Hackett? Si del gruppo Italia, ma assolutamente testa a posto

Hackett? Si del gruppo Italia, ma assolutamente testa a posto

Non c'è ostracismo dei giocatori azzurri a veder recuperato il rapporto tra la Nazionale italiana e Daniel Hackett. E' quanto emerge oggi da un articolo sulla Gazzetta dello Sport a firma Vincenzo Di Schiavi in cui si riportano dichiarazioni di Luigi Datome, Pietro Aradori e Giuseppe Poeta.

 Luigi Datome, anima di questa Italia che già un minuto dopo la qualificazione aveva lanciato la sua chiamata alle armi: «Adesso spero che vengano tutti». «E lo ribadisco spiega Gigi . Abbiamo bisogno di tutti e Daniel può darci una grossa mano. Sono il capitano, ho deciso di espormi subito, penso di esprimere il sentimento generale della squadra anche se tra di noi non ne abbiamo ancora parlato. Le scuse di Hackett sono un ottimo punto di partenza ma alle parole devono seguire i fatti. Penso che tutti aspettino Daniel a patto che torni con la testa e le motivazioni giuste. Si deve rimettere in carreggiata, dipende tutto da lui».

Pietro Aradori: «Non ci sono preclusioni nei confronti di Daniel, è uno del gruppo. Stavolta l'ha fatta grossa e sta pagando. Noi siamo pronti ad accoglierlo perchè non siamo e non vogliamo passare come i boia di Daniel Hackett, ma lui deve dare un'adesione vera. Il che significa non presentarsi solo gli anni delle manifestazioni perchè così è troppo facile. Chi decide di vestire la maglia azzurra lo deve fare sempre, anche quando ci sono le qualificazioni e un'estate di lavoro diventa dura per tutti ma è anche un onore. Adesso le parole contano poco, servono i fatti».

Peppe Poeta: «Alcune cose ce le diremo faccia a faccia quando ci sarà l'occasione, ma Daniel con noi è sempre stato super, è un amico e fa parte di questa Nazionale. Un aspetto va però ribadito: qui esistono delle regole che vanno rispettate. Chi decide di giocare per l'Italia non può farlo a singhiozzo, bisogna sposare la causa senza esitazione: se è sì, lo deve essere sempre, se uno non se la sente è meglio che si chiami fuori, non c'è problema».