Lega A - Gianmarco, Rolando, Baso, Seba e l'importanza di essere "Capo"

Gianmarco Pozzecco: «In Croazia esperienza fantastica. Tornerò al PalaFantozzi quando...»
Lega A - Gianmarco, Rolando, Baso, Seba e l'importanza di essere "Capo"

Terreno arido lo sport. Se non vinci, non puoi parlare e se perdi puoi solo giustificare. Zero emozioni oltre quelle del campo, zero sentimenti concessi, zero sorrisi se alla fine non hai un punto in più degli altri. È un sistema lineare e perfetto, ma i ribelli sono ovunque, e sono anche contagiosi. Gianmarco Pozzecco ad esempio, uno di quelli per cui il cuore viene sempre prima della ragione e amen se poi le cose non vanno come avrebbero dovuto. A Capo d’Orlando ha scritto la storia, e se in giro per l’Italia basta nominarlo per strappare un sorriso vuol dire che la ribellione non è ancora finita.

 

Raccontaci un po’ della tua vita in Croazia. Come procede? Sei felice? Esperienza incredibile che mi sta permettendo d’imparare tantissimo. Stare vicino a Veljko (Mrsic, ndr) mi sta giovando tanto, è già un grandissimo allenatore e tra qualche anno considerato tra i più grandi del momento. Da assistente allenatore puoi vivere la pallacanestro con maggiore serenità e meno pressione, hai la possibilità di analizzare con maggiore lucidità alcune situazioni che da capo allenatore non riesci a interpretare bene perché devi necessariamente dare priorità ad altro. Sono assolutamente contento di aver fatto questa scelta.

 

Con il Cedevita stai avendo anche la possibilità di fare esperienze da allenatore nelle coppe europee. A che punto pensi di essere arrivato nella tua carriera? Non penso al dopo perché qui sto veramente bene. Un giorno ovviamente vorrei un giorno mettere in pratica tutto quello che sto imparando, ma non ho questo assillo di farlo o farlo subito. Prendo tranquillamente in considerazione anche l’ipotesi di restare a lungo con Veljko. Il mio mondo è in Croazia in questo momento, sono molto coinvolto nel lavoro che sto facendo. La società è splendida al di là di Veljko che è un mio grande amico. In questo momento della mia vita sono molto sereno.

 

C’è qualche possibilità di vederti ancora come capo allenatore allora... Si, è una cosa che mi piacerebbe tornare a fare nella mia vita dopo quell’incredibile esperienza nata dall’idea folle di Enzo Sindoni di darmi la squadra in mano. A Capo da primo allenatore ho vissuto un anno e mezzo fantastico sotto ogni punto di vista. Pensavo che il mondo fosse così ovunque invece ho incontrato delle difficoltà a Varese. Il fatto di amare Varese follemente come Capo, ha fatto sì che l’impatto emotivo fosse fortissimo e la pressione esagerata. Solo che a Capo dopo le prime partite perse, le cose si sistemarono subito e la squadra non ha mai avuto cali di rendimento, a Varese non riuscimmo a riprenderci e per me fu difficilissimo. A Capo d’Orlando, poi, avevo Peppe Sindoni con me, una persona decisiva. Se avessi avuto Peppe anche a Varese le cose sarebbero finite in modo diverso. Perché? Fondamentalmente è un genio che vive di pallacanestro, in ogni secondo della giornata sapevo di poter contare su di lui. È una persona onesta, schietta, per me è come un fratello. La cosa più bella che ho imparato da Peppe sta nel suo essere: ora nel ruolo di vice faccio da spugna e cerco di assorbire tutte le pressioni di Veljko, ecco io adesso sto facendo il Peppe Sindoni di Veljko.

