Gigi Datome ricorda la Virtus Roma che fu... appena 5 anni fa

Fonte: Fabrizio Fabbri - Leggo.it
Gigi Datome ricorda la Virtus Roma che fu... appena 5 anni fa

Sembra passato un secolo. Eppure sono meno di cinque anni da quando, improvvisamente, Roma fu posseduta di nuovo dalla febbre del basket. Era successo per il Bancoroma dei sogni di Bianchini, Wright e Gilardi, capace di vincere lo scudetto e salire sul tetto d’Europa. Poi fu la volta delle Virtus di Bucchi e di quelle slave targate Pesic e Repesa. Poi nella primavera del 2013 una squadra nata quasi per caso arrivò a giocarsi la finale per il titolo. Palazzetto esaurito nei suoi 3.500 posti nella corsa al tricolore. E un uomo-simbolo a guidare la truppa: Gigi Datome.
Che miscela esplosiva c’era a Roma per arrivare fino alla finale tricolore?
«Ero il capitano, ma la forza di quella squadra fu il gruppo. Con lo staff noi giocatori creammo un blocco fortissimo. La gente si identificava in me, ma senza la squadra lontani non si va. Io avevo loro, i compagni, e poi gli allenatori e i dirigenti, tutti uniti».
E perché quella miscela è scomparsa e Roma è entrata in un tunnel senza fine?
«Nel basket ormai le cose cambiamo velocemente. Due anni dopo quei giorni magici il presidente Toti scelse di scendere in A2. Credo pensasse che con budget ridotto si potesse creare comunque qualcosa di solido e duraturo. Non è stato così e non so spiegarmi il perché. Ho il cuore ferito perché Roma e la Virtus sono dentro di me».
Qual è la ricetta per tirarsi fuori da questa palude?
«Difficile capire. C’è tanto livellamento e questo rende le cose difficili. Essere promossi o fare un campionato da protagonisti è veramente complicato, anche in A2».
Per consolarsi i tifosi tifano per Datome e per la sua attuale squadra, il Fenerbahce in Turchia.
«Mi scrivono spesso. Ripercorriamo quei giorni emozionanti. Mi da una gioia pazzesca sapere che seguono il mio percorso».
Torneresti capitano della Virtus?
«Ci ho pensato qualche volta ma le cose con il tempo cambiano. Basta vedere cosa è successo dal 2013 a oggi. Di Roma ho un fantastico ricordo ma non tornerei solo per amore. Ci vorrebbe un idea solida sostenuta da persone serie e competenti come fu appunto l’anno della finale con Alberani, Calvani e Carotti»