Doping nel basket: in che direzione stiamo andando?

le indagini negli USA rivelano farne uso anche giocatori della NBA
28.07.2013 02:37 di Umberto De Santis   vedi letture
Doping nel basket: in che direzione stiamo andando?

Gli appassionati sportivi, quelli veri, avranno certamente storto la bocca nel vedere l’ultimo tour de France dei molti record frantumati, e tutti riguardanti le prestazioni tecnico-sportive dei ciclisti come il vincitore Froome che sono andati più forte dei loro predecessori, dopati acclarati, da Lance Armstrong a Marco Pantani. E che sperano sempre che il basket ne sia immune, ritenendolo uno sport così diverso per caratteristiche fisiche e tecniche. In fin dei conti non c’è alcuna droga che possa far diventare tonda una mano quadrata …

Alla fine di gennaio 2013, il Miami New Times ha scoperchiato il vaso di Pandora  che ci ha aperto gli occhi su un nuovo importante scandalo riguardante il doping nella MLB (baseball). Una sconfitta per chi crede nello sport “pulito” (l’ennesima), ma indubbiamente una vittoria del programma antidoping messo a punto dalla MLB.

Nella clinica di Miami (chiusa) del dottor Anthony Bosch sono stati ritrovati documenti che testimoniano, ormai si può dire con una certa sicurezza, la vendita di sostanze dopanti ad alcuni importanti protagonisti del baseball USA. Tra questi Alex Rodriguez, Gio Gonzalez e Nelson Cruz. La lista dei “cattivi” comprenderebbe fino a 20 nomi eccellenti e Ryan Braun ha avuto una sospensione di 65 partite.

In un’intervista rilasciata all’emittente ESPN, l’ex dipendente della clinica Porter Fischer, ha precisato: “Non si tratta di uno scandalo del 2012 o del 2013; alcune di queste persone sono sulle liste della clinica sin dal 2009. Negli ultimi quattro anni, che io sappia, saranno almeno un centinaio gli atleti in questione. E’ davvero spaventoso pensare a quanta gente si sia sottoposta a questi trattamenti e per quanto tempo tutto ciò sia rimasto all’oscuro dell’opinione pubblica. Per quanto riguarda gli sportivi coinvolti, ci sono atleti di NCAA, NBA, boxe, tennis e MMA, oltre ai già noti giocatori della MLB. Che io sappia, non ci sono giocatori della NFL e della NHL ma non lo escludo assolutamente.”

Stern e tutta la NBA sono saltati in piedi, tarantolati. Anche perché le generalità dei cestisti NBA coinvolti è rimasta segreta. Il commissioner, alla Summer League è dovuto intervenire sull’argomento.  In effetti  le attuali regole sui controlli PED (performance enhancing drugs) sono blande e devono esser riviste ed inasprite nel breve periodo, dopo aver nominato un direttore esecutivo che si occupi a tempo pieno el problema.

Ad oggi  non è previsto ad esempio l’obbligo di eseguire sui giocatori l’esame del sangue che servirebbe a rilevare la presenza dell’ormone della crescita, una delle sostanze proibite più diffuse nel mondo dello sport. E di conseguenza le pene previste in caso di accertamento di uso di doping sono abbastanza tiepide: una sospensione di 20 partite per la prima positività, 45 gare di stop per la seconda, la radiazione dalla Lega per la terza.

Stern, nel 2005, ebbe a dichiarare: “Uno sport come il basket, in cui sono esaltate la rapidità, l’agilità, la destrezza e l’abilità rispetto a tutti gli altri attributi fisici, non si presta per migliorare le prestazioni all’uso di steroidi o sostanze dopanti, che sono principalmente utilizzate per costruire la massa muscolare, la forza e la resistenza”. Pare adesso che non sia del tutto vero quello che pensava Stern allora.

Pensare che il doping nella NBA si concentri soprattutto nella banalizzante diatriba degli steroidi per gonfiare i muscoli, è ingenuo oltre che errato. La reale utilità del doping oggi si manifesta nelle situazioni intermedie e collaterali alla partita: recupero più veloce per gare ravvicinate, guarigioni più rapide, copertura del dolore, capacità di lavorare più a lungo e con maggiore intensità durante la preparazione, persino approccio più aggressivo alla gara. Se ti beccano James positivo crolla tutto il sistema e 82 partite l’anno non sono uno scherzo. Pure noi, in Europa, per le squadre che disputano l’Euroleague oltre il campionato nazionale, ci si va molto vicini. La Montepaschi Siena da settembre 2012 a giugno 2013 ha messo insieme 79 partite ufficiali (compresa la tournée americana).

Se fosse arrivata in finale di Euroleague e con il playoff scudetto in 7 partite teoricamente avrebbe potuto raggiungere le 88 gare in stagione. Forse il CSKA Mosca, che aveva un numero maggiore di competizioni rispetto a Siena, c’è arrivato, a 90 partite. Un ritmo che fisicamente nessun roster può reggere senza subire continuamente una catena di infortuni e senza la massiccia applicazione di un ottimo staff medico, come si è visto sul campo. In che direzione stiamo andando?