Tra le stelle e le stalle: il record di Golden State e il tracollo dei 76ers sotto lo stesso denominatore

Tra le stelle e le stalle: il record di Golden State e il tracollo dei 76ers sotto lo stesso denominatore

(di Giovanni Rinaldi e Umberto De Santis). Nella notte del 25 novembre i Golden State Warriors hanno frantumato un nuovo record, ovvero hanno ottenuto il numero più elevato di vittorie consecutive dall'inizio del campionato NBA. Fino al 22 novembre scorso i Warriors avevano eguagliato, con una serie di 15 vittorie di fila, i Washington Capitals (1948-1949) e gli Houston Rockets (1993-1994). Con la vittoria di questa notte a discapito degli ormai sfiduciati Lakers, - il loro tabellino di marcia recita uno scarno 2-12 - i Golden State Warriors raggiungono un nuovo traguardo. Mai nessuno aveva fatto meglio degli Splash Brothers e Co. Infatti, ben 20 squadre nelle prime 16 partite hanno ottenuto un record di 15-1.

Con il raggiungimento di questo primato nella storia della NBA, fioccano i commenti al riguardo dei Warriors, ovvero se possono eguagliare o addirittura superare il record dei Chicago Bulls di Jordan nella stagione 1995-1995 di 72-10 (come poco tempo fa ha vaticinato Klay Thompson), oppure che non siano i degni eredi dello Show-time targato Magic Johnson dei Lakers anni '80. Indubbiamente parliamo di sistemi ben diversi per caratteristiche, anni di riferimento, e giocatori. I Bulls avevano gettato le basi per la costruzione di una delle dinastie più famose della storia della lega, e, senza nulla togliere allo strepitoso Curry, avevano un Jordan che prima della stagione 1995-1996 aveva già vinto 3 volte il premio di MVP. I Lakers dello Show-time invece erano costituiti su un basket run-and-gun, sulle abilità di segnare nel pitturato di Kareem Abdul-Jabbar e sul fast break, senza dimenticare ovviamente il direttore d'orchestra Magic Johnson. I Warriors rispecchiano il gioco run-and-gun dei Lakers, e la stella di Curry, complice anche il tempo, ci dirà se potrà diventare un leader al livello uguale o superiore di Jordan. Ciò che conta, a prescindere dai paragoni, sarà la capacità di replicare i successi dello scorso anno, lasciando perdere paragoni scomodi, e le premesse per replicarli e superarli ci sono tutte.

 

Un caso diametralmente opposto invece per quanto riguarda i Philadelphia 76ers, che con la sconfitta del 24 novembre contro i Timberwolves, eguagliano ben altre nove squadre con il risultato di 0-15 consecutive nelle prime 15 partite. Si spera per la città dell'amore fraterno che questo record finisca il prima possibile con la prima vittoria stagionale, anche perché se eventualmente andranno oltre le 18 sconfitte di fila saranno loro a scrivere il loro nome nella classifica del peggior record di sconfitte consecutive, superando lo 0-18 dei New Jersey Nets annata 2009-2010.

Il focus su questa situazione disastrosa dei 76ers va posto sulle scelte discutibili per la quale si è deciso di optare. Sulla carta, con un buon processo di ricostruzione, i 76ers potrebbero dire la loro negli anni a venire. Una squadra ricca di nuovi ed interessanti prospetti, vedi Jahlil Okafor su tutti, che deve fare i conti con infortuni e inesperienza del roster. Questa situazione, abbastanza imbarazzante al momento, potrebbe diventare parecchio frustrante con l'andare avanti del tempo. In una squadra che al momento non ha mai vinto una partita dall'inizio della stagione, tutto il talento e le ottime prestazioni che ogni sera mette a referto il talento prodotto da Duke sono sprecate, se non guardiamo in un punto di vista prettamente statistico. Bisogna vedere però se, con una squadra costruita con buoni gregari, sia comunque in grado di dare il suo apporto come sta facendo ora, oppure se sia solo un discreto mestierante o se le prestazioni mediocri dei suoi compagni di squadra lo rendano solo il migliore tra i peggiori. È sicuro che in tutto ciò chi ci rimette sono i 76ers, che devono convivere con uno dei migliori prospetti degli ultimi anni e con dei risultati che tardano ad arrivare e che possono solamente peggiorare.

Curioso il fatto che proprio tra le stelle e le stalle sia Philadelphia il minimo comune denominatore delle due franchigie. I Philadelphia Warriors, nati nel 1946 e fondatori della NBA, dopo aver vinto il primo titolo assegnato dalla Lega nel 1946-47 e un secondo nel 1955-56 emigrarono a San Francisco nel 1962 assumendo prima il nome di San Francisco Warriors e, nel 1971 in Golden State Warriors. Il loro posto, un anno dopo il trasferimento della franchigia, fu preso dai Syracuse Nationals che avevano già in tasca il titolo del 1955-56 e che cambiarono nome in Sixers per decollare acquistando proprio dai Warriors Wilt Chamberlain nel 1965 per raggiungere la vittoria di altri 2 anelli tra cui il titolo del 1966-67 superando in finale, indovinate chi? Proprio i Warriors della West Coast!