusione per la più celebrata delle Conference NBA.

In basso brutte notizie per Lakers e Thunder. Per le due franchigie, quest’inizio di stagione è l’incubo peggiore che si poteva prevedere, gli infortuni in Oklahoma di Westbrook e Durant, hanno praticamente reso i Thunder orfani della capacità di vittoria, e in California si aspettano decisamente tempi migliori.