 

 

E di quest’Orlandina che mi dici? Un gran bene, sposo assolutamente la filosofia di Capo d’Orlando. È una squadra prettamente europea, è questa la strada da perseguire per me. Altrimenti rischi di essere in balia degli americani e del loro modo d’intendere la pallacanestro. Non li critico, ma negli USA la pallacanestro è molto meno tattica e più basata su uno contro uno e isolamenti. Se in squadra ne tieni due o tre loro dovranno adeguarsi al nostro modo di giocare, se ne hai 6 o 7 invece, devi adeguarti tu e il resto della tua squadra. La stronzata che ho fatto a Varese è stata proprio questa: costruire una squadra con queste caratteristiche quando fondamentalmente la pallacanestro che mi piace è quella di Basile, Soragna e Nicevic, Dominique Archie, Mays e Portannese, cioè italiani ed europei più qualche americano funzionale. Così riesci ad ottenere il meglio da tutti. Peppe Sindoni in base al budget che ha a disposizione ha costruito ottimamente la squadra. Capo d’Orlando poi è un paradiso per i giocatori. È facile giocare lì per via del pubblico e della clamorosa atmosfera. Ho zero dubbi su Capo d’Orlando quest’anno, così come non ne avevo l’anno scorso anche quando faceva un po’ fatica. Chiamavo Peppe e gli dicevo stai tranquillo vedrai le cose si sistemano perché la squadra è fatta in modo intelligente. Quest’anno il roster è addirittura migliore, ci sono giocatori di stampo europeo con americani che hanno già giocato in Europa e a Capo come Dominique e Drake. È una squadra che mi fa impazzire, fatta di gente che ci tiene, sono convinto che si toglieranno tante soddisfazioni.

 

C’è anche Tommy Laquintana.. tu gli hai dato fiducia subito, è il suo anno? Guarda.. parlare di Tommy è come parlare di un figlio, è una persona cui sono profondamente legato. È un bimbo d’oro come mi piace definirlo. Ti dico che Tommy è ormai un giocatore affermato. Ha ancora margini di miglioramento, ma giocherà una vita in Serie A. Tommy ha una cosa che contraddistingue tutti i giocatori che vantano carriere di successo: ha le palle, ma quadrate davvero. È il miglior complimento che si possa fare a un giocatore di pallacanestro.  È destinato a migliorare ogni anno. Per me può arrivare in Eurolega e in Nazionale, è uno dei giocatori più forti che abbiamo in Italia in questo momento. A Capo d’Orlando è ormai un pilastro, un giocatore su cui puoi fare affidamento. Io al Cedevita se potessi lo prenderei domani mattina, da noi giocherebbe tanto e bene. Ne ho parlato con Veljko anche.

 

Anche l’ultimo arrivato a Capo è un ragazzo che conosci molto bene... Mario Delas? Numero 1. Lo sento spesso, un giocatore intelligente e molto versatile. Da ragazzino era considerato un fenomeno, poi qualche infortunio ha rallentato la sua carriera. Non ha ancora dimostrato il suo vero talento. Già dall’anno scorso gli consigliavo di andare a Capo, è un’occasione per lui. Farà sicuramente bene. Sono contento perché è positivo per lui e per l’Orlandina. È un ragazzo meraviglioso.

 

E non ci siamo ancora rassegnati a Baso... Una cosa che spesso si dice è che non si vive di ricordi. Non è assolutamente vero. Anzi si vive per far si che la vita abbia ricordi piacevoli. Capo rispetto al numero di stagioni in A che ha disputato, ha dei record assurdi. Ha potuto vivere alcuni personaggi clamorosi della pallacanestro italiana. È incredibile ad esempio che uno come Baso abbia deciso di restare a vivere lì a prescindere dalla pallacanestro. Anche io ho avuto la sua stessa idea, ne ho discusso anche con Enzo Sindoni. Dichiarai anche che avrei voluto fare un po’ come Totti a Roma. Poi la gente giustamente se la prese quando arrivò la chiamata di Varese. Enzo mi disse subito che non avrei potuto vivere tutta la mia vita lì, ma non sono ancora d’accordo. Mi ha chiamato Varese, ho fatto quella scelta, ma sarei potuto restare per sempre a Capo d’Orlando perché è un posto stupendo. Le persone che vivono lì sono speciali. Basile s’è innamorato del posto, Teo Soragna è stato da Dio, Sandro Nicevic è ancora lì, ci ha giocato Esposito, ho giocato e vissuto alla grandissima anch’io. Anche la favola del prof Ferrarini è stupenda, un uomo rinato grazie a quel posto. La verità è che nello sport non conta solo vincere.

