Bechi, i giovani e la Virtus a 360 gradi

Bechi, i giovani e la Virtus a 360 gradi

Luca bechi parla a La Repubblica del primo posto in classifica in coabitazione con altre due "rivelazioni", di come si risorge da un primo quarto tragico, della prossima gara a Siena. "Due giornate e guidano quelle che non ti aspetti. Roma, che ha perso il leader di ieri, Gigi Datome, e non ha ancora il vero nuovo eletto, Jordan Taylor. Caserta, che ha cambiato quasi tutto ma sembra cavalcare l'onda lunga che condì il suo finale di stagione scorsa. E poi Bologna, altro club rivoltato come un calzino, dalle fondamenta societarie, con l'avvento di Renato Villalta alla presidenza, a quello del suo roster ricco di sei nuovi giocatori stranieri. "La classifica? Caserta non mi sorprende, è una squadra costruita con logica ed attenzione. Roma non la conosco ancora. Quanto a noi, le due vittorie sono frutto di due prestazioni di carattere. Giocare buone partite è un'altra cosa" dice Luca Bechi, l'allenatore di questa Virtus.

Pronti via: Cremona 28, Bologna 7. "Un inizio drammatico, come scivolando dentro un imbuto di pareti lisce e non ti fermi mai. Noi palla persa e loro canestro. A ripetizione". - Mai successa una cosa così, in carriera? "Già vista purtroppo. E pure ribaltata: ad Udine sotto di 18 all'intervallo, a Bologna con la Fortitudo sotto di 13 a quattro minuti dalla fine. E poi quella storica rimonta sempre con Biella su Cantù, sotto di venti a due 120 secondi dalla sirena. Quando Arrigoni adesso alza la cresta glielo ricordo... Poi ci sono tutte le volte in cui s'è perso. E la lezione resta questa. Non quando ce l'hai fatta". - Cosa si dice ad una squadra che inizia così una partita, in trasferta? "Fare le cose semplici. E difendere. Solo la difesa ti può riportare nel giusto ritmo di una partita. Cremona ha segnato 28 punti nel primo quarto e 43 negli altri trenta minuti. Poi si danno obiettivi parziali, recuperare un pezzetto alla volta. Il canestro da 15 non esiste". - Perché è finita subito fuori ritmo, la Virtus? "Loro hanno importato una partita infernale. E quando vai sotto, un passaggio ed un tiro è la cosa più facile in cui rifugiarsi. Anche perché gli altri te lo concedono volentieri e tu pensi di farcela". - Da chi è partita la risalita? "Dalla qualità e dall'atteggiamento dei nostri giovani: Imbrò, Fontecchio, Landi. Decisivi". - Avete una trazione chiaramente straniera. E dalla panchina escono Walsh e Jordan. Fanno sette. Gli italiani allora che ruolo hanno? "Li ho conosciuti a marzo e s'è creata una buona empatìa. Mi fido: Fontecchio l'ho subito fatto giocare, Landi ho spinto affinché restasse, Imbrò era già stato importante con Poeta fuori per infortunio. Al tempo stesso la stagione scorsa era stata fuorviante: hanno tutti giocato minuti in più per necessità. Ma non importanti. Questo è il salto". - Però di loro si è sempre parlato molto: quando c'è un giovane in gamba, e sono pochi, si crea subito attesa. "I nostri hanno avuto grande esposizione mediatica: Fontecchio per l'ipotesi che andasse in NCAA, Landi perché un giorno restava e l'altro veniva ceduto, Imbrò perché sarebbe stato il capitano della Virtus a neanche vent'anni. Ho spiegato che per tutti loro c'è un progetto, ma non mediatico. Sul campo. La grande qualità del settore giovanile della Virtus, e di chi ci lavora, mi è venuta incontro". -

Ci fa una radiografia del suo parco stranieri, non così noto a tutti? "Con Arrigoni abbiamo voluto gente con una carriera davanti e non pagati per cosa hanno fatto fino a ieri. Hardy e King venivano da una stagione non soddisfacente. Motum è un rookie con grande desiderio di crescita. Walsh è uno sempre borderline, tra la forzatura ed il gran canestro, "un mercenario con passione e cuore", il rimbalzo decisivo come il canestro. E se non lo fa, i cinque tuffi a partita, come in allenamento, ecco la differenza. Ware è quello con più margini, sta imparando la Serie A che non è quella del "vado e faccio 20 facili". In difesa passa sui pick and roll come pochi. Jordan è arrivato tardi, gli serve giocare, quando è in ritmo partita è buon giocatore, altrimenti si sconnette". - Manca Gaddefors. "Vero. Ma lo considero al pari dei giovani. Viktor è un sognatore. Gli ho chiesto se Datome secondo lui è andato in NBA perché ha giocato molto bene o perché la sua squadra è andata in finale. O se ci fosse andato con Roma tredicesima". - Ha detto: due vinte di carattere, non di qualità.

A Siena, domenica sera, servirà qualità. "Abbiamo immagazzinato fiducia. Vinto due partite in rimonta, che insegnano più di due vittorie normali. Siena? Con Milano e Sassari resta ancora la squadra da battere, per mentalità, organizzazione, quel marchio che sa incidere su chi va a giocare lì. E non perché hanno vinto, ma per il modo in cui hanno saputo vincere".