 

Ma Baso torna a giocare? Te lo dico io: Baso tra un po’ torna. Io non ho mai parlato di questo con lui, è una mia convinzione. È andato a pescare, ora va a funghi.. ha pescato più pesci lui che tutti i pescatori di Capo messi insieme.. arriverà il giorno che prenderà un fungo velenoso, lo mangerà, starà quattro giorni seduto sul cesso e capirà che di funghi non capisce nulla e tornerà a giocare a pallacanestro che fondamentalmente è l’unica cosa che fa bene nella vita.. (ride, ndr)

 

Quella in corso è una stagione come le altre storica per Capo d’Orlando. Purtroppo però è stata segnata da alcuni fatti tragici. Che ricordo hai di Rolando Howell e Lollo De Lise? Rolando.. (sospira, ndr) quell’anno lì  è stato il più bello della mia vita insieme allo scudetto con Varese. Ho sentito la gioia di giocare a pallacanestro proprio. A Rieti eravamo sotto di 10 a 2’ minuti dalla fine. La partita era praticamente persa, ma eravamo una banda di squinternati e non so come l’abbiamo ripresa. Si va ai supplementari con Tamar Slay che mette i due liberi del pareggio a 1’’ dalla fine del tempo regolamentare. Avevamo l’aereo subito dopo la gara per tornare a Capo. Ad un certo punto nello spogliatoio prima del supplementare si alza Rolando: “Guys, guys, we lost the flight, we can go out in Rome.” (Ragazzi abbiamo perso il volo, possiamo uscire a Roma) e tutti “ Si, si!!”. Allora gli dissi: “Ragazzi vinciamo però e poi fuori pago tutto io”. Abbiamo vinto e siamo stati tutta la sera insieme fuori felici come bambini. Rolando era questo, era la felicità di vivere. Ogni volta che penso a Lollo, invece, ho il suo sorriso stampato in testa. Alla seconda partita da allenatore che ho fatto, l’ho portato in panca. Allunghiamo su Brescia, lo guardo in panchina e gli dico: “Lollo te la senti?”, lui sorride e mi risponde “Certo e la metto anche”, mi sono messo a ridere e l’ho mandato con affetto a quel paese. Oh, Lollo entra e fa pure canestro.. era di un contento che non si può descrivere.. voglio ricordarlo così, con quel sorriso. Rolando e Lollo erano tra le persone più buone che abbia incontrato a Capo. È venuta a mancare anche un’altra ragazza di Capo, Lorena, io la conoscevo poco. Il bello di Capo paradossalmente è anche questo, vivi un sacco di cose belle, ma la città diventa una famiglia e quando viene a mancare qualcuno è come se ti mancasse un parente. Una sofferenza assurda data dal grandissimo legame che si crea. È una cosa che deve far riflettere.. c’è tantissimo trasporto emotivo in un posto come Capo d’Orlando. È bellissimo.

 

Gianmarco quando torni a Capo? Non lo so, ma non vedo l’ora. Io e Tanya abbiamo delle persone a Capo, una seconda famiglia per noi. Non puoi neanche immaginare quanta voglia abbiamo di rivedere quella gente. E poi, te lo confido, vorrei rientrare al Palazzetto, quel tragitto dagli spogliatoi al campo con quella musica in sottofondo mi è entrata dentro. Fa parte di me adesso. Lo prometto: se Capo va ai playoff, verrò a vederla, non ci sono storie. Anche se giocasse il Cedevita, se dovessi scappare in aereo o andare a nuoto.. mi faccio venire a prendere dal Baso in gommone in caso!  Non so descrivere quanto mi farebbe piacere tornare. Ciao Seba, vado a piangere da un’altra parte…

Sebastiano Ilardi